domenica 31 maggio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/84: scegli la lavanda impazzita di luce, scegli il rosso sangue del melograno

Esiste un luogo dove tutti gli alberi sono vivi e dove ogni albero custodisce il ricordo di chi lo ha amato. Non solo le querce centenarie, gli ulivi millenari del Mediterraneo, ma anche lecci e pini, palme e carpini, abeti e aceri. Sono creature molto affettive gli alberi, nelle profondità della terra intrecciano relazioni con colonie di funghi e formiche, le fronde al vento dialogano con nuvole e rondini. Parlano, parlano senza sosta gli alberi.

Uno dei giorni migliori per parlare con un albero è la domenica, soprattutto d’estate. Meglio allontanarsi dalla città silenziosa e cercare un colloquio con l’enorme fico con non vedrò mai più. Una delle magie delle Montagne della Nebbia è proprio quella di poter evocare a proprio piacimento un albero che abbiamo amato e vederlo apparire proprio com'è nel mondo della città silenziosa.

Buon mattino maestoso fico! - ad alta voce glielo dico come se fosse sordo.

Buongiorno a te signora, a cosa devo questa visita inaspettata? – mi risponde.

Ecco, volevo solo salutarti, sono andata via l’ultima volta senza farlo, ancora non avevi perso tutte le foglie della stagione passata e il profumo della tua linfa mi avvolgeva come se fosse ancora estate. – proseguo.

Sì, ho visto che non sei tornata, ma ho anche sentito che continuavi a pensarmi, non basta sparire per non essere visto, so che mi hai amato, nella bizzarra maniera in cui voi umani amate noi vegetali. – prosegue il fico pensoso.

Ti porto nel mio cuore, ti porto nel teatro della mia mente, oggi ti ho portato qui ai piedi delle Montagne della Nebbia. Ti piace questo giardino da cui puoi contemplarle? – proseguo io, cercando di fargli accettare questo inaspettato trasloco.

Mi piace e ti ringrazio signora dai lunghi capelli neri, così come mi piaceva quando venivi a respirarmi d’estate e a staccare quei fichi rossi e mielati che ancora gli uccelli non avevano divorato. Era come ricevere un pizzicotto o un piccolo solletico quando ne staccavi uno. Vedevo come le tue belle mani dalle lunghe dita si imbrattavano e tu ti divertivi a sentire com'era appiccicoso il mio sapore e dolce il mio frutto. Abbiamo amoreggiato a lungo, mia signora. Ma quella stagione è finita e un’altra se ne apre per ciascuno di noi. Qui starò bene e sapere che mi ricordi, mi cullerà stagione dopo stagione, sino a quando non sarò troppo vecchio per quel mondo di sensi e desideri e allora resterò solo qui dove tu mi hai invitato. – continua il fico meditabondo.

Tornerò da te alla prossima pioggia, ti guarderò dalla finestra aperta, l’acqua scivolerà sulle tue foglie e insieme scintillerete quando il temporale sarà finito. – questo dico al grande albero di fico che già si sta stirando e guardando intorno, forse spera anche lui di rivedere quel bassotto che tanto abbiamo amato, chissà forse insieme riusciremo ad attirarlo qui, a rubare i fichi dai rami più bassi e poi correre in tondo, felice, per tutto il giardino.

È talmente dolce l’aria che mi avvicino ai cespugli di lavanda, dove le api sono una nuvola d’oro e il profumo non è solo quello del fiore ma è già di miele. Apro il mio libro e leggo le mie stesse parole.


Lunario secondo: maggio

Nel sogno il camino era
sempre acceso nel cuore
della casa mentre la pioggia
scavava tenace le sue
fondamenta. Ho conosciuto
molte vite intessute
dalla storia e ho vissuto
anche per chi non ha
avuto la grazia del tempo.
Ho attraversato il campo
e strappato i vestiti scendendo
tra le rose. Di nuovo sarà
il maggio odoroso. Saremo
lievi, api gioiose e un po’
ubriache, sarà il miele, sarà
il tuo arrivo a scegliere
i petali e a darmi il respiro.
Sarà luce priva di artigli
e nuvola in cammino nel
giusto orizzonte privo
di cielo.

Da quel giardino che ho perduto e ricreato qui nel mio angolo sull'Altipiano, vado a passeggiare sul sentiero delle querce dove tante volte sono stata con i miei amici più cari. Ora, lungo i due crinali, è tutto un fiorire di papaveri, quelli che ho raccolto in una primavera sfuggita nel tempo, dormono tra le parole di un grande poeta. Papavero e memoria, papaveri e parole, eccomi torno a voi con questa poesia.


Le spighe immobili del tempo

Quelle rose e le ortensie,
le spighe di grano immobili
nel tempo che le ha viste
fluttuare nella luce. Di quel
tempo sono testimoni, di
un’estate che ha sconfitto
il gelo nel sole e portato
al suo culmine lo sfiorire
delle rose dimentiche dei
petali e addormentate nel
silenzio delle api, ebbro
di miele e di fiori mai sbocciati.


Il poeta mi ha seguito nella passeggiata. Si diverte molto a vedere che non rinuncio alle storie anche quando scrivo poesia.

Ho preparato delle note per te – mi dice – so che le apprezzerai. Ho scritto talmente tanto che ho bisogno di condividere quelle mie parole.

Grazie, sai che leggerò. Ogni immagine è una parola, ogni metafora un verso. Mi piace che le tue e le mie parole possano cambiare posizione e noi prospettiva parlando così tanto come facciamo, giorno dopo giorno. – gli dico quasi senza guardarlo, perché la vista non sempre ha bisogno di uno sguardo che la sostenga.

Com'è dolce quest’aria, quanto è bello il paesaggio, com'è facile respirare in tutto questo vento, come sono fortunati gli occhi che godono di tutta questa bellezza.

Come spesso accade, il poeta sembra leggere nel mio pensiero e dice di me ciò che io dicevo ai prati.


Tu che mi chiami con il mio nome segreto

Come sono fortunati gli occhi che
ti hanno guardata, alba dopo
alba, e tramonto dopo tramonto,
quel momento preciso dove
la luce muta e tu, diventi
splendente e luminosa o rifletti la luce
degli astri e della luna. Ma né il sole,
né la luna, sanno quello che il mio
sguardo vede anche con gli occhi
chiusi. Tu sei radiosa come la stella
più grande e giri nel cielo sopra
di me e mi chiami col mio nome
segreto.


Continuiamo la nostra passeggiata, la luce è sempre più morbida e il vento vibra con le nostre emozioni e possiamo scegliere se continuare fino alla casa dell’estate o aspettare ancora qualche giorno. Perché arriverà l’estate e arriveranno le risposte, forse non tutte, ma arriveranno con il grano maturo e il mio sguardo riflesso nel tuo.


È tutto qui il tempo che viene


Scegli l’estate, scegli ogni giorno aperto
sul prato, la lavanda impazzita di luce,
il rosso sangue del melograno.

Senti quanto profuma il gelsomino
notturno, quanto il glicine sia pervicace,
questo lo senti?

L’ibisco rosso si annuncia con una macchia
nel verde profondo, lacero gioca con
l’oleandro.

È tutto qui il mio giardino, è tutto qui
il tempo che viene.




Le poesie di questa cronaca sono mie.
Lunario secondo: maggio e Le spighe immobili del tempo sono tratte dalla raccolta Scrivere il vento. Atì editore 2016.
Tu che mi chiami con il mio nome segreto è inedita e l’ho scritta apposta per questa cronaca.
È tutto qui il tempo che viene è tratta dalla mia ultima raccolta Un’estate invincibile. Atì editore 2019.

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