Quando la notte prende il sopravvento e ci tiene tra le sue braccia, ecco che una nuova possibilità si apre. Mentre l’oscurità sfuma nell’argento dell’alba, noi possiamo anche udirne la voce, che è la voce degli uccellini sopravvissuti all’inverno. Ancora i suoni dell’umanità non si manifestano e si può restare ad aspettarli, perché cresceranno con l’avanzare della luce. L’alba è il primo evento di ogni giorno, ogni giorno è la speranza che ogni cosa vada bene, che ogni cosa vada meglio del giorno che l’ha preceduta. È cristallina la voce dell’alba, è alta e chiara e invita il sole a mostrarsi nei suoi drappi rossi e argentati.
Guardo fuori dalla finestra aperta, non importa se fa
ancora freddo. Sdraiata sul divano, avvolta in un plaid di lana, guardo il
colore degli alberi che trasmuta dal nero della notte che li confondeva con sé,
al timido marrone appena scheggiato dalle gemme nuove. Di notte gli alberi sono
come parole ancora immerse nell’inchiostro. È solo la luce che riesce a scrivere
nel cielo e a rendere la natura partecipe del progetto misterioso di ogni
giorno che inizia.
Prima che la parola
sia stata pronunciata
Chiedo alla luce questa
prima parola, la chiedo
perché la luce conosce
la differenza tra un silenzio
che precede la parola e
il silenzio che la segue.
Così avviene ogni giorno
questo miracolo: sentire
l’eco di ogni intenzione
prima ancora che la parola
sia stata pronunciata.
Così è trascorso questo giovedì 24 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 746 si esercita ancora al silenzio, lei che vorrebbe solo trillare con gli uccellini che hanno cantato tutto il giorno in fondo al giardino.
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