sabato 18 luglio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/132: chiamo il canto delle parole che stanno in silenzio

Per primo venne il vento e non lasciò tracce se non nei tuoi capelli. Vennero le rondini poi e fecero un nuovo nido proprio sopra il tuo orecchio sinistro.

La luce seguì il vento ed era dappertutto, prima l’aria poi il nitore di questo cielo estivo che non domanda e non risponde.

Il silenzio era già qui, ma nessuno poteva sentirlo, il silenzio sta sempre dietro le parole e le sorregge. Il silenzio precede la parola e la segue, ciò significa che ogni parola non è che un’interruzione del silenzio stesso.

Il mare risuonava negli occhi e nella memoria, un mare azzurro il mattino e verde scuro nel pomeriggio. Se chiudo gli occhi sento l’acqua ancora fredda pungermi coi suoi mille aghi. Mi lascio andare sotto la superficie e guardo la luce che mi insegue.

Un viaggio ciascuno di noi lo ha compiuto per arrivare sino alle Montagne della Nebbia. Sono stati tutti viaggi di scoperte inaspettate, di amori imprevisti dietro la coltre delle nuvole. Pure le stelle si sono innamorate e hanno accettato di scendere sul soffitto della tua nuova casa solo per poterti guardare da vicino.

La rosa fiorisce in questo giardino, fiorisce in ogni mio libro e in ultimo fiorisce sulla tua mano.
La tua rosa, proprio la tua rosa, quella che ti osserva mentre scrivi seduto al tuo tavolo ingombro di libri e taccuini. La rosa sapiente e profumata, quella che conosce tutte le tue poesie.

Un libro non è solo carta e inchiostro, è l’anima di chi l’ha scritto che è diventata materia. Un libro non è solo una storia, una lingua, una memoria. Mescola le sue sillabe e ti sarai perduto in una lingua nuova di cui non conosci le regole. Un libro è una promessa o una resurrezione.

Il tempo non si misura se non con i sospiri, con la lontananza cui siamo costretti, con la memoria comune che si arricchisce ogni giorno di parole mai dette prima e ancor meno scritte. È un cerchio il tempo, un pesce azzurro, un morso dell’eternità alla nostra mela.

La voce, la tua voce, conosco ogni sfumatura della tua voce, il suo colore. Ti riconoscerei anche tra mille anni e sempre potrei dirti “Ecco, finalmente sei arrivato”.

Non è facile ammettere che l’ombra è la nostra dimensione naturale. Non è facile perché ce ne accorgiamo solo quando è la luce che ci colpisce e il nostro essere precipita sulla terra e raddoppia il nostro cuore. Uno luminoso per quando sei con me, uno ombroso per quando ti sto cercando.

Scrivere è un gesto delle mani, poi della voce, poi dell’immaginazione, poi della memoria; poi del vento e della luce, poi del silenzio che sospira e del mare che lo culla; poi del viaggio che non si muove mai senza la rosa e della rosa che viaggia da una poesia all'altra; poi del libro che cerca il tempo e del tempo che trova sempre un libro dove sostare; poi ancora di nuovo, della voce che non crede a quel che pronuncia e dell’ombra che finge di non capire a cosa servano i colori.

Queste sono le mie prime parole preferite che mi vengono in mente:

1) Vento
2) Luce
3) Silenzio
4) Mare
5) Viaggio
6) Rosa
7) Libro
8) Tempo
9) Voce
10) Ombra
11) Scrivere


Sono solo undici, il vocabolario è lì che mi aspetta, come quando avevo sette anni e non sapendo come utilizzarlo iniziai a leggerlo dall'inizio alla fine.

Ho letto questa Cronaca 132 a voce alta agli altri inquilini della Casa delle Parole e chiesto a ciascuno di scrivere la propria lista. Perché le liste sono frammenti del sé e del mistero che cercano ordine in questa realtà e finiscono con il vivere in uno qualunque dei regni che già conosciamo.

La dodicesima parola è leggere, per questo vi saluto e torno a sdraiarmi all’ombra dei miei libri in fiore.

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