Da sempre mi piace immaginare cosa accade nei nostri luoghi abituali
durante le nostre assenze.
Da bambina immaginavo i giocattoli animarsi e vivere una vita diversa da
quella cui noi, piccoli umani, li costringevamo.
E i libri? Cosa fanno i nostri libri quando noi siamo assenti? Ho sempre
immaginato grandi e risolutive conversazioni tra scrittori e poeti, ma anche
tra i personaggi.
La considerazione di tutto questo immaginare è il momento in cui capiamo
che il mondo e le cose esistono e continuano a esistere anche senza di noi.
E questa è una grande consolazione. Perché voglio bene al mio giardino e
ai miei libri, non solo alle persone che amo.
Così sono rimasta in disparte tutto il giorno, un giorno di grande calura,
forse la prima giornata davvero calda di questa estate molto diversa da tutte
le estati che l’hanno preceduta.
Niente irriga il tronco, la pietra non spreca niente.
La parola non lastricherebbe il pantano,
e così danzi in cerca di un più luminoso silenzio.
Luce tronca onda, affonda, mimetizza –
il vento schiocca, è saetta.
Ti dò nome deserto.
I muretti a secco che dividono gli uliveti gemono nel vento, il raccolto
sarà buono quest’anno. Sarà buona anche la vendemmia e il grano ha dato farina
morbida e nutriente.
Nel fiume nuotano migliaia di pesci che vanno e vengono dal mare, basta
immergere le mani e pescare il necessario.
Nessuna nuvola porta il nostro nome, nessun vento ci sta chiamando. Siamo
invisibili nell’aria della sera, come i pesci andiamo e veniamo dal fiume al
mare, ebbri di sale e di mirto.
Abbiamo bisogno di un’isola per vivere appieno questa estate, andrò a
cercarla, la immaginerò, chiederò ai miei amici e alle mie amiche.
Avremo presto l’isola nel cerchio del nostro orizzonte, nell’angolo del
nostro occhio.
Vado in spiaggia da sola mentre gli altri tornano verso casa, devo
iniziare a disegnare quel profilo poco mosso, solo poche alture, molte spiagge,
il lato settentrionale alto a proteggerla dai venti.
Domani o dopo domani avrà un nome la nostra isola e andremo a scoprire
cosa nasce dall’incontro fecondo tra il suo silenzio e le nostre parole.
La poesia senza titolo è di Paul Auster, tratta dalla raccolta Affrontare la musica, traduzione di Massimo
Bocchiola, Einaudi 2006
Nessun commento:
Posta un commento