Seguo il canto della primavera, l’annuso nell’aria pesante della città mai più silenziosa, lo cerco tra le pieghe del giorno. Chiamo la primavera, a volte mi risponde, a volte fa una piroetta e fugge via, come se non fosse il suo preciso compito di stagione appena arrivata restare qui con noi. È nel suo perenne arrivare che si nasconde il suo segreto, lo so e per questo me ne rallegro. Posso seguire di nuovo questo canto silenzioso e lo seguo sul filo teso di una poesia di Olav H. Hauge tratta dalle raccolta La terra azzurra (traduzione di Fulvio Ferrari, Crocetti editore 2008)
Ora canta di nuovo il mio fiume interiore,
e un limpido vento spira da fresche terre notturne,
in cui vette azzurre di sogno si rispecchiano
in altri mari.
Ma cosa sono le mie parole?
Un bosco piegato dalla tempesta
verso il nord,
barriere di montagne
contro il devastante
fuoco del giorno
Quando le parole stentano nel darsi un significato,
continuo a cercarlo nella poesia. Così divento bosco, così divento una vetta
azzurra e riesco a tenere a bada questo devastante fuoco del giorno, che brucia
e brucia e non lascia ricordi tra i tizzoni ardenti.
Oggi è martedì 22 marzo del terzo anno senza Carnevale e
del primo anno di guerra e questa Cronaca 744 risplende di azzurro e brucia come
fuoco.
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