giovedì 23 luglio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/137: ... a piedi nudi la pioggia non potrà danzare

Passeggio per il giardino avanti e indietro, come se lo spazio fosse infinito e infiniti i tesori da scoprire.

Oggi l’unico tesoro, però, è la pioggia che ancora non scende anche se sono ore che ormai la invoco.

E dato che non risponde la invoco con la poesia.


La pioggia è il regno intermedio

Ho cercato nell’acqua il pensiero
della nuvola compiendo il primo
errore del poeta: non restano
tracce di quel movimento non
per il diverso stato della materia
ma perché acqua e nuvola
appartengono a due diversi regni
che parlano lingue non compatibili.
Nel primo la parola è affidata
all’impennarsi delle rondini ebbre
nel volo di allegria e tramonto,
nell’altro il movimento non è
l’ascesa ma la rincorsa orizzontale
del ritmo per raggiungere la riva.
Già e la pioggia mi direte voi?
La pioggia è il regno intermedio
dove la materia conosce la felicità
della caduta e io cerco le parole
nella scia appannata dalle gocce
sul vetro del mio ricordare.



Il segreto della pioggia e del legame che ha creato con me sta proprio in questa capacità di evocare ricordi e frammenti di immagini di ciò che è stato.

La pioggia unisce i viventi in un’unica dimensione dove anche noi umani possiamo respirare, pesci senza branchie e rondini senza ali. A volte mi sembra che la pioggia non abbia altro odore che quello dei fiori che sfiora o impregna, cadendo.




Il nome che non sai

La pioggia non ha odore
ma cela il profumo di
questi fiori rossi che
non danno il nome all’estate
le strade si piegano nell’attesa
che io scelga quale sarà la mia
mentre mi avvicino lì dove
tu sei e non vuoi dirmi
se sai il mio di nome, se
anche tu mi hai riconosciuto
tra queste ombre che si
pensano vive.



Essere vivi è credere di essere vivi, è sentire il respiro che dal petto si apre sul mondo, che dal mondo ritorna in noi e nutre i polmoni. La pioggia si dimentica di essere fragile e cade come se la caduta fosse infinita. Ci siamo soltanto io e la pioggia sul palcoscenico estivo della città silenziosa. Da lassù cerchiamo di attirare la vostra attenzione sulla nostra formidabile recita: ritratto di donna con pioggia e città senza mare e poco cielo.



Il palcoscenico estivo della nostra città

Cala dal cielo il sipario
della pioggia e da dietro
la finestra chiusa, ascolto
il ritmo e adeguo il respiro.
Mi chiedo se tu pure dall’altro
lato di questa città, fermi
per un istante la matita
sulla carta e ti fermi ad
ascoltare e cerchi la mia voce
tra tutte quelle portate
da questo vento oltre
le distanze e i rami tesi
a reggere tutto il palcoscenico
estivo della nostra città.


Ho scelto solo alcune delle mie poesie dove la pioggia è chiamata a interpretare se stessa. Che ne sappiamo noi, in fondo, di cosa prova una goccia che cade?



Le forze della gravità e dell’attrazione


La pioggia cade, scivola
sul vetro, bagna
il davanzale, impregna
la terra dove il vento
non ha deviato il suo
declino. Questo vediamo
dalla nostra prospettiva e
quel che per noi è
caduta, è invece l’ascesa
della goccia verso il destino
di oscurità nelle zolle
di questa terra che
preme alla luce perché
non sa mutare la
densità in nitore.
Non ha bisogno d’altro
la goccia che si affaccia
dalla nuvola se non
misurare la distanza
perché ignora le forze
della gravità e dell’attrazione,
sente lo slancio e corre
convinta di salire verso
quel cielo aspro e alto,
il confine tra luce e buio
che sostiene il quieto passo
mai un traguardo o
il nostro destino di
creature slanciate verso
le nuvole che hanno
dimenticato ogni
nome e sono la soglia
dei sogni, la trama del
ricordo, la svagata porta
di questa dimensione.


Ecco che si aprono le due rappresentazioni, qui nel giardino della mia immaginazione e nella città silenziosa dove domina, implacabile, l’anno senza Carnevale. La prima cosa che avremo imparato è che nel regno dei sogni non saremo mai noi da soli, perché anche la pioggia sogna e sognando crea quel regno dove l’acqua domina il mondo e dove ogni goccia porta un sogno, una rondine, un fiore o un bambino.



Il sogno della pioggia


Con punte di ago tocca la mia pelle
questa pioggia che non conosce felicità
della caduta. Mi chiedo come
io possa sentirne il peso se
l’annuncio sta tutto nel cielo
scontroso che canta anni in corsa
con le nuvole. E più alta io sento
questa voce, più sommesso si
ritrae il mio cantare. È inutile
concorrenza con una forza che
viene dal tempo, mentre la mia
esperienza si nutre di cose
terrene e poco celestiali: le mele
sul tavolo, una candela spenta,
l’oblio della sera triste, lo spavento
del mattino che non crede al
mio ritorno. E ancora i giornali
consunti, i libri non letti, la piega
della luce che passa orizzontale
tra me e il pensiero. Ora cade
la pioggia, lascio che solchi
ogni cosa intorno e canto per
lei il sogno della goccia.



Se oggi non pioverà non potrò verificare se davvero, a piedi nudi, la pioggia non saprà danzare. La pioggia e la danza sono connesse perché noi umani, da sempre, abbiamo danzato per evocarla.

Ma la pioggia decide e sceglie fuori dalle nostre regole e aspettative umane. Danzerà con o senza di noi, danzerà a piedi nudi sulla terra o con piedi alati in cielo.

Noi, noi non potremo fare altro che seguirla e continuare a desiderare, continuare a danzare.



Di questa Cronaca 137:
Il titolo è una citazione da una poesia recitata nel film Nella casa di François Ozon.
Le poesie sono mie:
Il nome che non sai è tratta dalla raccolta Figure del silenzio, Atì editore 2010.
Il palcoscenico estivo della nostra città, La pioggia è il regno intermedio, Le forze della gravità e dell’attrazione, Il sogno della pioggia sono tratte dalla raccolta Scrivere il vento, Atì editore 2016.

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