Ogni
tanto devo fuggire dall’Altipiano della Luna e dalla Casa delle Parole che è
sempre più affollata.
La
sacerdotessa e il guerriero passano la maggior parte della giornata chiusi
nella Torre Orientale e lei evoca i venti che poi lui doma come fossero
cavalli. Piegano la materia alla loro volontà e questo li rende molto speciali.
Mi permettono di restare ad osservarli purché io non faccia domande. Ieri
scrivevo che, nonostante le lingue diverse che parliamo, la nostra Babele al
contrario fa sì che ci capiamo senza bisogno di traduzioni. Ma la lingua che
parlano nella Torre è una lingua che nasce dalle tempeste e dagli alberi, dalle
nuvole e dal vento, dal fuoco e dal mare, io non faccio parte di questa schiera
e affinare il mio sguardo è l’unica possibilità che ho. Non capisco cosa stiano
facendo e voglio capirlo, è da tanto tempo che dentro di me vivo in loro
compagnia e ora che abitiamo nella stessa dimora vorrei arrivare a una
comprensione più chiara, a tracciare una strada che sia percorribile anche per
me.
Il poeta
e il re, oggi, sono dispersi nella brughiera con i lupi e le aquile sono planate da
questa mattina sul tetto della Torre. I meno pensierosi e i più felici oggi
sembrano la volpe e il puledro. Ma anche loro parlano una lingua che non
comprendo e così li lascio giocare come giocano i nati da poco.
Oggi sono
un’osservatrice partecipante, antiche nozioni di antropologia mi solleticano la
memoria, continuo a riempire i miei taccuini di appunti e versi, in questo
mondo che è nato dalla mia immaginazione e che è ancora più reale del mondo
dove pare che io viva davvero.
Oggi ho
avuto nostalgia del mese di aprile, il mese più silenzioso della storia, ho
avuto nostalgia del raccoglimento, delle riflessioni, delle poesie, delle letture, delle conversazioni. Due mondi fusi in un mondo soltanto che mi atterriva e attraeva
allo stesso tempo.
Oggi,
con cautela, ho affrontato le strade della città non più silenziosa. La mascherina
riduce l’ampiezza dello sguardo, mozza il respiro, nasconde i sorrisi. Come impareranno
i nati da poco a decifrare i volti degli adulti e degli altri bambini?
Stiamo vivendo
un tempo sospeso che ancora non ha nome, che non ha passato, la clausura è il
passato di un altro tempo che continua nella terra delle Montagne della Nebbia,
questo tempo, invece, è disincanto e frenesia. Questo tempo non è il tempo debito della
rinascita, non ancora.
Quello che
intuisco più che sapere, che qualunque nuova strada, paese o lingua dovrà
tenere insieme questo mondo reale e quello immaginario dove torno per giocare
con i lupi.
L’unica
cosa che porterò con me è il tuo sguardo che mi accarezza in qualunque tempo e
mondo. È la memoria delle infinite possibilità che mi nutre del suo fuoco inesauribile
Il commiato
di questa sera è una poesia di Alejandra Pizarnik tratta da La figlia dell’insonnia - a cura di
Claudio Cinti, Crocetti Editore 2004
Quando mi guardi
i miei occhi sono chiavi,
il muro ha segreti,
il mio timore parole, poesie.
Solo tu fai della mia memoria
una viaggiatrice affascinata,
un fuoco incessante.
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