Rispondere,
non rispondere, andare e tornare.
La città mi
chiama e cerco di ignorarla, ma non è facile. Passano ancora molte ambulanze, i
passanti, qui nel quartiere, sono radi.
Ho lasciato le
Montagne della Nebbia e tutti i miei ospiti nella casa affollata.
Hanno tutti
molto da fare e non sentiranno la mia mancanza.
Così sono
scivolata oltre il giardino e mi sono ritrovata nella città assediata dai
pioppi in fiore e dal profumo dei gelsomini che dà alla testa.
Pochi giorni
fa era ancora inverno, sfrangiato appena da una timida primavera pallida e
incerta.
Oggi è estate,
piena estate. Così seguo il profumo dei gelsomini, mi fermo a fotografare le
chiome degli alberi, la via dei gelsomini è da sempre poco frequentata. Così posso
arrivare sino alla villa i cui muri e cancelli sono interamente nascosti dalle piante fiorite. È un rito passare a salutarli anche quando non sono fioriti. I gelsomini
dell’anno passato dormono nei sogni delle foglie, quelli dell’anno che verrà
dormono nei miei di sogni. Fioriscono sempre entro la prima decade di maggio e
anche quest’anno non hanno tradito le mie aspettative.
Il profumo è
inebriante, tolgo la mascherina e affondo il viso tra i fiori. I ricordi
arrivano alla rinfusa, le speranze dimenticate anche. Non è facile trovare
parole per dare un senso a queste giornate e al futuro. Non è facile ma io lo
trovo ogni giorno nella poesia e nell’amore che sono strettamente legati e
insieme danno forma alla speranza.
Non so quanto
tempo sono rimasta a respirare quel profumo delizioso che ha evocato decine di
immagini legate a luoghi dove sono stata. Potrei scrivere un alfabeto dei
luoghi che ho amato. Per chi avrebbe senso se non solo per me stessa? Ma sono
domande oziose perché quando si scrive si spera sempre di trovare una, una
persona almeno, che leggerà le nostre parole e sentirà lo stesso brivido che
noi abbiamo avuto scrivendole.
“Poiché non
sappiamo quando moriremo, si è portati a credere che la vita sia un pozzo
inesauribile; però tutto accade solo un certo numero di volte, un numero minimo
di volte.
Quante volte
vi ricorderete di un certo pomeriggio della vostra infanzia? Un pomeriggio che
è così profondamente parte di voi che, senza, neanche riuscireste a concepire
la vostra vita; forse altre quattro o cinque volte, forse nemmeno. Quante altre
volte guarderete levarsi la luna? Forse venti. Eppure, tutto sembra senza
limite”.
Io sento così
forte in me questo pozzo inesauribile, la forza senza limite del gelsomino
fiorito che profuma l’aria della sera, il profumo delle rose che fioriscono
senza saperlo.
I fiori non si
danno pena per ogni giorno che arriva, fioriscono e profumano. Con i loro
colori rallegrano la nostra vista. Noi siamo sensibili a ogni minima variazione
di intensità sia di profumo che di colore, siamo sensibili alle foglie e alla
brezza anche se la nostra prima fioritura appartiene al passato. Molte si sono
susseguite nel corso degli anni einsiste in noi la vita ad amare il profumo
dei gelsomini e delle rose. Insiste nell'invitarci all'amore che continua a
essere una risposta a molte domande.
Sfioro la mia
mano bambina, il tempo spalancato del futuro e sono qui e lì nello stesso
momento.
Altri luoghi
Quasi al fondo della strada mi afferra
il profumo
dei gelsomini e il cielo
si
allarga di un azzurro improvviso
Questa
è la città di pietra che mi sfila
il
grano dei giorni e nel buio offre
riparo
e sollievo agli assenti
Quindi
è il vento portato dai rami
a
strapparmi i giornali intonsi e
mi
spinge a guardare la casa assopita
Quello
del pesce è profumo
della
città mediterranea che
si
alza nel tempo e divora
le
terre, le distanze, i confini.
Questa poesia è tratta dalla mia prima raccolta Il calvario della rosa, Moretti&Vitali 2004
La citazione è il monologo finale dal film Il tè nel deserto di Bernardo Bertolucci, tratto dall’omonimo
romanzo di Paul Bowles.
I gelsomini sono proprio quei gelsomini.
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