mercoledì 19 agosto 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/164: e sto come le rose disordinando l’aria

L’aria è fine e misteriosa, in questa luce cangiante che osservo dall’alba si nascondono, bene in evidenza, le cose di questo mondo che amo osservare.

Di ogni cosa vedo il contorno e vedo l’ombra e capisco che il nostro mistero è racchiuso nel confine impercettibile tra queste due forme.

Cosa vede l’ombra quando ci guarda? Possiede uno sguardo che possa farle capire che anche i nostri colori sono solo un’illusione della luce?

Mentre ozio pensando alla luce e ai nostri colori, trascrivo la prima poesia che ho scelto per questo giornata estiva.

 

 

In giardino


... qui, da me. Da Creta, a questo cerchio

magico, incantato santuario
di meli, altari che profumano
d’odori dell’oriente.

Acqua freschissima chiacchiera tra i rami
dei meli, e tutto questo spazio è un’ombra
di roseti. Dal bisbigliare del fogliame
quiete si distilla.

Nel prato pascola il cavallo, ed è una fioritura
di piena primavera. L’aria è tutta
aliti di miele...

Qui prendi le ghirlande, dea di Cipro,
e nei bicchieri d’oro, con finezza,
versa il tuo nettare frullato
di gaiezza...

 

 

L’estate soprattutto e in questo soprattutto il mese di agosto, sono un tempo interlocutorio che da solo cesella e raffina il prima, tutto ciò che è accaduto e che è ormai memoria, e il dopo che un tempo era progetto, l’inizio di un nuovo anno. In quanti amavamo dire che l’anno nuovo iniziava davvero a settembre? Come fossimo stati ancora tutti scolari impazienti di provare il nuovo grembiule con il fiocco di un colore diverso dall’anno precedente e la nuova cartella per portare avanti e indietro da scuola sussidiario, quaderni e astuccio. Era confortante sapere che lo scibile umano alla nostra portata stava tutto dentro qualche centinaio di pagine. I libri da leggere per piacere erano già una via di fuga e il vero divertimento. Oggi non sappiamo se il mese che verrà sarà un mese di progetti, non sappiamo se le scuole riapriranno, non sappiamo se ci sarà il vaccino pronto entro l’autunno. Quel che temiamo davvero, il nostro timore e terrore è doversi rassegnare alla presenza di un virus che scardina le nostre difese immunitarie e il nostro ordine sociale e ci rende fragili. L’impressione di queste brevi settimane di vacanza che si ricava dai media è quella di un enorme rimozione collettiva. In nome dell’economia non si poteva evitare ancora che le persone tornassero a muoversi, non potevamo non riaprire le scuole e gli uffici.

 

Ma è ancora estate, lo sarà per poco più di un mese, così copio un’altra poesia.

 

Estate

C'è un giardino chiaro, fra mura basse,

di erba secca e di luce, che cuoce adagio
la sua terra. È una luce che sa di mare.
Tu respiri quell'erba. Tocchi i capelli
e ne scuoti il ricordo.

                            Ho veduto cadere

molti frutti, dolci, su un'erba che so,
con un tonfo. Così trasalisci tu pure
al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
come intorno accadesse un prodigio d'aria
e il prodigio sei tu. C'è un sapore uguale
nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.

                                                 Ascolti.

Le parole che ascolti ti toccano appena.
Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
che ti finge alle spalle la luce del mare.
Hai nel viso un silenzio che preme il cuore
con un tonfo, e ne stilla una pena antica
come il succo dei frutti caduti allora.


In questo giardino e in spiaggia, ai piedi delle Montagne della Nebbia, sto chiamando a raccolta tutto ciò che amo, tutti coloro che amo, quel che mi piace e mi rallegra: l’amore e l’amicizia, i fiori, gli alberi, i gatti, i giardini, i libri, la poesia, i viaggi. Troppi scrittori e poeti e pittori per elencarli qui, li sto chiamando cronaca dopo cronaca a popolare questo mondo che creo a mio piacimento da quasi sei mesi. Oggi è un giorno interlocutorio, la visita di Zagajevsky è stata impegnativa, altri ospiti sono in arrivo, passo in rassegna la mia piccola biblioteca personale, scelgo un libro, lo sfoglio, lo sposto, ci ripenso e lo rimetto sullo scaffale precedente. Però prima copio un’altra poesia che mi piace soprattutto per il finale.

 

 

 

Ricevimento di un amico

Lo seguo, 
lo precedo nella voce 
perché ho, 
come il fumo spopolato, 
vocazione di acquerello.
Raccontami 
come sono lì le cose di consumo:
libri, 
rose, 
tintinnii di rondini.

A parte tutto questo 

gli domando
dei manghi geologici 
che lo bordeggiano di polpa,
e di un nuovo fiume, 
senza guardarlo,
con popoli di suono 
e longitudine di Arcangelo.
Dimmi anche qualcosa del piccolo litorale 
dove recentemente il giorno, 
come un celeste animale bifronte, 
si accampò in due acquari 
e si colmò di pesci.

O se lo ricevettero unanimi gli alberi 

come quando elessero la prima allodola dell'anno 
e il giorno della fioritura.

Riassumimi ora che tremo 

benignamente 
dietro una rondine, 
ora che mi propongono pubblicamente 
per nudo di farfalla

e sto come le rose 

disordinando l'aria.



Questa Cronaca 164 è frutto dell’ozio e della lentezza di questo diciannovesimo giorno di agosto dell’anno senza Carnevale.

Le poesie sono di

Saffo, traduzione di Ezio Savino, Poesia n. 278 gennaio 2013

Cesare Pavese, Lavorare stanca, Einaudi 1961


Eunice Odio
, Come le rose disordinando l’aria, traduzione e introduzione a cura di Tomaso Pieragnolo, Passigli 2015

 

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