domenica 3 maggio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/56: non voglio raccontare una storia, ma il suo segreto

C’era una cerva, mi disse il re prima ancora di entrare nella casa affollata. 
L’abbiamo vista correre, io e i lupi, nel sottobosco proprio ai piedi delle Montagne della Nebbia.

Intendi nel Bosco delle Onde? È lì che l’avete incontrata?

Sì, mi risponde il re, è proprio nelle radure di quel bosco che l’abbiamo vista balzare da una zona d’ombra all’altra. I lupi non hanno neanche provato a cacciarla, come me la guardavano incantati.

Non possono cacciare una creatura che è per metà ancora umana, anche lei come i lupi, di notte, torna a essere la giovane donna che sta cercando di sfuggire a un destino i cui confini ha già intravisto.

Si sta abituando a perdere la voce e l’uso delle parole, per questo corre cercando di confondersi con l’ombra, e dove una volta c’era il verde ora è diventato tutto scuro.

La notte viene spesso a trovarmi e mi racconta la sua infanzia, sai che è sempre l’infanzia l’ultimo ricordo che ci lascia?

Qui sull’Altipiano della Luna il tempo non esiste mio re e neanche la realtà, come pensiamo di averla conosciuta.

Qui possiamo essere giovani e vecchi allo stesso tempo, possiamo essere non ancora nati o già morti.

Qui possiamo scegliere la nostra forma, il corpo, la chioma dei rami se vogliamo essere albero, la forza delle zampe se vogliamo correre, la potenza della voce se vogliamo ululare.

I lupi scelgono spesso di diventare umani e sono giovani e belli, di fattezze eleganti e sensuali.

Lei ha lunghissimi capelli neri che le scendono sino ai fianchi, lui occhi verdi che si incendiano alla luce del sole.

Li ho visti parlare con la giovane cerva, li ho visti ridere, lei cerca di sfuggire a un destino che già conosce, l’unica sua consolazione è che sa di poter ritornare a correre nel bosco o nei vicoli del suo paese perdendo i fiocchi dalle sue lunghe trecce.

Come sai tutte queste storie? Mi chiede ancora il re.

Gli rispondo con una citazione dal libro Marguerite di Sandra Petrignani:

“Si sente uno scroscio d'acqua, cade una foglia con un rumore lieve. La luce cambia in continuazione. Ora una nuvola ha gettato un'ombra nella stanza.
Nei libri invece si procede per successione, come se le cose accadessero in sequenza, ordinatamente e non insieme; mentre dentro e fuori le persone, le cose si affastellano, i pensieri si mescolano. Io voglio scrivere così: non voglio più raccontare una storia, ma il suo segreto”.

Il segreto di una storia è custodito nella voce di chi la sta vivendo anche in segreto.

Non importa se nella vita che chiamano reale oppure qui, ai piedi delle Montagne della Nebbia dove regna l’Immaginazione.

Il re chiama i lupi che arrivano ridendo, sono i due giovani che ho descritto poco fa.

Non hanno voglia di farsi lupi questa sera, girano intorno alla casa affollata e si avviano verso la spiaggia che convive con le nuvole di questo Altipiano.

“Una luce radente spianava il mare e lo sollevava nelle insenature; anche al largo esso si alzava sino a cozzare contro il cielo. Un altro mare, d’ombra, scendeva dalle catene rocciose”.

Questo luogo è già esistito nel libro L’angelo di Avrigue di Francesco Biamonti, per questo non mi stupisco di questo mare cui non avevo mai dato molta attenzione.

Resto fuori in giardino, approfitto della giornata di sole, ci sono cose che devo fare per la casa e cose che devo fare per i libri. Come sempre è una poesia scivolata giù dal suo volume che risponde alla mia silenziosa domanda, Lorand Gaspar è tradotto da Maria Luisa Vezzali e il titolo del libro Conoscenza della luce, è consono a questa giornata.


Giorno di bucato per le parole
odore d’erba e di lenzuola strizzate
si può toccare con mano la luce
dei passi nel vapore che sale
nebbie e montagne del corpo cieco
il pensiero ricama all'ombra della pelle
volo di gru altissimo nel giorno
sciabordio d’acqua di notte senza vento –


Jour de lessive pour les mots
odeur d’herbe et de draps essorés
on peut toucher des mains la lumière 
des pas dans la vapeur qui monte
brumes et montagnes du corps aveugle
la pensé tricote à l’ombre de la peau
vol de grues très haut dans le jour
clapotis d’eau de nuit sans vent –

Tu continui a divagare, mi rimprovera il re, non riesco a fermare la tua attenzione sulle mie parole.

Hai ragione – gli rispondo – ma devo lasciare che ogni attimo scelga la propria voce, non sono io che decido, io metto a disposizione un taccuino e la mano.

Il poeta annuisce, seduto nel suo angolo di sogni e sillabe, ha un taccuino identico al mio e smette solo per un istante di scrivere.
I lupi sono tornati lupi, dopo un lungo bagno nel mare tiepido del Golfo della Roccia Nera.

Si scrollano di dosso l’acqua e le minuscole gocce irrorano tutti noi che ridiamo all'unisono.

Manca una voce a questa compagnia, è la regina. Ci muoviamo come su di una scacchiera e senza la regina il gioco è impossibile.

Arriverà – mi dice il poeta che sa leggermi i pensieri – le regine scelgono sempre il re dove ritornare e il suo reame viaggia a dorso di cammello da alcuni secoli ormai. 

Porterà qui i suoi tesori di carta e inchiostro come faceva nel X secolo Abdul Kassem Ismael, Gran Visir del regno di Persia che, per non far confusione con la sua collezione di 117.000 volumi, quando se li portava in viaggio, li faceva caricare su una carovana di quattrocento cammelli che dovevano marciare in ordine alfabetico.

Questa storia la racconta Alberto Manguel nel libro Una storia della lettura

Chissà se l’ha mai raccontata a Borges quando si sono conosciuti, chissà dove sono finiti i volumi del Gran Visir, chiedo a voce alta.

Tutti i libri, ogni libro, quando una biblioteca per i più svariati motivi sopravvive al suo creatore, sono destinati a una galleria della biblioteca di Babele.

Domani andremo a farci un giro - dico al re e al poeta - possiedo tesori che non vorrei lasciare alla furia dei venti invernali. Verrete con me e li porteremo in salvo. I lupi resteranno a custodire la casa mentre saremo via.

La lupa, che stava leccando con devozione il muso del lupo, si ferma per un attimo e i suoi occhi scintillano. Mi dice con voce umana di non darmi pena per i libri, che possono anche restare nella casa affollata che è già parte dell’immensa biblioteca e mi indica con la sua zampa bianca la porta angolare che sta tra due pareti e che non è molto visibile perché si erge all’incrocio tra la luce dell’alba e quella del crepuscolo.

E la regina? La regina prima o poi arriverà, qui dobbiamo solo continuare a raccontarci le nostre storie.

E a scrivere poesie.

E a leggere poesie.


L’ombra della terra

L’ombra della terra è più
vasta dello spazio, oltrepassa
il pallore lunare e cattura
al sole un fascio di raggi:
quale altro mietitore
agirebbe con questa
sovrabbondanza di luce?
Il miracolo è l’ombra
di cui siamo materia
non il sole che brilla
senza sapere come
il tempo ci passa
attraverso.

Elena Petrassi
Scrivere il vento
Atì editore 2016

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