sabato 9 maggio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/62: il gelsomino fiorito e la città assediata


Rispondere, non rispondere, andare e tornare.

La città mi chiama e cerco di ignorarla, ma non è facile. Passano ancora molte ambulanze, i passanti, qui nel quartiere, sono radi.

Ho lasciato le Montagne della Nebbia e tutti i miei ospiti nella casa affollata. 

Hanno tutti molto da fare e non sentiranno la mia mancanza.

Così sono scivolata oltre il giardino e mi sono ritrovata nella città assediata dai pioppi in fiore e dal profumo dei gelsomini che dà alla testa.

Pochi giorni fa era ancora inverno, sfrangiato appena da una timida primavera pallida e incerta.

Oggi è estate, piena estate. Così seguo il profumo dei gelsomini, mi fermo a fotografare le chiome degli alberi, la via dei gelsomini è da sempre poco frequentata. Così posso arrivare sino alla villa i cui muri e cancelli sono interamente nascosti dalle piante fiorite. È un rito passare a salutarli anche quando non sono fioriti. I gelsomini dell’anno passato dormono nei sogni delle foglie, quelli dell’anno che verrà dormono nei miei di sogni. Fioriscono sempre entro la prima decade di maggio e anche quest’anno non hanno tradito le mie aspettative.

Il profumo è inebriante, tolgo la mascherina e affondo il viso tra i fiori. I ricordi arrivano alla rinfusa, le speranze dimenticate anche. Non è facile trovare parole per dare un senso a queste giornate e al futuro. Non è facile ma io lo trovo ogni giorno nella poesia e nell’amore che sono strettamente legati e insieme danno forma alla speranza.

Non so quanto tempo sono rimasta a respirare quel profumo delizioso che ha evocato decine di immagini legate a luoghi dove sono stata. Potrei scrivere un alfabeto dei luoghi che ho amato. Per chi avrebbe senso se non solo per me stessa? Ma sono domande oziose perché quando si scrive si spera sempre di trovare una, una persona almeno, che leggerà le nostre parole e sentirà lo stesso brivido che noi abbiamo avuto scrivendole.


“Poiché non sappiamo quando moriremo, si è portati a credere che la vita sia un pozzo inesauribile; però tutto accade solo un certo numero di volte, un numero minimo di volte.
Quante volte vi ricorderete di un certo pomeriggio della vostra infanzia? Un pomeriggio che è così profondamente parte di voi che, senza, neanche riuscireste a concepire la vostra vita; forse altre quattro o cinque volte, forse nemmeno. Quante altre volte guarderete levarsi la luna? Forse venti. Eppure, tutto sembra senza limite”.


Io sento così forte in me questo pozzo inesauribile, la forza senza limite del gelsomino fiorito che profuma l’aria della sera, il profumo delle rose che fioriscono senza saperlo.

I fiori non si danno pena per ogni giorno che arriva, fioriscono e profumano. Con i loro colori rallegrano la nostra vista. Noi siamo sensibili a ogni minima variazione di intensità sia di profumo che di colore, siamo sensibili alle foglie e alla brezza anche se la nostra prima fioritura appartiene al passato. Molte si sono susseguite nel corso degli anni einsiste in noi la vita ad amare il profumo dei gelsomini e delle rose. Insiste nell'invitarci all'amore che continua a essere una risposta a molte domande.

Sfioro la mia mano bambina, il tempo spalancato del futuro e sono qui e lì nello stesso momento.


Altri luoghi
Quasi al fondo della strada mi afferra
il profumo dei gelsomini e il cielo
si allarga di un azzurro improvviso

Questa è la città di pietra che mi sfila
il grano dei giorni e nel buio offre
riparo e sollievo agli assenti

Quindi è il vento portato dai rami
a strapparmi i giornali intonsi e
mi spinge a guardare la casa assopita

Quello del pesce è profumo 
della città mediterranea che
si alza nel tempo e divora

le terre, le distanze, i confini.


Questa poesia è tratta dalla mia prima raccolta Il calvario della rosa, Moretti&Vitali 2004
La citazione è il monologo finale dal film Il tè nel deserto di Bernardo Bertolucci, tratto dall’omonimo romanzo di Paul Bowles.
I gelsomini sono proprio quei gelsomini.



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