La coscienza di sé, la
parola e il pollice opponibile ci hanno resi quello che siamo, animali convinti
di essere padroni del mondo, animali al momento sotto scacco a causa della
pandemia da Covid-19, un virus, una creatura invisibile che l’epidemiologo Èmile
Roux aveva definito nel 1903 “come “êtres de raison” o esseri teoretici:
organismi la cui esistenza può essere desunta dai loro effetti, nonostante non
siano mai stati rilevati direttamente”.
Dagli organismi
infinitamente piccoli e invisibili, alle enormi balenottere azzurre, gli
animali più grandi del mondo, tutti gli organismi animali stanno intorno alla
scimmia pensante come una corte. Ma noi siamo solo una specie tra molte altre e
forse sono proprio intelligenza, coscienza e parola che ci offuscano la ragione
quando ci occupiamo delle altre creature viventi. Non voglio toccare qui il
rapporto con le creature di cui ci nutriamo perché servirebbe una trattazione
approfondita per cui non credo di avere le competenze e gli strumenti culturali
idonei. Qui voglio invece parlare di due ordini di creature con le quali ci
relazioniamo e che rendono la nostra vita degna di essere vissuta. Sto parlando
degli animali immaginari, inventati e sognati che occupano il primo ordine di
questo bestiario della vita felice e poi degli animali con cui viviamo, nel secondo
ordine.
In questa lunga
narrazione che sono diventate le cronache, ci sono ormai da qualche settimana due
lupi felici che accompagnano la narratrice nelle sue passeggiate, ma per la
maggior parte del tempo scorrazzano tra prati e brughiere, sonnecchiano davanti
al focolare o stanno al riparo nella loro tana dove scambiano effusioni al
riparo da sguardi indiscreti. Il lupo è l’animale che più mi ha affascinata sin
da quando ero bambina e non ne ho mai avuto paura. Mio padre ci raccontava la
storia del lupo Lobo e solo di recente ho scoperto che non si trattava di una
favola, ma di una storia realmente accaduta nella regione di Currumpaw nel
Nuovo Messico nel 1898. Lobo guidava un branco di 5 lupi che facevano i lupi, cioè
assalivano il bestiame, i bovini in particolare, non sempre per mangiarli. Nel
branco c’era anche Blanca, una lupa bianca che era la sua compagna, gli allevatori
fecero di tutto per catturarlo e uno tra loro Ernest Thompson Seton, che
diventò poi un naturalista e scrisse un libro sulla storia del grosso lupo
grigio e della sua compagna, ci riuscì. Per farlo catturò e uccise prima la
lupa che ormai in trappola, ululava a squarciagola per attirare il suo lupo. Quando
Lobo si lasciò catturare, probabilmente perché aveva capito che Blanca era
morta, Seton decise di non ucciderlo e di tenerlo in cattività. Ma Lobo si
lasciò morire di fame. Come non amare i lupi che sfidano gli uomini per
intelligenza e astuzia?
Ai due lupi felici si
aggiungono oggi due aquile, altrettanto felici e altrettanto in coppia. Vivono in
cima alle Montagne della Nebbia e rispondono al richiamo della sacerdotessa. Come
i lupi anche le aquile si scelgono per la vita e una volta designato un territorio
vi si fermano per molti anni costruendo ogni stagione un nido nuovo. Una leggenda
indiana, ripresa dal poeta brasiliano Affonso Romano de Sant’Anna, racconta che
a 40 anni l’aquila deve scegliere se lasciarsi morire o ritirarsi per
abbandonare becco, artigli e penne in cima alla montagna strappandoseli di
dosso. Le aquile che non hanno paura di affrontare questo dolore fisico e
morale riescono poi a quasi raddoppiare gli anni della loro vita.
Le aquile della
sacerdotessa avranno qualcosa da raccontarci, ma per oggi le salutiamo da
lontano e diamo loro il benvenuto.
Oltre al bestiario
immaginario introduco anche altri due animali che si sono manifestati in sogno
in queste settimane di clausura. Nel sogno camminavo lungo una spiaggia in una
giornata tiepida, il mare era appena mosso dal vento e in un istmo di terra
dove mi avventuravo, incrociavo una giovane volpe e un puledro dal manto dorato
che si fermavano a studiarsi, si annusavano e poi proseguivano insieme il
cammino senza neanche accorgersi di me. Non ho riflettuto sul significato di
questo sogno, i sogni hanno sempre un significato, ma lo farò e nel frattempo
presenterò anche queste due creature all’affollata tribù che vive nella Casa
delle Parole.
Poi ci sono loro, gli
animali più o meno domestici con cui ho interagito nel corso della mia vita.
Passerotti e merli caduti dai nidi, anguille tenute in vita nella vasca da
bagno, tartarughe di terra e lumache, un numero imprecisato di pesci rossi tra
cui il patriarca chiamato lo Squalo che morì alla venerabile età, per la sua
specie, di quasi dieci anni dopo aver perso tutto il colore dalle squame ed
essere diventato grossicello come una piccola trota. Poi, un pulcino tutto nero
che è diventato la chioccia più longeva, dodici anni, del pollaio di mia nonna,
un gattone tigrato grigio che avevo chiamato Tigre e che amava le cipolle rosse
di Tropea in insalata. Alcuni cagnolini tra cui Black, spinone nero, e Diana
bastardina dal mantello dorato che si riproducevano con regolarità teutonica; e
ancora Ketty la cockerina color ginger del dottore che abitava al piano terra
nel palazzo dei miei genitori e il barboncino nero Charlie che fuggivano
insieme tutte le volte che lei andava in calore; negli ultimi anni il bassotto
fulvo Beppe detto Beppino con cui duettavo tutti i giorni e il border collie
nano Filippo detto Filippetto che si inventava giochi mettendosi seduto,
incrociando le zampe o nascondendo il muso sotto la coperta per essere cercato.
Li ho amati tutti, ma io sono una gattara, ho sempre avuto rapporti eccellenti
con tutti i gatti delle mie amiche e amici, trovo meravigliosa la Micia di
Grazia e Danilo, nera con pettorina e parte inferiore del muso bianche e le più
lunghe e incredibili vibrisse mai viste; ho adorato la Spillo, gattona tigrata
dodicenne e selvatica, e Nina, detta the Bloody perché non faceva altro che
portare in casa animaletti morti in dono e si divertiva a tendermi i più feroci
e improvvisati agguati, soprattutto quando eravamo in giardino e lei era
convinta che io dormissi all’ombra della palma. E poi la Gattina, apparsa dal
nulla in giardino, infangata e affamata. A detta della veterinaria dottoressa
Titti, soprannominata “la natura è meravigliosa”, la gattina era destina a
morte precoce e imminente, era una femmina di almeno nove anni e di piccola
taglia, con una malattia polmonare incurabile e sterilizzata. Infatti, sei mesi
dopo la Gattina, perché questo era diventato il suo nome, ci aveva mostrato
quanto la natura fosse davvero meravigliosa e sorprendente, quando aveva messo
alla luce tre gattini: il primogenito Tiger perché aveva un testone tigrato
come la mamma e il resto del manto bianco come il papà, Lina così chiamata per
via del pelo bianco e beige intorno agli occhi che davano l’idea che indossasse
degli occhialoni stile Lina Wermuller e il più piccolo Spotty, con una grande
macchia di pelo beige in cima alla testolina che però è sopravvissuto pochi
giorni. Ho fatto da levatrice ai gattini, accarezzando un po’ la mamma quando
capivo che gradiva le mie carezze. Ho assistito a tutte le fasi del parto e il
cuore mi batte ancora forte quando penso a loro. Che non vivono soltanto in
quel giardino perduto ma anche nelle mie poesie. Questa è dedicata alla Gattina
che ho tenuto in braccio mentre scrivevo le ultime poesie del mio nuovo libro Un’estate invincibile. (Atì editore 2019)
Il cielo vuoto di nuvole e vento
Non cade, non sale,
non crolla, non
ombreggia, non ripara.
Ora c’è solo
un tronco senza
foglie, la metafora
perfetta per la
memoria scarna che
abita questo giardino.
Basta poco per sentire
la gioia
allargarmi il respiro.
C’è la gatta che
ronza appoggiata al
mio petto, l’odore
dei fichi dietro di
noi e il cielo vuoto
di nuvole e vento.
E qui sento solo il
tuo cuore
battere sul mio.
Nel mio amore per i
gatti, per quei gatti, c’è una dimensione che li lega direttamente alla poesia
e al silenzio, al mistero della scrittura ed è con queste immagini che mi
congedo questa sera.
Attraversata dal silenzio
Solo il passo del
gatto è
amico del silenzio, ha
un alfabeto segreto
fatto
di cenni nell’aria e
poche
distrazioni.
Si alza, si abbassa,
seguito
dal movimento della
coda
e benché tutto sembri
uguale,
una nuova melodia
attraversa
gli spazi bianchi tra
note e
sillabe.
Così vorrei scrivere,
leggera
e pensierosa,
attraversata dal
silenzio e da poche
parole.
1 commento:
Gli animali meritano innanzitutto rispetto e non devono sopportare sofferenze gratuite. Adoro gatti soprattutto quelli che mantengono un grado di selvatitudine pur condividendo la loro esistenza con l'umano. Sono difficili da gestire ma quando riesci a "sfondare" la diffidenza vieni compensata da un affetto che passa attraverso lo sguardo.
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