Scrivo a lume di candela, più
tardi copierò se l’elettricità sarà tornata, se sarò riuscita a scrivere in
questa atmosfera rarefatta dove le fiammelle danzano seguendo un valzer segreto
e io mi esercito a questa piccola privazione della luce, io che sono
ossessionata dalla dialettica tra luce e ombra e tutta la mia poesia ne è
attraversata.
Non sono ancora andata
nella Casa delle Parole, immagino che lì stiano tutti bene, le regole fisiche e
metafisiche di questa forma della realtà sono diverse lì, ai piedi delle
Montagne della Nebbia. Vorrei che almeno i lupi fossero qui a farmi compagnia,
ma oggi è stata una giornata piena di silenzio e nuvole, di una luce diradata,
oscurata dal cattivo tempo, impregnata dalla pioggia violenta che ha scosso la
città la scorsa notte.
Prima riflessione, il
nostro è un mondo complesso e al contempo fragile. Senza elettricità niente
telefono cellulare, Internet, telefono fisso, acqua calda. Tutte comodità che
diamo per scontate ma che basta un temporale violentissimo a dissolvere. Quando
la luce è tornata intorno alle 21, cioè diciotto ore dopo l’inizio del blackout,
molti dei miei vicini si sono affacciati dalle ringhiere a battere le mani e a
esultare. Sono uscita anch'io e ho salutato le vicine dell’ultimo piano che
stavano fuori con i loro cani enormi e festanti.
Seconda riflessione, posso
abituarmi, anzi riabituarmi a vivere senza la maggior parte degli oggetti
tecnologici così preziosi. Tablet, cellulare, Internet, torno ai tempi dell’infanzia
in cui c’erano i telefoni duplex e in casa si usavano candele a bassa intensità
per consumare poca energia. In vacanza ho vissuto in case senza acqua corrente
e i cui bagni erano in cortili anche distanti. Posso abituarmi a vivere una
vita fatta di poche cose, perché per scrivere non c’è bisogno di molto.
Poco, mi serve.
Una crosta di pane,
un ditale di latte,
e questo cielo
e queste nuvole.
Questa giornata mi ha
concesso una discesa ancora più profonda e vasta in me e nella mia
immaginazione, ho riletto molta poesia per poter scegliere cosa intrecciare in
questa Cronaca e questa è la seconda poesia che ho scelto
Dentro
di noi c’è un così profondo silenzio
Nessun
respiro più.
Come
quando il vento del mattino
ha
avuto ragione
dell’ultima
candela.
Dentro
di noi c’è un così profondo silenzio
che una
cometa
diretta
verso la notte delle figlie delle nostre figlie,
la
sentiremmo.
Mi
stavo preparando a una notte insonne perché ho dormito nel pomeriggio avvolta
in una luce tenue che ancora di più mi ha fatto sentire la mancanza della tua voce,
perché volevo scrivere come facevano i poeti un tempo e poi la luce è tornata,
il disagio si è ritirato. Ho spento le candele, ho acceso il computer, ti ho
telefonato e che allegria sentire la tua voce così cara e amata.
Saluto i
poeti, le candele, i miei lettori, scelgo un libro da leggere prima di dormire,
un’ultima poesia per salutare la notte che viene.
...
perch’io, che nella notte abito solo,
anch’io,
di notte, strusciando un cerino
sul
muro, accendo cauto una candela
bianca
nella mia mente − apro una vela
timida
nella tenebra, e il pennino
strusciando
che mi scricchiola, anch’io scrivo
e
riscrivo in silenzio e a lungo il pianto
che mi
bagna la mente...
Questa poesia è di Giorgio Caproni, tratta da
Il seme del piangere, Garzanti 1959
Poco mi serve è una poesia di Velimir Chlebnikov
47 poesie
facili e una difficile
a cura di
Paolo Nori
Quodlibet 2009
La prima poesia è di Philippe Jaccottet
Alla luce d'inverno
Pensieri sotto le nuvole
traduzione di Fabio Pusterla
Marcos y Marcos 1997
Plus aucun
souffle.
Comme quand le
vent du matin
a eu raison
de la dernière bougie.
Il y a en nous un si profond silence
qu’une comète
en route vers
la nuit des filles de nos filles,
nous l’entendrions.
Nessun commento:
Posta un commento