Il campo di girasoli è nel pieno della sua fioritura, tutti stanno in
faccia al sole, tutti, tranne uno.
Gli chiedo perché stia dall’altro lato e non si abbeveri alla piena luce
del mezzogiorno.
“Non posso – mi dice – non posso. Perché li guardo e li vedo cadere. Alla
fine della stagione non resterà nessuno, io pure sarò solo una manciata di semi
e un gambo essiccato, le foglie arse dalla stagione implacabile”.
Mi chiedo perché solo lui, solo quest’unico girasole sappia come finirà
questa storia. È inusuale che una creatura con le radici conosca la fine che
solo a noi umani è dato sapere.
“Ero un pastore prima di diventare girasole, forse per questo ricordo che
la fine è già data e nota. Forse per questo mi intenerisco alla vista dei miei
fratelli che si credono immortali nell’oceano di luce solare”.
Non resta memoria di chi o cosa siamo stati, ma è vero, a volte
ricordiamo.
Le mani sapienti che mi hanno accarezzato
Tu il fuoco, io la scintilla e
il legno nel camino.
Io la pioggia, tu la nuvola e
la terra odorosa.
Tu l’ombra, io lo zenit e
il girasole reclinato.
Io la rosa, tu il giardino e
le mani sapienti.
Le mani sapienti che mi hanno
accarezzato.
Se porto in me tutti questi frammenti di vita e di memoria, come farò a
distinguere che io sono proprio io e non tu in un giorno passato?
Come farò a ricordare che ero pioggia e poi rosa e poi un’onda e la
risacca, una conchiglia, un sorriso, il volo alto delle aquile, come farò?
Je est un autre, aveva ragione l’uomo con le suole di
vento. Io non sono io ma un’altra. Tu sei tu e anche me. Insieme possiamo
cavalcare l’onda e le nuvole.
Le vigne sono già piegate sotto l’uva che presto sarà matura. Imparo la
pazienza dall’acino e dal grappolo. Torno dal girasole e lo accarezzo, noi
saremo anche il frutto che ora è acerbo.
Così passano le generazioni e l’ulivo si contorce perché prende su di sé
tutto il dolore della separazione, tutto il dolore del rimpianto e della
nostalgia.
Sono le rose e il melograno a non girare mai il capo all’indietro, perché
sanno la pena di ogni singolo giorno e tanto basta.
Solo le rose sono passeggere pazienti del tempo che verrà. Perché
l’estrema fioritura sarà e non importa dove, e non importa come.
Il piccolo prato
Non è abbastanza
La pozza di cielo nel nostro cuore
È il cielo tutto intero
Che voglio quando sarà l’ora
Di scorrere come acqua pura
Nel letto profondo dell’amore.
L’acqua scorre e scivola di lato, tu sei il fiume e io il pesce
argentato. Tu il mare e un’intenzione, un refolo di vento e la scintilla
d’argento che ti chiama per nome.
La poesia Le mani sapienti che mi
hanno accarezzato, un cui verso è diventato titolo, l’ho scritta per questa Cronaca 142.
La poesia Il piccolo prato è di
Anne Perrier, la traduzione è mia.
Le petit pré
Ce n'est pas assez
D'une flaque de ciel en notre coeur
C'est le ciel tout entier
Que je veux quand viendra l'heure
De s'écouler comme une eau pure
Dans le lit profond de l'amour
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