La casa
ha fondamenta nelle nuvole per questo non la si trova mai nello stesso posto.
Ridiamo
insieme quando ciò accade e tu mi dici che la tua casa ora è dove noi siamo
insieme.
Le
nuvole sono molto solide e possono contare sulla complicità del vento.
La
sacerdotessa governa entrambi i mondi e spinge la tempesta nel passato dove il
re ancora non aveva conosciuto la sua regina.
Chiamo
la casa che appare in cima alle Montagne della Nebbia e un attimo dopo le
aquile la portano dove noi siamo insieme.
Non è
questo il regno dei tuoi libri, poesie millenarie corrono di bocca in bocca e
tu ti ostini a volerle trascrivere nei tuoi taccuini che poi conservi per me.
Il
giardino non è completo – mi dici – non basteranno gli arbusti e il gelsomino
di Spagna per confinare il labirinto nella sua giusta dimora.
Qui
tutti hanno un palazzo dell’immaginazione, niente può fermare questo desiderio.
Tracci
i primi passi del labirinto in modo tale che ogni uscita mi porti da te.
I poeti
hanno voci oblique che cercano spazio dove solo il tempo continua a regnare.
Ti
ascolto e vedo, anziché sentire, il nitore di ogni tua parola.
Il re
chiama a raccolta i lupi che non tornano, sono già chiusi nella loro tana.
Solo le
aquile eleganti e silenziose si aggrappano alle braccia regali.
È proprio
del silenzio che volevo parlarti – ti dico –, ho capito solo oggi che non
esistono persone silenziose, ma solo persone che dialogano con l’invisibile.
Così se
siamo lontani e tu parli con gli alberi dalle radici profonde e trai linfa
vitale da tutta quella vita sotterranea che a poco a poco si rivela, tu potrai
scrivere quelle parole necessarie in un taccuino intonso che un giorno leggerò.
La muta
rivoluzione delle stelle evoca una danza notturna che danzerò per te con la
sacerdotessa.
Tutto diventa
notte se le stelle aspettano il primo passo, anche i pescatori si vestono di
nero e portano le lucciole al posto delle lampare.
Che la
sfida abbia inizio, proclama il re!
Ma questo
regno non gli appartiene, lui regna sulla luce e sull’oro che discende dal
sole.
Senti come
profumano i gelsomini?
Le luci
danzanti fanno a gara per mettersi in mostra e io non so se brillino di più le
lucciole, le stelle o le lingue di fuoco che incendiano anche le tue parole.
Così
non è mai stato prima, così sarà per sempre, eternamente, vaticina la
sacerdotessa.
Entro nella
casa che è tornata sull’altipiano e ha preso radici nelle radici degli alberi,
ultima sapienza cui pochi possono accedere.
La quarta
fiamma che danza nell’oscurità è quella della candela che contende la mia attenzione
a quel silenzio popolato di assenti.
Io pure
trascorro molto del mio tempo a conversare con chi era e con chi un giorno
sarà.
Tra questi
due lembi del tempo che diciamo eterno, stanno le nostre vite, più splendenti
ancora nelle parole che scriviamo e che sappiamo troveranno la loro eco in
altre parole gemelle che da sempre si stavano cercando.
Quoi? L’éternité.
Questo suggerì
il poeta e la scrittrice accolse nelle mani queste poche sillabe a raccontare
una vita.
L’eternità
non arriva e non parte, siamo noi a uscirne per una manciata di scintille che
chiamiamo giorni.
Abbiamo
solo bisogno di un miracolo domestico che segni i confini perché ogni anima ne
possiede molti, molto più di tutta la terra.
I confini
non escludono, i confini proteggono quel germoglio appena sbocciato che
splenderà nel tempo e che ci chiamerà per nome.
Quoi? L’éternité è un verso di Arthur Rimbaud da cui Marguerite Yourcenar ha tratto il titolo per il terzo volume dei suoi romanzi autobiografici.
Quoi? L’éternité è un verso di Arthur Rimbaud da cui Marguerite Yourcenar ha tratto il titolo per il terzo volume dei suoi romanzi autobiografici.
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