sabato 2 maggio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/55: riposiamo all’ombra dei nostri nomi


Il giorno che era nuvola scivola verso il suo destino di sciogliersi nella notte e un destino ineluttabile può anche essere un destino amato.

Nessun giorno può reclamare di diventare eterno, nessuna notte di avvolgerci in quell’oscurità primordiale che pertiene prima di tutto allo spazio esterno.

Sono sempre nella casa ai piedi delle Montagne della Nebbia, i lupi corrono e giocano nella brughiera che diventa sottobosco, che diventa prato, che diventa bosco senza soluzione di continuità.

Qui sull’Altipiano della Luna, ho scoperto da poco che alcuni viaggiatori lo indicano con questo nome, tutti i paesaggi convivono grazie a un clima che si differenzia ogni pochi chilometri.

È questa la potenza dell’immaginazione o è la potenza della memoria? Possiamo immaginare qualcosa che non abbiamo mai veduto? Possiamo amare qualcuno nella sua assenza anziché nella sua presenza?

Esco a camminare e mi avvicino ai lupi che vivono secondo la propria natura e non si chiedono come sarebbe essere diversi.

I pensieri formano spirali ascendenti e discendenti che seguono l’andamento del terreno.

Il re mio ospite è rimasto in casa a scrivere alla sua regina che presto arriverà a trovarlo.

Anche il poeta è a casa e scrive in un piccolo taccuino dalla copertina bianca che una volta finito e ricopiato andrà ad alimentare il fuoco.

In fondo la poesia non è che questo, la prima fiamma che alimenta il fuoco, quindi il senso.

La poesia attraversa l’oscurità e la fende, come i frammenti di una stella cometa illuminano un mondo che conosciamo ancora poco.

La poesia attraversa anche il buio che non è l’oscurità. Il buio senza nome circondava la casa di mia nonna in Calabria, è il buio delle notti senza luna in riva al mare. Il buio è la condizione del mondo che l’essere umano può modificare grazie alle sue luci.

Mi capita spesso di pensare ai millenni che ci hanno preceduto, dove il buio era infranto solo dalle minuscole fiammelle delle candele e dalla luce danzante del fuoco nei focolari.

Vorrei poter vedere dipinti e statue dei secoli passati nella stessa luce in cui pittori e scultori hanno creato, dipinto e scolpito. Credo che potremmo scoprire una dolcezza degli angoli che la luce elettrica invece scolpisce, potremmo accarezzare con lo sguardo la morbidezza dei corpi che emergono dal nulla grazie alla danza di luci e ombra.

Ecco, l’ombra, che non è né buio né oscurità, è una sostanza, è materia, è la materia primigenia di cui ogni universo è composto.

L’ombra si lascia cesellare dalla luce e da questo finissimo lavoro emergiamo noi umani, i nostri corpi, poi il mondo luminoso, glorioso e diverso ogni mattino.

L’ombra sta alla luce come il silenzio sta alla parola, come la carta bianca sta all’inchiostro.

Ora posso ritornare nella mia affollata dimora, i lupi mi hanno preceduta e guardano le fiamme nel camino, non ne hanno paura, sanno che non è un pericolo. Il lupo ha messo una zampa sulla spalla della lupa, sembra che si stiano sussurrando qualcosa nelle orecchie, nella lingua dei lupi che loro soltanto conoscono.

Il re sta ancora scrivendo, ci salutiamo con un cenno, ho portato con me il vento della brughiera e il profumo dei fiori è nelle pellicce dei lupi che si sono rotolati nei prati.

Quanta ricchezza in questo angolo di mondo, ci vorranno secoli prima che io finisca di scoprirlo, prima che io mi avvicini un po’ di più alle Montagne della Nebbia.

Mi siedo al solito tavolo ingombro di carte, inizio a scrivere, mi fermo per copiare L’ombra è la nostra vera dimensione, una mia poesia tratta dal libro del 2016 Scrivere il vento:

È la luce che scolpisce?
È l’ombra che dà profondità?
Lo scuro di alberi e pietre
è il cesello della luce o
la punta affilata delle dita
d’ombra che tengono appese
le stelle del firmamento?
Solo alcuni sanno che l’ombra
è la nostra vera dimensione
e la luce solo il divertimento
del tempo che corre contro
se stesso. La gravità ne è
la prova, visto che camminiamo
a testa in giù, convinti di
avere il cielo stellato sopra
di noi, mentre è l’abisso
il nostro vero regno.

È vero, i pensieri sono spirali ascendenti e discendenti e le parole aghi che attraversano le fitte tessiture dei nostri telai.

Tra ogni pensiero e il movimento, tra ogni parola c’è una pausa, lascio che a dircelo stasera sia Octavio Paz con una poesia tratta dal volume Il fuoco di ogni giorno:

Tra l’andarsene e il restare dubita il giorno,
innamorato della sua trasparenza.
La sera circolare è già baia:
nel suo quieto viavai oscilla il mondo.
Tutto è visibile e tutto è elusivo,
tutto è vicino e tutto è intoccabile.
I fogli, il libro, il bicchiere, la matita
riposano all'ombra dei loro nomi.
Palpitare del tempo che nelle mie tempie ripete
la stessa ostinata sillaba di sangue.
La luce fa del muro indifferente
uno spettrale teatro di riflessi.
Nel centro di un occhio mi scopro;
non mi guarda, mi guardo nel suo sguardo.
Si dissipa l’istante. Senza muovermi,
io resto e me ne vado: sono una pausa.

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