Mi piace ascoltare le persone, mi piace ascoltare storie vere d persone vere, tanto quanto mi piace leggere storie più o meno inventate in romanzi e racconti. Ieri sera il mio amico Luciano mi ha raccontato una storia tragica e toccante che riguarda sua sorella. Ero appesa al filo del suo racconto, talmente intenso e perfetto, che l’ho ascoltato senza parlare, fino alla fine. Eravamo in piedi nella sua cucina, abbiamo pelato le patate, messo del petto di pollo a friggere, stappato una bottiglia di vino, e all’improvviso lui ha iniziato a raccontare una storia che inizia con una bella storia d’amore e finisce con una tragedia, la morte di un’amata nipote. Ci siamo fermati, l’aria intorno si è fermata e il tempo si è fermato e ci siamo trovati a camminare nel cuore di un inverno canadese. Lui è una persona che ha il dono dell’amicizia, che sa mettere in relazione le persone, è accogliente, intelligente, colto e affronta la vita con lo stesso entusiasmo di un sedicenne. Poi oggi a pranzo, ancora immersa nell’atmosfera di ieri sera, sono uscita a pranzo, in una vecchia trattoria milanese che ci ha portato indietro nel tempo, con Elvio, che conosco dai tempi delle scuole superiori. Anche lui è un uomo di rara intensità, ci siamo aggiornati sulle cose accadute in questi ultimi mesi o anni, abbiamo iniziato a parlare di progetti futuri insieme, di libri, di poesia. E poi di pandemia e di guerra, perché alla realtà è impossibile sottrarsi. E dopo Elvio una lunga chiacchierata con Fiorella, nuova amica, anche lei con un’energia giovanile incredibile. Poi al telefono con Elis e i problemi idarulici a casa sua e con Giuseppe che è in grado di risolvere qualunque problema pratico e di aggiustare qualunque cosa. E poi lavoro, tanto lavoro, tante cose da leggere e da scrivere. E di nuovo fuori a cena, questa volta con la mia amica poetessa Annalisa. Siamo andate nel solito cinese dove mangiamo sempre gli stessi piatti e siamo state bene, eravamo avvolte in una bolla di intimità, di confidenza e di vicinanza. Abbiamo parlato di guerra, pandemia, lavoro, colleghi, amicizia e di poesia, di moltissima poesia e lei mi ha letto le poesie nuove tra cui un testo profetico, con immagine di guerra che ha scritto un mese prima che davvero i russi invadessero l’Ucraina. Non so come sono arrivata alla fine di questa giornata, ho parlato e ascoltato tantissimo, ho imparato cose nuove, mi sono angosciata, ho riso e scherzato e la notte è scesa su di noi, non benevola, non ostile. Noi, che viviamo in questo angolo di mondo ancora tranquillo e ancora protetto.
Scrivere come se
fosse la cosa più importante
E adesso scrivo, scrivo
per non perdere nulla
di questa giornata, scrivo
come se fosse la cosa più
importante, più importante
ancora dell’avere respirato
e riso e pianto e avere
alzato insieme gli occhi verso
queste cielo innocente che
accarezza le nuvole e sorride
al vento. È quasi primavera,
è quasi pace, è quasi, tutto
deve ancora arrivare a
compimento. Sorrido con
il cielo e mi abbandono
alle nuvole. Respiro, svanisco.
Ora posso abbandonarmi alla notte e al sonno, sperare che
il cielo di domani si risvegli con me in un mondo più quieto, senza guerra,
senza dolore. Oggi è giovedì 10 marzo del terzo anno senza Carnevale e del
primo anno di guerra e questa Cronaca 732 è già addormentata.
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