lunedì 7 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/729. Dove il male e il Bene lottano e il Male vince, vince ancora

 



Apro le imposte, scruto il cielo e subito richiudo la finestra. C’è ancora quel vento gelido che scuote le ossa e che fa a botte con tutti i germogli che scoppiano sui rami sempre più carichi. Oggi è stata una giornata di lavoro intensissimo, dove sono riuscita anche a fare ordine nel mio archivio cartaceo. Qualunque attività va bene pur di non andare a controllare i siti d’informazione ogni cinque minuti. Questa guerra non dichiarata è come una lunga, lunghissima caduta al rallentatore, un lento sprofondare in una palude dove abbiamo smarrito tutti i nomi e ogni significato. Forse per questo ho deciso di mettere mano al mio immenso archivio cartaceo e di salvare solo quelle pagine, quelle parole che ancora mi dicono qualcosa. Così riempio due sacchetti di carta da riciclare, lascio andare i nomi e i manoscritti di amici che ho perduto, Matteo, Flavio, Letizia… Quando finisco di sistemare è tardissimo, ma ancora non ho sonno, così finisco di leggere le lettere di Enzo Tortora a sua figlia. Che umanità, che tempra, che uomo, un uomo del Novecento, retto onesto e coerente. Una storia degna di una tragedia greca, non a caso chiede alla figlia, che nel 1983 quando lui viene arrestato è solo una ragazzina di vent’anni, di portarli da leggere l’Antigone. E poi legge anche Cruciverba di Sciascia e Il tempo, grande scultore della Yourcenar. Avevo seguito questa folle vicenda processuale e non avevo mai creduto che quell’uomo simpatico potesse essere un malavitoso, uno che è rimasto imprigionata da un metodo degno dell’Inquisizione dove tutti sono colpevoli, e non innocenti, fino a prova contraria. Sono altrettanto sconvolgenti i racconti della vita in carcere, dei corpi ammassati nell’afa, della mancanza di pace e di riposo. Quando penso ai giudici che lo inquisirono e condannarono senza uno straccio di prova, quando penso a quel farabutto di giornalista che si era inventato una montagna di falsità per rendere ancora più infamanti le accuse a suo carico, quando penso a quell’ometto chiuso da qualche parte in un bunker, quel residuato bellico di un secolo sanguinario che lui ha riportato in vita, quando penso a gente fatta così mi chiedo sempre come possano vivere sapendo di vivere ogni attimo della loro vita nella menzogna e nella disumanità. Eppure vivono, respirano, danno ordini e pensano di essere uomini. Che parte di anima e di cervello manca loro perché possano essere così impietosi e crudeli? Come può quell’ometto non rabbrividire davanti alle fotografie con i visi dei bambini che sono morti a causa sua? Come può restare insensibile davanti a quella giovane coppia che ha appena perso il figlioletto di diciotto mesi? Come non svenire davanti ai corpi riversi sul selciato della madre che stava cercando di mettere in salvo se stessa e i propri figli? Ma questa domanda, nel buio di ciascun cuore, forse tutta l’umanità se la pone, da quando il primo di noi ha alzato il braccio per colpire un altro uomo e lo ha ucciso. Forse non siamo che questo, una specie di scimmie evolute e assassine più di chiunque altro. Allora forse è vero che il male è la nostra condizione naturale e che il bene è una conquista quotidiana, una lotta, la vera guerra contro la nostra natura profonda di predatori sanguinari e bugiardi.

Con gli occhi pieni di orrore smetto di scrivere e torno a leggere le parole di un uomo buono che è rimasto schiantato dalle accuse e che è morto a soli 59 anni come quella sua figliola tanto amata che è morta alla stessa età lo scorso novembre. Sì, una tragedia greca nel XX° secolo e adesso ne stiamo vivendo una collettiva nel XXI°. Oggi è lunedì 7 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 729 raccoglie coriandoli dal selciato e li mette in fila, perché c’è poco da dire e ancor mendo da fare.

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