venerdì 4 marzo 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/726. Quella cosa che loro chiamavano Poesia

 


Esce di nascosto, piano piano, senza fare rumore. Tutte le altre dormono, perché è ancora notte e anche le formiche devono riposarsi. Ma lei no, Formichina è troppo curiosa e vuole andare a vedere cosa succede fuori. È nata durante l’inverno e ancora non è uscita, le formiche anziane le hanno detto che dovrà aspettare la primavera, quando le giornate saranno più lunghe e il sole riscalderà anche le strade e i prati. Ma lei no, non può aspettare Formichina, così esce di soppiatto e vede coi suoi occhi quello che ha solo sentito raccontare. L’ingresso del formicaio è in un angolo ben riparato del giardino, nascosto alla vista di umani e predatori da un cespuglio di fiori gialli che stanno già sbocciando. Sono bellissimi e Formichina non può fare a meno di sentire un brivido che le corre dalla schiena, giù fino alle zampe e poi si, fino alle antenne. Quando esce dall’ombra dei fiori gialli, si accorge di essere accanto a una di quelle panchine di pietra di cui i giardini, così gli umani chiamano i luoghi pieni di fiori, sono adornati. La panchina non è vuota però, c’è seduta un’umana enorme, forse è una regina proprio come la sua. Ma intorno non ci sono umani più piccoli, ne operaie, né guerrieri. Formichina è curiosa di capire cosa stia facendo l’umana. Di sicuro non sta mangiando perché le mandibole sono a riposo. È grata la giovane e curiosa formica, di essere stata molto attenta alle lezioni delle grandi vecchie che agli umani erano sfuggite più volte. La curiosità della giovane formica era più forte del timore che le incuteva quell’umana enorme, così Formichina iniziò senza alcuna fatica a risalire sulla panchina. Non era difficile, la pietra era rugosa ed era molto facile per le sue zampette attaccarsi e procedere. Tra le mani dell’umana c’era un oggetto né troppo grande né troppo piccolo. Era di forma rettangolare, ma quante cose aveva imparato a lezione?! E di un colore molto particolare. Che non era proprio bianco, ma soprattutto, sembrava che un intero esercito di formiche fosse incolonnato, anche se era fermo. Per guardare meglio risalì lungo il braccio sinistro dell’umana e si fermò a sbirciare dall’altezza del suo gomito. Che però si muoveva spesso e le impediva di capire se l’esercito delle altre formiche fosse in movimento o fermo, in attesa di nuovi ordini. Poi però vide che un dito di quella enorme creatura sfiorò una fila che non si mosse e allora capì che non erano formiche vere quelle, forse erano, come si chiamavano?, erano ritratti. Ma poi la voce della donna, sì era una donna, perché guardandola così da vicino ritrovò tutte le descrizioni che Formicola aveva fatto a lezione, la voce della donna iniziò a dire cose che ancora lei non capiva e mentre quel suono usciva dalla sua bocca, lei seguiva le formichine in fila con la punta delle dita.

 

 

Con passo di gatto

 

Non c’è ombra dove non

ci siamo trovati e abbiamo

aspettato, non c’è sole che

non abbiamo toccato, non

c’è estate che non abbiamo

atteso seduti sulla panchina

in fondo al nostro giardino.

Ora aspettiamo, aspettiamo

il grido della stagione che

muta e il respiro della nuova

primavera che esce dalle

tenebre del tempo e si

avvicina con passo di gatto.

 

Le formiche sono creature molto, molto intelligenti e Formichina lo era in maniera particolare. Con quella speciale abilità che solo le formiche possiedono iniziò a capire le sillabe, le parole e i versi. Perché lei non ascoltava con orecchie umane ma con le sensibili antenne che riuscivano a captare le emozioni e i sentimenti dell’umana che stava recitando quella cosa, quella cosa che loro chiamavano Poesia. Le piaceva molto starla a sentire e si accomodò meglio. Poi si accorse che umana la stava guardando, si guardarono e umana le offrì il dito dove arrampicarsi e seguire ancora più da vicino quelle parole nuove e antiche allo stesso tempo.

Oggi è venerdì 4 marzo del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 726 se ne sta appollaiata anche lei su quel dito per leggere la poesia proprio da vicino.

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