Ma questo
accade nelle favole, non nella città silenziosa, non ai piedi delle Montagne
della Nebbia.
È arrivata! È
arrivata la regina! È arrivata a piedi e scalza, con i lunghi capelli sciolti
sulle spalle, un abito cremisi e uno scialle di veli intrecciati che smuoveva
il vento e la faceva apparire e sparire alla nostra vista, perché i veli prendono
il colore dello sfondo e la regina sembrava sbucare prima dalle nuvole, poi dal
bosco, poi dal giardino, poi dal muro della casa e infine dai cespugli della
brughiera. Prima che il re riuscisse ad avvicinarsi, i lupi e le aquile si sono
disposti a semicerchio intorno a lei. Le tigri dal mantello cangiante quanto il
suo scialle si sono sdraiate accanto ai lupi e tutto è diventato silenzio e
tutto era attesa.
La
narratrice, cioè io, e il poeta abbiamo smesso di scrivere e abbiamo iniziato ad
aspettare. La sacerdotessa e il guerriero sapiente sono usciti dalla Casa delle
Parole, in processione per introdurre il re. Il guerriero è andato a prenderla
e gentilmente l’ha accompagnata dal suo sposo.
Dai racconti
della sacerdotessa ho appreso che sono sposati da millenni e che da millenni si
inseguono perché un incantesimo li tiene lontani. Doveva capitare che il tempo
si fermasse in tutti i mondi e le aquile rispondessero al richiamo della
sacerdotessa e alle implorazioni della mia voce. Il guerriero ha aperto la
strada per il suo ritorno, non ha neanche dovuto combattere i draghi della
notte che il silenzio estremo delle settimane passate ha fatto cadere in un
sonno profondo. Ora la nostra misteriosa amica cercherà di spezzare quell'incantesimo
e per farlo avrà bisogno di ciascuno di noi, della narratrice con il poeta, di
se stessa con il guerriero, del re e della regina, delle coppie gioiose di
lupi, aquile e tigri. Anche del puledro e della volpe che parlano la mia stessa
lingua.
Felici siamo
felici quassù, sull'Altipiano della Luna, perché i mondi si sono avvicinati, perché
memoria e immaginazione creano insieme, perché le mie parole si intrecciano con
quelle del poeta, perché la sacerdotessa studia con il suo sapiente guerriero, perché
il re finalmente si è avvicinato alla sua regina seguito dalla corte delle
lettere che ha scritto per lei senza poterle spedire, le serenate e le aubade che
le ha scritto nei secoli e che ci ha letto sera dopo sera durante la sua attesa
infinita.
Mi chiedo
cosa accadrà adesso che sono finalmente insieme. Li guardo mentre si
avvicinano, si abbracciano guardandosi negli occhi, si baciano mentre i veli
della regina avvolgono entrambi ed entrambi spariscono dietro le folate di
vento e le nebbie che scendono verso l’Altipiano.
Forse è vero,
davvero, che l’amore è più forte di ogni cosa, che l’amore vince il tempo e le
distanze. Per discrezione mi allontano dalla brughiera, mentre ciascuno
riprende le attività prevalenti: i lupi strofinano i musi e corrono, le tigri
vanno a fare il bagno, le aquile tornano nel loro nido, la sacerdotessa e il
guerriero sapiente sono già chini sui loro libri. Solo il poeta se ne torna con
me nella città che era silenziosa.
Vorrei scrivere
la storia del re e della regina – gli dico.
E io una poesia
– mi risponde.
Mi siedo dall'altro
lato del tavolino e apro il mio quaderno, lui fa altrettanto con uno dei suoi
taccuini intonsi.
Come passa
veloce il tempo quando si scrive, com'è bello avere una prima versione compiuta
per poterla correggere, come mi piace ricominciare e vedere cosa succede.
Il poeta
sorride, sa di cosa sto parlando.
Parlo di te,
anche quando non
pronuncio il
tuo nome, sei tu
che leghi ogni
lettera dell’alfabeto
a creare
sillaba dopo sillaba, è
la tua mano
che traccia i segni
sulla carta e
i segni sono poesia
anche nelle
lingue che non
conosciamo. Sei
tu l’alba gioiosa
che mi viene
incontro e sei tu
la notte
profumata dai gelsomini.
Scrivo di te
senza che il tuo nome
risuoni, mi
piace ascoltare il suono
della tua
voce che legge le poesie
per me e il
vento. Sei tu che crei
il silenzio
tra le parole e io ne
bevo come a
una fonte e le mie
parole pure con
quest’acqua
mistica
trovano ristoro.
Taccio, non
parlo e non scrivo.
Ti guardo, mi
sorridi. L’ultima
parola è
sempre quella: sono
arrivata,
amore.
Ma questa
poesia non è per il re e la regina – mi dici.
No, è una
poesia per tutti coloro che amano e scrivono, per tutti coloro che soffrono la
lontananza e hanno paura del futuro. Ma attraversano il fuoco e alimentano la
fiamma del silenzio. I poeti possono custodire le parole e lasciarle andare
allo stesso tempo, possono stringere il silenzio contro il petto e sentirlo
palpitare e, poi, vederlo scappare via con i lupi nel buio della notte che
viene.
La poesia dà il titolo a questa Cronaca 81: sei tu che stringi il silenzio, tu che tieni sillabe e parole e l’ho scritta appositamente oggi 28 maggio dell'anno 2020, nel tardo pomeriggio.
Nessun commento:
Posta un commento