Per
primo venne il vento e non lasciò tracce se non nei tuoi capelli. Vennero le
rondini poi e fecero un nuovo nido proprio sopra il tuo orecchio sinistro.
La luce
seguì il vento ed era dappertutto, prima l’aria poi il nitore di questo cielo
estivo che non domanda e non risponde.
Il silenzio
era già qui, ma nessuno poteva sentirlo, il silenzio sta sempre dietro le
parole e le sorregge. Il silenzio precede la parola e la segue, ciò significa
che ogni parola non è che un’interruzione del silenzio stesso.
Il mare
risuonava negli occhi e nella memoria, un mare azzurro il mattino e verde scuro
nel pomeriggio. Se chiudo gli occhi sento l’acqua ancora fredda pungermi coi
suoi mille aghi. Mi lascio andare sotto la superficie e guardo la luce che mi
insegue.
Un viaggio
ciascuno di noi lo ha compiuto per arrivare sino alle Montagne della Nebbia.
Sono stati tutti viaggi di scoperte inaspettate, di amori imprevisti dietro la
coltre delle nuvole. Pure le stelle si sono innamorate e hanno accettato di
scendere sul soffitto della tua nuova casa solo per poterti guardare da vicino.
La rosa
fiorisce in questo giardino, fiorisce in ogni mio libro e in ultimo fiorisce
sulla tua mano.
La tua
rosa, proprio la tua rosa, quella che ti osserva mentre scrivi seduto al tuo
tavolo ingombro di libri e taccuini. La rosa sapiente e profumata, quella che
conosce tutte le tue poesie.
Un libro
non è solo carta e inchiostro, è l’anima di chi l’ha scritto che è diventata
materia. Un libro non è solo una storia, una lingua, una memoria. Mescola le
sue sillabe e ti sarai perduto in una lingua nuova di cui non conosci le
regole. Un libro è una promessa o una resurrezione.
Il tempo
non si misura se non con i sospiri, con la lontananza cui siamo costretti, con
la memoria comune che si arricchisce ogni giorno di parole mai dette prima e
ancor meno scritte. È un cerchio il tempo, un pesce azzurro, un morso dell’eternità
alla nostra mela.
La voce,
la tua voce, conosco ogni sfumatura della tua voce, il suo colore. Ti riconoscerei
anche tra mille anni e sempre potrei dirti “Ecco, finalmente sei arrivato”.
Non è
facile ammettere che l’ombra è la nostra dimensione naturale. Non è facile perché
ce ne accorgiamo solo quando è la luce che ci colpisce e il nostro essere
precipita sulla terra e raddoppia il nostro cuore. Uno luminoso per quando sei
con me, uno ombroso per quando ti sto cercando.
Scrivere
è un gesto delle mani, poi della voce, poi dell’immaginazione, poi della
memoria; poi del vento e della luce, poi del silenzio che sospira e del mare
che lo culla; poi del viaggio che non si muove mai senza la rosa e della rosa
che viaggia da una poesia all'altra; poi del libro che cerca il tempo e del
tempo che trova sempre un libro dove sostare; poi ancora di nuovo, della voce
che non crede a quel che pronuncia e dell’ombra che finge di non capire a cosa
servano i colori.
Queste
sono le mie prime parole preferite che mi vengono in mente:
1) Vento
2) Luce
3) Silenzio
4) Mare
5) Viaggio
6) Rosa
7) Libro
8) Tempo
9) Voce
10) Ombra
11) Scrivere
2) Luce
3) Silenzio
4) Mare
5) Viaggio
6) Rosa
7) Libro
8) Tempo
9) Voce
10) Ombra
11) Scrivere
Sono solo undici, il vocabolario è lì che mi aspetta, come quando avevo
sette anni e non sapendo come utilizzarlo iniziai a leggerlo dall'inizio alla
fine.
Ho letto questa Cronaca 132 a voce alta agli altri inquilini della Casa
delle Parole e chiesto a ciascuno di scrivere la propria lista. Perché le liste
sono frammenti del sé e del mistero che cercano ordine in questa realtà e
finiscono con il vivere in uno qualunque dei regni che già conosciamo.
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