Mi sono alzata prima dell’alba anche oggi, tutto era silenzio intorno a
me.
Il tiglio fiorito in giardino si riposava prima che le api tornassero ad
assediarlo.
I ciliegi rosseggiavano ancora di frutti quasi maturi.
L’acero giapponese, il pesco, l’albicocco, il melograno scintillavano di
rugiada.
Nell’orto sentivo mescolarsi i profumi di angurie e meloni. Bisognava
tornare a raccogliere i pomodori, i peperoni e le melanzane.
Quanto amo quelle prime ore del giorno da sola, quando una grazia
particolare sembra avere impregnato tutto, tutto quanto c’è intorno a me.
L’oleandro rosa è carico di fiori così come il melograno rosso e l’ibisco
red heart.
I cespugli di lavanda sono arrivati quasi a sfiorare il sentiero e i
primi fichi maturi, viola e dolcissimi, attirano api e uccellini.
In casa dormono ancora tutti, anche l’uomo che continuo a chiamare misterioso
architetto e che, ormai, trascorre la maggior parte del tempo con noi. Solo nel
pomeriggio torna alla Casa delle Stelle e continua il suo mosaico. Il resto del
tempo ci ascolta, scrive sul suo taccuino rosso, legge ad alta voce le poesie
che ha copiato.
Ora è sveglio e mi raggiunge accanto alla lavanda e mi legge una poesia:
La voce dell’alba
Conosci la voce dell’alba? All'inizio
è sottile, poi sale e si ferma quando
ha scelto come orizzonte questo
giardino.
Sotto le foglie riposano i passi e
le ombre di ieri, sopra i rami
cantano i passeri e gli usignoli.
Nei giorni più fortunati ritroviamo
i nostri sguardi dell’altro ieri.
Questa è l’eternità che conosco,
questo il tempo del nostro amore.
Ora la voce dell’alba è un sussurro
che scivola verso la luce matura.
La lavanda discute con le api e io
nascondo una manciata di parole
tra i fiori del melograno.
Mi piace ascoltare la sua bella voce che legge e cambio tono così che
davvero ho sentito tutti questi passaggi di voci e creature che sono la nostra
eternità.
Dopo di noi arriva in giardino la sacerdotessa con una sporta al braccio.
Prima raccoglie i fichi e poi le ciliegie. Nell'orto stacca i pomodori maturi e
il basilico perché farà pasta al pomodoro oggi.
Guardando i suoi gesti ieratici anche nella semplicità delle piccole cose
della vita quotidiana, mi incanto e gioisco per questo rifugio di anime e corpi
dove possiamo uscire di tanto in tanto dai nostri personaggi e condividere il
lento fluire delle giornate d’estate.
Decidiamo di non andare al mare per il momento, così apparecchiamo la
tavola sotto il pergolato. Il profumo del caffè appena fatto si mescola con
quello dei frutti maturi e del pane appena sfornato.
Quanto resisterà la nostra piccola comune di innamorati delle parole?
Non lo so, non voglio saperlo, mi abbandono alla luce che mi scolpisce lo
sguardo e lascio quella piccola nuvola invadermi i pensieri.
Forse abbiamo imparato ad amare perché tutto qui, sulla terra, è
passeggero.
Nasce, risplende, svanisce. Così amiamo il ricordo e la memoria ci
assedia, anche se non ci sono età dell’oro da rimpiangere e possiamo
abbandonarci all'oblio, cioè a un ricordo che ci ha scelto per riposare.
Il titolo di questa Cronaca 122 è un frammento da La provincia dell’uomo. (Quaderni
di appunti 1942-1972) di Elias Canetti, traduzione di Furio Jesi, Adelphi
1978.
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