Nel progredire della settimana mi aggrappo alle cose minuscole di ogni giorno. Cerco di evitare i social, leggo i quotidiani ma non mi ossessiono sulle edizioni online. Ho letto così tante opinioni e punti di vista, mi sono fatta la mia opinione. Che è la stessa sin dal primo giorno dall’inizio della guerra. La vergogna ricoprirà per sempre il nome di quell’uomo che ha ordinato l’invasione, un uomo di cui non voglio nemmeno scrivere il nome, perché mi dà i brividi come quelli degli altri dittatori del Ventesimo secolo. Perché questo dittatore che ha mandato alla morte migliaia di suoi giovani connazionali è uno zombie del secolo scorso che è precipitato in questo secolo. So che la mia opinione e la mia voce valgono quello che valgono, sono pura testimonianza e null’altro. Qualunque cosa io dica e scriva, dal rifugio sicuro della mia casa e del mio Paese, sono solo uno dei tanti ronzii che vanno a formare lo sciame dell’informazione contemporanea. Così oggi mi concentro sulla bellezza di questo venerdì, un altro giorno soleggiato e freddo, un giorno che invita a uscire a passeggio, a guardare alberi e cespugli fioriti che rendono deliziosa anche Milano. La primavera è davvero la più bella stagione e il venerdì è il giorno più bello della settimana, il giorno in cui si sa che il lavoro è finito per almeno due giorni (non per tutti, lo so) e che ci si può iniziare a proiettare nel sabato del villaggio e nella quiete domenicale. Il venerdì è bello andare a fare la spesa, proprio il giorno prima della maggior parte delle persone. È bello sapere che si potrà imbandire la tavola con verdure fresche e saporite, con una mozzarella morbida e succulenta, con del pane pugliese cotto nel forno a legna. È fatta di cose così piccole la vita, minuscole come granelli di sabbia e che come la sabbia vengono rimescolate dalle onde che giungono sino alla riva. Solo quando la sabbia è asciutta possiamo scorgere la lucentezza di ogni singolo granello, farlo scorrere tra le dita e pensare alla spiaggia come a un’immensa clessidra che ci ricorda quanto tempo è passato, quanto tempo rimane.
L’immaginazione di
Borges
Ho spostato tutti
i libri che ho letto
a sinistra nella libreria.
A destra ci sono quelli
che leggerò, se il tempo
si allungherà, se mi
farà dono di quelle ore
felici dell’adolescenza,
quando leggere e respirare
erano parte di uno stesso
movimento. Allora leggi - mi
dico – leggi come se oggi
fosse infinito e la biblioteca
pure, la stessa imponente
immaginazione che un
giorno Borges fece seduto
in fondo a una scala.
Ora che è notte posso lasciare che questo giorno scivoli
nell’oceano del tempo. Quel che ne resta sarà per me chiuso nelle parole di
questa Cronaca 747 di venerdì 25 marzo del terzo anno senza Carnevale e del
primo anno di guerra.
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