lunedì 4 maggio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/57: la pioggia è tua, miei sono gli uragani


Nascono nuvole sulle mie labbra, non parole o canto.

Esco dalla casa affollata che dorme ancora, dormono tutti, dorme il re e dormono i lupi, anche il poeta si è addormentato con la testa appoggiata a un braccio sul tavolo. Provo a gridare, ma di nuovo solo nuvole di tempesta si levano verso il cielo.

Sul muro orientale stanno sbocciando i gelsomini e questo mi incanta come ogni mese di maggio. Dicono che nel mondo oltre il muro oggi le persone ricominceranno a uscire, ma non odo rumori che lo possano confermare.

Guardo meglio e in controluce riconosco la figura della donna che sta con le braccia levate e il viso rivolto al sole. È lei, la sacerdotessa, che appare e scompare nella mia vita come un corso d’acqua carsico. Anche quando non la vedo sento che c’è, che mi parla, ma quando lei è qui, le mie parole si condensano in nuvole e devo aspettare che lei abbia terminato di intonare il suo canto che per la prima volta è un’implorazione verso un tu che non ha volto e non ha nome.


Raccoglimi
come si fa con un raccolto.

Taglia svelto

lega più veloce
prima che mi disfi il turbine d'autunno.

Fai presto

sono già maturata
e già sono gli intralci accantonati.

Non tremare

io non devo crescere più.

La pioggia è tua

io sono già al di là dei miei uragani.

Raccoglimi

come si fa con un raccolto.


Guardo i sussulti del suo petto, la schiena che si tende, adora la luce ma canta il buio, esce il mattino presto e la sua dimora è la notte.

Chi è l’amato che la sua voce esorta? E perché l’amore ha questa forza esplosiva soprattutto nelle mattine di primavera?

Quando termina il canto in una lingua che ha sapore di miele e legni speziati, si gira a guardarmi e mi fa cenno di raggiungerla.

Ci rispecchiamo l’una nell’altra, ci somigliamo moltissimo, come se fossimo la stessa donna in età diverse della vita. Mi porge una rosa che, solitaria, cresceva ai piedi del gelsomino.

- Portala in casa per il poeta, sai che le rose sono compagnia e fonte di ispirazione per lui, mi dice

- A chi era dedicato il tuo canto? Le chiedo
Sorride enigmatica e non mi risponde subito, sistema le sue vesti fatte d’aria e di luce.

- Lui ha sentito il mio canto e arriverà. Hai ancora del posto nella casa affollata?

- Certo che abbiamo posto, la casa è piena di stanze che non ho mai aperto. Ma chi è questo lui di cui mi stavi dicendo?

- Non so dirtelo con precisione, è un guerriero perché ha dovuto combattere molte battaglie ma in anni ormai lontani. È uno studioso e un sapiente, parla molte lingue e capisce lui solo la lingua del mio canto. Lo aspetto da molto tempo ormai, ma sapevo sin da quando ero solo una giovane apprendista che lo avrei incontrato ora che il sole è arrivato allo zenit. Prima non sarebbe stato possibile. Il dopo è già sotto il suo segno.

- Cantami ancora quel canto, perché io l’ho capito, come è possibile se era destinato solo a lui?

- Perché anche tu appartieni alla sua stessa schiera, la schiera di quelli che amano le lingue e cercano di oltrepassare la soglia del mistero, quelli che sono capaci di fermarsi per ore a cesellare una parola o un verso. Siete strani voi poeti, ma è la vostra voce che permette al mondo di averne una sua che tutte le creature possano capire. Tu scrivi versi ma anche ne leggi, giorno dopo giorno, come se la tua stessa vita dipendesse dai tuoi occhi che incrociano sillabe sulla carta. Cosa stai leggendo oggi?

- Ti piacerà questa poesia, per caso o forse per necessità, mi pare la risposta adeguata al tuo richiamo. Lui sta davvero arrivando e ti manda questa primizia d’amore scritta da Ezra Pound. Sa bene il tuo viaggiatore sapiente che uno dei primi segni d’amore è svegliarsi con il cuore colmo di gioia in un’alba nuova, in una chiarezza rinnovata ogni giorno, come se il tempo non potesse scalfire la gioia e l’amore avvolgere nella sua ebbrezza ogni creatura vivente o che è vissuta, dal gelsomino che inizia appena a sbocciare a quelle statue in fondo al giardino che cercano ancora di abbracciarsi:


Su, compiangiamo quelli che stanno meglio di noi.
Su, amica, e ricorda
che i ricchi hanno domestici e non amici
e noi abbiamo amici e non domestici
su, compiangiamo gli sposati e i non sposati.

L’alba entra su piccoli piedi
simili a una dorata Pavlova,
e io sono accanto al mio desiderio.
Perché la vita non ha nulla di meglio
di quest’ora di chiara freschezza,
l’ora del ridestarsi insieme.


Ancora non so chi sia il misterioso viaggiatore, ma so che mattina dopo mattina lo scoprirò e anche lui verrà ad abitare nella casa affollata.

I lupi escono vestiti di luce e notti d’amore.

È bello l’Altipiano della Luna, sono meravigliose le Montagne della Nebbia.

Vorrei che in molti venissero qui a trovare ristoro da quella vita imprigionata e spaventata che scalpita, al di là del giardino e al di là del mare.

Torno in casa con il quaderno delle citazioni in mano e rileggo un verso “io sono accanto al mio desiderio”, qui potrei scomodare almeno tre dei padri della psicoanalisi novecentesca, Freud, Jung e Lacan ma preferisco che la forza della poesia si riveli mentre l’ultima stella svanisce sotto l’incalzare dell’alba.

Viviamo in un tempo circolare che è come un lago dove è stata gettata la nostra pietra il giorno in cui siamo nati. I cerchi si allontanano dal centro ma tutti gli appartengono e le età della vita sono una dentro l’altra, cosicché nel vecchio corre ancora il bambino, nella vecchia la fanciulla che raccoglieva fiori. E anche la poetessa che canta l’amore intatto dall'adolescenza sino all'età matura.

Qui il tempo esiste nella nostra immaginazione, lo scartavetriamo con le parole, ne resta la nuda essenza.

Resta un sogno o la sua ombra.

L’amore ritorna e resta, è la rosa nella sua piena fioritura.


Il canto della sacerdotessa è di
Malca Heifetz Tussman
traduzione dallo yiddish di Erri De Luca in 
Spargimento: opera per musica e danza 
(su musica di Nicola Sani)
Edizioni Suvini Zerboni 1997


La poesia di Ezra Pound si intitola La Soffitta ed è stata tradotta da Cristina Campo nella raccolta La tigre assenza


The Garrett



Come, let us pity those who are better off than we are.
Come, my friend, and remember
that the rich have butlers and no friends,
And we have friends and no butlers.
Come, let us pity the married and the unmarried.

Dawn enters with little feet
like a gilded Pavlova
And I am near my desire.
Nor has life in it aught better
Than this hour of clear coolness
the hour of waking together.

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