Qui sull'Altipiano si fanno spesso
incontri interessanti e non a caso.
Sono uscita a passeggio con un libro
di Eduardo Galeano e dopo pochi passi fuori dal giardino della casa affollata,
lui è arrivato.
I libri evocano non solo i personaggi
ma anche gli autori. Lui è uguale a come lo ricordavo, con la stessa luce negli occhi chiari, com'era quando l’ho
ascoltato qui a Milano e ci aveva detto che l’utopia è come l’orizzonte, serve
a continuare a camminare.
Mi chiede cosa sto leggendo, è stato
chiamato, ma la mia voce ancora non era abbastanza chiara.
“Ogni persona brilla con luce propria fra tutte le altre. Non
ci sono due fuochi uguali, ci sono fuochi grandi, fuochi piccoli e fuochi di
ogni colore.
Ci sono persone di un fuoco sereno, che non sente
neanche il vento, e persone di un fuoco pazzo, che riempie l’aria di
scintille.
Alcuni fuochi, fuochi sciocchi, né illuminano né
bruciano, ma altri si infiammano con tanta forza che non si può guardarli
senza esserne colpiti, e chi si avvicina va in fiamme”.
Non aspetta che sia io a chiedergli
qualcosa e inizia a parlare:
- Ricordo molto bene il giorno in cui ho
avuto la prima visione di una persona e del suo fuoco. Stavo parlando con una
donna che mi piaceva molto ma che non riuscivo ad avvicinare e ho visto il suo
fuoco sciocco che non mi dava né luce, né calore e allora ho smesso di cercarla.
Camminavamo allo stesso passo ed ero
contenta di stare un po’ di tempo con lui.
- Un fuoco grande era quello di Juan
Rulfo che dopo La pianura in fiamme e Pedro Paramo, non pubblicò praticamente più nulla. Scrisse quello
che doveva e si ammutolì come uno che ha fatto l'amore nella migliore
maniera e poi si addormenta nella camera da letto. Un giorno, nella sua
casa in Messico, prese una lavagna a due facce che aveva da un lato una
penna e dall'altra un cancellino: si scrive con questa, mi disse indicando
la penna, ma soprattutto con quest'altra, con il cancellino. Penso di
essere stato un buon allievo.
- Solo un fuoco grande tra i tuoi amici?
gli chiedo
- No, certo che no, il fuoco pazzo era
quello di Juan Carlos Onetti che, quando lo andavo a trovare, mi offriva un
vino che causava una cirrosi istantanea e mi impastava la bocca, sicché mi
chetavo subito. Fumava come un turco e per dare lustro alle sue parole
mentiva attribuendole a un proverbio cinese o a un detto etrusco. Una
volta mi disse: “le uniche parole che meritano di esistere sono quelle
migliori del silenzio. Non solo gli scrittori ma anche i politici
dovrebbero imprimerselo nella mente. Il silenzio è un linguaggio perfetto
ed è dura per la parola competere. Per questo riscrivo più volte un testo
finché non sento che è migliore del silenzio”.
- E hai seguito questo suo insegnamento?
- Sempre mia cara narratrice, per questo
ho quasi smesso di scrivere molte volte nella mia vita. Ora bisogna che vada. Come
sai non possiamo fermarci a lungo in questa dimensione anche se siamo stati
chiamati. Ma ti assicuro che è stato un piacere, anche se nella Grande
Biblioteca di Babele sono in ottima compagnia con i miei amici e un vino
migliore di quello che abbiamo bevuto da questa parte delle Montagne.
Ci salutiamo con un abbraccio e ognuno
prosegue per la propria strada.
Penso al fuoco di ogni giorno, a quello
che alimenta la voglia di vivere e l’energia.
Penso ai miei ospiti, al loro fuoco che
è grande, i lupi sono circondati di fiamme verdi e scintille dorate e il loro
fuoco è un solo fuoco.
Il re emana fiamme altissime color
porpora ma ne manca la metà che avvolge la regina.
Il poeta è come seduto su un trono d’oro,
le fiamme si irradiano come raggi solari.
La sacerdotessa ed io abbiamo lo stesso
colore che varia a seconda delle ore del giorno.
Blu-azzurro al mattino, arancione nel
pomeriggio e rosso carminio di sera.
Il suo viaggiatore non è ancora arrivato
ma lei è certa che il suo sia un fuoco grande e pazzo, che emana scintille che
ci regalerà.
- E di notte? – mi chiede – di notte di
che colore è il nostro fuoco?
“Ho ritrovato il vero
senso delle metafore dei poeti.
Mi sveglio ogni notte
nell'incendio del mio stesso sangue”.
Risponde Marguerite
Yourcenar, la più sapiente di tutte le scrittrici.
È così che vivono e
dormono quelli che scrivono e studiano.
Nel fuoco e nell’incendio
perenne.
E l’amore alimenta ogni
fuoco, ogni incendio.
E i colori del fuoco
mutano perché la luce dell’amore è bianca e trasparente.
Gli amanti attraversano
il fuoco senza bruciarsi mai.
Ardono e non si
consumano, il desiderio è la fiamma più alta, la fiamma che scintilla e
illumina tutto il mondo intorno.
I racconti di Eduardo
Galeano sono tratti da un’intervista di Sebastiano Triulzi apparsa su Repubblica
La citazione iniziale è
tratta dal suo Il libro degli abbracci
La citazione di Marguerite
Yourcenar è tratta dal suo libro Fuochi
1 commento:
Eh sì, il silenzio è un vero scacco per chi scrive, se si impara ad ascoltarlo.
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