venerdì 22 maggio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/75: non esistono persone silenziose, ma solo persone che dialogano con l’invisibile


La casa ha fondamenta nelle nuvole per questo non la si trova mai nello stesso posto.

Ridiamo insieme quando ciò accade e tu mi dici che la tua casa ora è dove noi siamo insieme.

Le nuvole sono molto solide e possono contare sulla complicità del vento.

La sacerdotessa governa entrambi i mondi e spinge la tempesta nel passato dove il re ancora non aveva conosciuto la sua regina.

Chiamo la casa che appare in cima alle Montagne della Nebbia e un attimo dopo le aquile la portano dove noi siamo insieme.

Non è questo il regno dei tuoi libri, poesie millenarie corrono di bocca in bocca e tu ti ostini a volerle trascrivere nei tuoi taccuini che poi conservi per me.

Il giardino non è completo – mi dici – non basteranno gli arbusti e il gelsomino di Spagna per confinare il labirinto nella sua giusta dimora.

Qui tutti hanno un palazzo dell’immaginazione, niente può fermare questo desiderio.

Tracci i primi passi del labirinto in modo tale che ogni uscita mi porti da te.

I poeti hanno voci oblique che cercano spazio dove solo il tempo continua a regnare.

Ti ascolto e vedo, anziché sentire, il nitore di ogni tua parola.

Il re chiama a raccolta i lupi che non tornano, sono già chiusi nella loro tana.

Solo le aquile eleganti e silenziose si aggrappano alle braccia regali.

È proprio del silenzio che volevo parlarti – ti dico –, ho capito solo oggi che non esistono persone silenziose, ma solo persone che dialogano con l’invisibile.

Così se siamo lontani e tu parli con gli alberi dalle radici profonde e trai linfa vitale da tutta quella vita sotterranea che a poco a poco si rivela, tu potrai scrivere quelle parole necessarie in un taccuino intonso che un giorno leggerò.

La muta rivoluzione delle stelle evoca una danza notturna che danzerò per te con la sacerdotessa.

Tutto diventa notte se le stelle aspettano il primo passo, anche i pescatori si vestono di nero e portano le lucciole al posto delle lampare.

Che la sfida abbia inizio, proclama il re!

Ma questo regno non gli appartiene, lui regna sulla luce e sull’oro che discende dal sole.

Senti come profumano i gelsomini?

Le luci danzanti fanno a gara per mettersi in mostra e io non so se brillino di più le lucciole, le stelle o le lingue di fuoco che incendiano anche le tue parole.

Così non è mai stato prima, così sarà per sempre, eternamente, vaticina la sacerdotessa.

Entro nella casa che è tornata sull’altipiano e ha preso radici nelle radici degli alberi, ultima sapienza cui pochi possono accedere.

La quarta fiamma che danza nell’oscurità è quella della candela che contende la mia attenzione a quel silenzio popolato di assenti.

Io pure trascorro molto del mio tempo a conversare con chi era e con chi un giorno sarà.

Tra questi due lembi del tempo che diciamo eterno, stanno le nostre vite, più splendenti ancora nelle parole che scriviamo e che sappiamo troveranno la loro eco in altre parole gemelle che da sempre si stavano cercando.

Quoi? L’éternité.

Questo suggerì il poeta e la scrittrice accolse nelle mani queste poche sillabe a raccontare una vita.

L’eternità non arriva e non parte, siamo noi a uscirne per una manciata di scintille che chiamiamo giorni.

Abbiamo solo bisogno di un miracolo domestico che segni i confini perché ogni anima ne possiede molti, molto più di tutta la terra.

I confini non escludono, i confini proteggono quel germoglio appena sbocciato che splenderà nel tempo e che ci chiamerà per nome.


Quoi? L’éternité è un verso di Arthur Rimbaud da cui Marguerite Yourcenar ha tratto il titolo per il terzo volume dei suoi romanzi autobiografici.


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