Forse l’unico modo per rendere onore ai morti, per trasmettere forza ai vivi e ai combattenti, per dare senso al desiderio di pace è continuare a vivere la propria vita con impegno e dedizione, benedire le piccole cose che ci danno gioia e amare con impegno le persone care. E imparare ad ascoltare la primavera che si avvicina senza che noi l’abbiamo chiamata. Per imparare ad ascoltare si può farlo con l’orecchio teso in un angolo nascosto del giardino. Oppure si può farlo aprendo a caso un libro di poesie e lasciarsi sorprendere dalle parole che arrivano dalle rive più remote del tempo, come questi versi di Alceo nel volume Lirici greci tradotti da Salvatore Quasimodo, (Mondadori 1944)
Già sulle rive dello Xanto ritornano i
cavalli,
gli uccelli di palude scendono dal cielo,
dalle cime dei monti
si libera azzurra e fredda l'acqua e la vite
fiorisce e la verde canna spunta.
Già nelle valli risuonano
canti di primavera.
Quante nevi si sono sciolte, quante sono
diventate vapore e quante fiume? E quante solo parola e verso per arrivare sino
a noi? Si narra che Alceo fosse innamorato di Saffo, e lei vide quelle stesse
acque scendere dalle cime dei monti? È la stessa primavera che hanno cantato? È
lo stesso rimpianto?
E noi cosa prepariamo per questa primavera? Solo
guerra e malattia? È solo questa l’eredità degli uomini nel XXI° secolo? Continuo a leggere poesie e non mi do pace.
Oggi è martedì 15 marzo del terzo anno senza
Carnevale e del primo anno di guerra. Questa Cronaca 737 si scioglie con le
nevi e scivola silenziosa verso la valle che i nostri occhi non sanno vedere.
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