mercoledì 30 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/752. Il frutto è cieco. Solo l’albero ha occhi

 


 

Gli occhi degli alberi sono invisibili ai nostri occhi. Sono occhi assai mobili, dimorano sulle punte dei rami e nelle foglie, nella corteccia e nei germogli, nei fiori poi. Ma non nei frutti, perché l’albero sa che il frutto è destinato al raccolto e non dovrà guardare il tragitto tra il ramo e la nostra bocca vorace. Anche il mio acero bellissimo si è riempito di germogli e in queste ultime ore di sole, così dicono le previsioni meteo, mi fermo ad ascoltare lo scorrere quieto della linfa e lascio che il calore finissimo di questo inizio di primavera mi riscaldi il viso e le mani, le uniche parti del corpo che non sono protette da strati e strati stoffa. Senza il supporto della vista mi esercito a sentire il mondo solo con l’ausilio di udito e tatto. Soprattutto l’udito mi aiuta, perché pian piano inizia a separare un rumore dall’altro, come se il suono del mondo fosse una fine tessitura che possiamo disfare e rifare ogni volta che vogliamo.

 

 

 

La primavera sta nel coro delle voci

 

Il primo filo è il canto

di un passero. Il secondo

filo è l’usignolo, non so

quando ho imparato a

distinguerli, ma ora

so che sono due e non

uno soltanto. Riconosco

poi il vento che scuote

prima l’acero e poi

l’enorme ippocastano

che sta sull’angolo della

via, sono diversi i rami,

saranno diverse le foglie

e anche i frutti. Riconosco

il suono della campanella

e poi le voci dei bambini

che sciamano fuori dalla

scuola. Sono allegri come

api questi dirimpettai vivaci

e allegri. La voce di questa

primavera ancora fredda sta

tutta nel coro delle loro voci.

 

 

 

Bisognerà che ogni giorno io mi ricordi di chiudere gli occhi per qualche istante e ogni giorno reimpari ad ascoltare il mondo, a farmi frutto. Questa è la Cronaca 752 di mercoledì 30 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra. Anche oggi il titolo è un verso di René Char.

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