È una sensazione piccola, che si affaccia sin dal venerdì molto presto. Ogni giornata segue i soliti rituali. Il primo caffè, una scorsa rapida delle notizie, poi una vera colazione, che da quando è scoppiata la pandemia è diventata un momento più lungo e piacevole. Poi inizia la giornata di lavoro, le mail a cui rispondere, le video call su molteplici piattaforme, l’archivio digitale da tenere in ordine, i testi da scrivere e revisionare, le telefonate. Di fatto, è come se ogni giorno procedesse con la regolarità di un zigzag, di una gettata di filo sui ferri o sull’uncinetto, di un ricamo che conosciamo a memoria. Sino a quando il resto del mondo non irrompe nelle nostre giornate. Da quando è scoppiata la guerra questo è ancor più vero e doloroso. Poi la mente riprende il controllo e la giornata continua, minuto dopo minuto, ora su ora. E quella piccola felicità, l’idea del venerdì sera che si avvicina, prende il sopravvento e ci porta sulla soglia del tempo liberato dal lavoro. Si organizzano aperitivi e cene con familiari e amici, si decide di andare al cinema, si inizia a leggere un libro nuovo. E poi, e poi… ciascuno di noi potrebbe allungare questa breve e banale lista delle mille cose che appassionano, che danno un senso alla vita. È anche così che costruiamo una cornice di senso alle nostre vite, anche mentre viviamo il senso di orrore e l’impotenza di non poter agire, di non poter fare la differenza. In quest’epoca di giganteschi bla bla sui social il nostro essere impotenti e ininfluenti è ancor più evidente e dirompente. Mi vengono in mente, a tal proposito, i crocicchi di anziani che si trovavano in piazza del Duomo, lato Galleria, a discutere di qualunque argomento. Forse loro un po’ di differenza la facevano, perché si facevano un’opinione e poi andavano a votare, in quell’epoca dorata dove la politica era una professione e non un’improvvisazione. Certo non so dicendo che fosse un tempo migliore, non lo era, non lo è e lo vediamo ancor più in queste settimane in cui un uomo del Novecento, uno zombie risorto dalle ceneri della Guerra Fredda e del crollo dell’URSS, ha trascinato il mondo sull’orlo della terza guerra mondiale. Non è vero che il Novecento è stato un secolo breve, il Novecento è il secolo che ha inghiottito la Storia. Ma la smetto con le mie amare e banali considerazioni, mi concentro sul fatto che il venerdì sera è finalmente arrivato e che potrò condividerlo con gioia, con quelli che amo, con le cose che amo fare.
Oggi è venerdì 11 marzo del terzo anno senza Carnevale e
del primo anno di guerra e questa Cronaca 733, perplessa e un po’ poco gioiosa,
aspetta che io decida cosa fare stasera.
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