mercoledì 20 maggio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/73: scrivere è la musica del corpo


Mi duole la città oggi, mi duole a causa del rumore, dell’aria calda della tarda primavera già vestita d’estate. Mi dolgono gli uccellini che cantano nelle gabbie e anche quelli nei nidi sull'albero bellissimo. I pioppi hanno ripreso la fioritura dove l’avevano interrotta prima delle piogge, il gelsomino impregna ogni refolo di vento e io non so proprio cosa scrivere oggi se non di questa sensazione di non conoscere più la mia città e i suoi abitanti.

Il quaderno delle citazioni me ne offre una interessante di Amal Hanano, blogger e scrittrice siriana che scrive sotto pseudonimo:

“Ogni città è sospesa tra realtà e immaginazione, governata da leggi assurde, con l'effetto di ricordare al lettore che una città può essere assorbita solo attraverso brevi sguardi, ciascuno dei quali si fissa a un oggetto, una storia o un ricordo”.

Brevi sguardi, un oggetto, una storia o un ricordo, una città sospesa tra realtà e immaginazione, sembra proprio che queste parole siano state scritte per me che vago tra almeno due mondi e due dimensioni. So che da qualche parte ai piedi delle Montagne della Nebbia c’è una città che non ho ancora visitato, so che anche in cima alle Montagne c’è una città fortificata. E un’altra città si apre sul mare proprio oltre il giardino della Casa delle Parole.
Non ho che l’imbarazzo della scelta e prima o poi andrò a consultare Italo Calvino e le sue città invisibili.

Ma oggi l’unico rimedio a questa inquietudine è camminare, perché l’idea di dover restare intrappolata nei confini della Lombardia comincia a essere più che un pensiero ma una probabilità, con i numeri di nuovi contagi e decessi chi mai dovrebbe volere noi lombardi in giro per il proprio territorio? Tutto quello che posso fare è andare a zonzo con Paul Auster e così esco di casa:

“Per fare quello che fai hai bisogno di camminare. È camminare che ti porta le parole, che ti permette di sentire il ritmo delle parole mentre le scrivi nella tua mente. Un piede avanti, poi l’altro piede, il doppio battito di tamburo del tuo cuore. Due occhi, due orecchie, due braccia, due gambe, due piedi. Questo, e poi quello. Quello, e poi questo. Scrivere incomincia nel corpo, è la musica del corpo, e anche se le parole hanno significato, possono a volte avere significato, è nella musica delle parole che i significati hanno inizio. Siedi alla tua scrivania per scrivere le parole, ma nella mente stai ancora camminando, sempre camminando, e quello che senti è il ritmo del tuo cuore, il battito del tuo cuore. Mandel'štam: “Mi chiedo quante paia di sandali avrà consumato Dante mentre lavorava alla Commedia”. Scrivere come forma minore di danza”.

Cammino, mi fermo, cerco una panchina, leggo un paio di pagine, mi distraggo ricomincio a camminare. Quanti passi per arrivare sino a casa tua? Quanti passi per vedere le tue piante e il tuo giardino? I tuoi occhi diventano l’approdo ai miei e mi distraggo dalla passeggiata e torno a casa per scrivere, ma il cammino e quei passi che non posso contare mi danno la direzione per questa Cronaca recalcitrante. Cerco una poesia per congedarmi e continuare a pensare ai tuoi occhi che la realtà tiene lontano dai miei.

Una poesia è sempre una risposta anche se nessuno ha ancora formulato la domanda.


Il mondo è come appare
dinanzi ai miei cinque sensi,
e dinanzi ai tuoi che sono
come l'approdo dei miei.
Nostro non è il mondo
degli altri: non è lo stesso.
Letto dell'acqua ch'io sono,
tu, noi due, siamo il fiume
che laddove è più profondo
più lento e limpido appare.
Immagini della vita:
via via che le riceviamo,
ci accolgono consegnate
più strettamente a un ritmo.
Ma le cose si formano
coi nostri stessi deliri.
L'aria ha la dimensione
del cuore che io respiro
e il sole è come la luce
con la quale io lo sfido.
Agli occhi degli altri, ciechi,
oscuri, sempre deboli,
guardiamo all'interno sempre,
vediamo dal più intimo.
Fatica e amore mi costa
così con me, con te vedere;
apparire, come l'acqua
con la sabbia, sempre uniti.
Nessuno mi vedrà intero,
nessuno è come lo guardo.
Siamo più di ciò che vediamo,
meno di ciò che indaghiamo.
Qualche vicenda di tutti
inavvertita trascorre.
Nessuno ci ha veduti.
Ciechi di tanto vedere,
nessuno abbiamo veduto.

Miguel Hernandez


El mundo es como aparece
ante mis cinco sentidos,
y ante los tuyos que son
las orillas de los míos.
El mundo de los demás
no es el nuestro: no es el mismo.
Lecho del agua que soy,
tú, los dos, somos el río
donde cuanto más profundo
se ve más despacio y límpido.
Imágenes de la vida:
cada vez las recibimos,
nos reciben entregados
más unidamente a un ritmo.
Pero las cosas se forman
con nuestros propios delirios.
El aire tiene el tamaño
del corazón que respiro
y el sol es como la luz
con que yo le desafío.
Ciegos para los demás,
oscuros, siempre remisos,
miramos siempre hacia adentro,
vemos desde lo más íntimo.
Trabajo y amor me cuesta
conmigo así, ver contigo:
aparecer, como el agua
con la arena, siempre unidos.
Nadie me verá del todo
ni es nadie como lo miro.
Somos algo más que vemos,
algo menos que inquirimos.
Algún suceso de todos
pasa desapercibido.
Nadie nos ha visto. A nadie
ciegos de ver, hemos visto.


Le prime due citazioni sono tratte da

Amal Hanano 
Aleppo città invisibile
su Internazionale 980 del 21 dicembre 2012

Paul Auster 
Diario d'inverno
traduzione di Massimo Bocchiola
Einaudi 2012

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