Ci fu un giorno in cui
tutti si svegliarono parlando una lingua diversa.
I papaveri
gorgheggiavano un canto d’usignolo.
Il vento pioveva acqua
che non era sua, ma solo un prestito del fiume.
Gli uccellini sui rami
dell’albero bellissimo cantavano in greco.
Lo scrittore scriveva
tracciando segni sull'asfalto, un passo dopo l’altro, usando il piede come un
pennino.
I lupi cinguettavano
parole d’amore nella lingua di Borges.
La sacerdotessa
lasciava code di fuoco sorgere nell'aria e il cielo la capiva.
Il re regnava nel suo
giardino sognando ribes e fichi maturi, una lingua dolce che mitigava il
ricordo della regina ancora lontana.
Le aquile declinavano
le nuvole con le ali spiegate senza muoversi dal nido.
Il poeta tracciava
simboli con fumo e caffè, una lingua nasceva sul suo taccuino, una lingua
moriva nelle sue intenzioni.
Le stelle scesero dal carro e si sparpagliarono per la brughiera ridendo.
Furono le nuvole a gridare
per prime: avevano la mia voce che solo tu hai riconosciuto.
Il vento le seguì nel
canto per pronunciare quel nome caro e misterioso che io sola conosco.
Mentre balbettavo
le prime sillabe di una lingua a me ignota.
Mentre compitavo con
mano incerta l’alfabeto su un quaderno nuovo, un gatto rosso attraversò il
sentiero e sussurrò: “il grande segreto è proprio questo: il pensiero si crea
nella bocca”.
Solo la poetessa si
girò a guardarci, era in piena fioritura come un gelsomino di Spagna.
Lanciò verso di noi una
manciata di fiori ubriachi di luce e desiderio e ogni fiore era universo.
Parlarono tutti
insieme cantando le lodi dei poeti e degli innamorati.
Felici gli amati e gli
amanti.
Felici i felici.
Questa è la lingua
nuova, questa è una poesia antica.
Le grand secret est là:
La pensée se fait dans la bouche.
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