giovedì 14 maggio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/67: il miele delle cinque e l’ora bella


Quando la stagione cambia è più facile che la nostra attenzione si fermi su alcuni momenti della giornata in particolare.

Sono due i momenti che però sfumano sino a far sì che in effetti diventino quattro.

La prima luce del giorno nuovo, all'inizio, è una notte sfrangiata che piano piano arretra sino a lasciare tutto lo spazio al tempo che reclama di essere l’unica guida della nostra vita.

Una scia d’argento accompagna le tenebre che si allontanano e, se anche le nuvole se ne stanno nascoste nel rifugio che nessuno conosce, il sole intinge le dita nella sua ciotola dorata e illumina il mondo a volte d’oro a volte di rosa e rosso.

Questo momento di passaggio, dove questa prima luce sfuma in un’altra luce, è ancora più bello vederlo immersi nella natura, su una spiaggia, in cima a un colle. In questi tempi chiusi mi accontento di contemplarlo stando sdraiata sul divano e guardando attraverso i rami dell’albero bellissimo che ombreggia le mie finestre. Quest’anno sono anche ritornati molti uccellini a nidificare e sono quasi scomparse le cornacchie, quindi anche l’udito è coinvolto dalla festa dello sguardo che si riempie di tutta questa luce.

I due momenti della giornata che scivolano poi uno nell'altro sono la fine del pomeriggio e l’inizio della sera, soprattutto d’estate. La sento nell'aria l’estate oggi, la sento al di là delle nuvole, la sento nascosta dai venti e dalla pioggia, ma so che sta arrivando perché le giornate sono sempre più lunghe e le rondini escono il mattino presto e soprattutto all'imbrunire.

Nel tardo pomeriggio per molti finisce il lavoro, c’era un tempo dove potevamo sederci all'aperto, da soli o in compagnia, e godere della magia dell’ora bella. Tornerà questo tempo? Soprattutto quando? Fino a quando dovremo andare in giro mascherati e impacchettati senza poter toccare niente e nessuno? Il tatto, l’olfatto e il gusto sono i sensi che più risentono di questa nuova normalità. Ne risentiamo noi adulti che abbiamo anni di esperienze tattili e olfattive nella nostra memoria, ne risentono ancora di più i giovani e i bambini affamati come sono di esperienze e di contatto. Forse anche perché da giovani più volentieri si sta in gruppo e, ormai maturi, si è più capaci di accettare questo distanziamento che però assume, giorno dopo giorno, una vera dimensione di lontananza.

Con nostalgia condivido questa prima poesia dedicata a un rito di passaggio dal giorno alla sera che tutti noi conosciamo:


Il miele delle cinque

A quest’ora sembra tutto nuovo, tutto
sembra appassionato, immerso nel miele
delle cinque e la notte
non ha ancora acceso le sue torce,
e a New York è buio,
e sto seduto a Piazza Navona
adesso nella mia terra cala la sera
con ardenti
colori, mentre qui tutto è lento, tutto
indugia.
E cosí fu sempre e cosí sarà, e anche
questo
è già stato scritto e cancellato, come
scrisse Keats .
Tutto è lento e tutto indugia, ogni ora scivola in quella successiva e il gusto di piccole felicità in arrivo si diffonde nel nostro essere come una promessa.

Farò, dirò, penserò, scriverò, amerò, non domani, non tra un mese, ma questa sera, proprio questa sera. Potrò essere da solo o sola nella mia casa, o raggiungerò qualcuno che amo. Un congiunto, come dicono le regole dettate da questo spirito del tempo che ha piegato anche il buon uso della lingua, qualcuno che mi è prossimo non solo per legame di sangue o parentela, ma perché ci siamo scelti e questo rende unico e prezioso ogni legame d’amore e d’amicizia.

Ci siamo scelti, la libera scelta, il libero arbitrio sono tra i fondamenti del consesso umano, ma questi tempi incarcerati stanno mettendo a dura prova la modulazione di libertà e affetti che davamo ormai per scontati. Anche per questo motivo la pandemia ha dato un taglio definitivo al Novecento, il secolo che non voleva finire.

Immaginiamo, se ancora non possiamo farlo davvero, di raggiungere colei o colui che amiamo.

Le rondini sfrecciano inebriate di luce, l’ora del miele è scivolata nella coppa di frutti maturi che è una sera condivisa, uno dei momenti più belli della giornata, il preludio a una notte d’amore o di tenerezza, a una notte d’insonnia o di sogni sfrenati.

Se non possiamo vivere, se non possiamo immaginare, possiamo scrivere o, meglio ancora, possiamo leggere, perché ogni esperienza umana è ritornare su un sentiero già battuto per lasciare la propria impronta, per lasciare che un nuovo canto, il nostro canto, si alzi nel cielo notturno e che anche le stelle si fermino incantate ad ascoltare le nostre voci scintillanti.



Il momento più bello della giornata

Fresche sere d’estate.
Le finestre aperte.
Le luci accese.
La fruttiera colma.
E il tuo capo sulla mia spalla.
Questi sono i momenti più felici della giornata.
Insieme alle prime ore del mattino,
naturalmente. E quegli attimi
subito prima di pranzo.
E il pomeriggio e
Le prime ore della sera.
Ma davvero adoro
queste serate estive.
Ancor più, mi sa,
di quegli altri momenti.
Il lavoro quotidiano finito.
E nessuno più che ci disturbi, adesso.
Né mai.



Il momento più bello della giornata è una poesia di Raymond Carver
Blu oltremare
traduzione di Pasquale Sica
Tullio Pironti Editore 1994


Il miele delle cinque è una poesia di Natan Zach
Sento cadere qualcosa
Poesie scelte 1960-2008
a cura di Ariel Rathaus
Giulio Einaudi Editore 2009




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