martedì 12 maggio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/65: Invisibile ma chiaro, il solo amore


Chiedete a una donna di raccontarvi una storia d’amore e vi parlerà di fughe, cadute e redenzioni.

Chiedete a un uomo di parlarvi di una storia d’amore e vi parlerà di inseguimenti, fame e conquista.

Non sono luoghi comuni, o forse lo sono, ma affondano le radici in una storia condivisa dove le parti sembrano più occupate a recitare ruoli consolidati, noti e stanchi che avventurarsi nell’oceano sconosciuto di un amore nuovo.

Ne parlo con i lupi e il loro amore non ha bisogno di essere detto, le pellicce sono intessute di fiori e profumi, gli occhi scintillano e a ogni passo uno dei due intreccia una zampa con la zampa dell’altro, tocca il muso con il suo muso e si stringe al fianco perché due lupi innamorati sono una forza che nessun inverno può scalfire, solo la primavera sa attirarli fuori dalla loro tana e spingerli a giocare nella brughiera.

I lupi sono animali felici.

Il poeta è sempre seduto al tavolino, scrive, cancella, corregge e poi ricomincia da capo.
Scegliere l’amore come soggetto di una poesia è sin troppo facile – mi dice –, preferisco scavare nell’ombra ignota e cercare dove si è nascosta la musa che io amo. Niente è più pericoloso di una musa recalcitrante – mi dice –, meglio cercare una collaborazione e continuare a scrivere e cancellare, sino a quando non mi verrà la nausea per le mie stesse parole e allora, solo allora, quando sentirò che la matita è esausta, che il foglio non sopporterebbe un’ultima cancellatura, allora saprò che la poesia è finita e potrò lasciarla andare come una foglia nel vento. Della sua musa non mi dice il nome, dice invece che ormai dovrei saperlo e dovrei averlo imparato a memoria insieme all’ultima aubade che le ha dedicato. O almeno leggi – mi dice – il maestro indiscusso di tutte le aubade mai scritte:


Il sorgere del sole

Vecchio stolto faccendiere, sole dissennato,
perché così,
attraverso vetri e tende vieni a visitarci?
Le stagioni degli amanti devono volgere
ai tuoi movimenti?
Sfacciato dannatissimo pedante, va a strapazzare
gli scolari in ritardo, i garzoni inveleniti,
va a dire ai cacciatori: il Re vuole cavalcare,
chiama le formiche dei campi alle fatiche del raccolto,
immutabile l'amore non conosce climi e stagioni,
non giorni, mesi, e ore, del tempo solo i brandelli.

Perché pensi che i tuoi raggi
siano tanto potenti e venerandi?
Con un battito di ciglia potrei eclissarli,
obnubilarli, se non che non vorrei
non vedere lei tanto a lungo.
Se i suoi occhi non hanno accecato i tuoi,
guarda, e domani quando è tardi dimmi
se le Indie delle spezie e delle miniere
sono dove le lasciasti, o sono qui da me.
Chiedi dei Re che hai visto ieri,
ti sarà detto, che giacciono tutti qui in un letto.

Lei è tutti gli stati, io sono tutti i principi,
nient'altro esiste.
A paragone i principi non recitano che la nostra parte,
ogni onore è mimica, ogni ricchezza è alchimia.
Tu sei felice, oh sole, molto meno di noi,
in cui il mondo si è così contratto;
la tua età richiede agi, il tuo compito
è di scaldare il mondo - scaldaci, ed è fatto.
Splendi su noi e sarai dovunque,
questo letto è il tuo centro, queste pareti la tua sfera.


Il re è malinconico, sospira a sentire questa aubade perché la sua regina non è ancora arrivata. Si alza dal sofà, dove ormai vive, e va a buttare nel camino gli ultimi fogli che ha scritto. Non posso presentarle quest’ultima poesia – mi dice –, degno o non degno del suo amore io devo scintillare sulla tolda della mia nave e anche grazie alle mie parole di poesia e amore so che la regina mi riconoscerà.

La sacerdotessa è sempre la più tranquilla, lascia che la tempesta le scivoli accanto e, di nascosto, forse, scrive ancor di più del poeta e del re.
Tutti con una penna in mano in questa casa e quaderni intonsi, matite ben temperate.

So cosa stai pensando – mi dice –, la maggior parte delle persone è impegnata a vivere non certo a scrivere come si fa qui nella casa affollata. A proposito, smetti di chiamarla la casa affollata, questa dimora è degna di un nome che la contraddistingua e io ti propongo la Casa delle Parole.
Annuisco senza proferire parola, la sacerdotessa sa molto più di quanto non mi abbia raccontato e io le sono grata per la sua discreta presenza, per le preghiere e i canti che mi sta insegnando, per lo sguardo vuoto che sa riempirsi di futuro.
Le persone vivono l’amore, qualcuno lo racconta, qualcuno lo canta. È a noi assediati dai versi che i nostri simili chiedono le parole d’amore per cantare l’essere amato, la sua assenza o la lontananza. È una grande responsabilità – mi dice –, non possiamo accontentarci di parole comuni, certo le possiamo usare, ma le dobbiamo riporre nel nido della forma e soffiare quell’alito di vento che dia loro il giusto ritmo. Sei d’accordo con me – mi dice –, o frequenti altre impostazioni poetiche che non hanno seguito nel mondo delle sillabe?

La lascio a vaticinare il volo delle rondini e delle nuvole, il guerriero, o mago o viandante che aspetta prima o poi arriverà, come la regina.

Resto solo io, io da sola, la narratrice e scrivo contro il tempo, combatto l’oblio e trasformo questi istanti in parole che torneranno in vita a ogni vostra lettura. Non ho scelto di appartenere a questa schiera di insoliti scrivani, è capitato e io ho accettato la chiamata.

Per questo posso vagare nella città silenziosa allo stesso tempo che nella Casa delle Parole, e non sentire il distacco, non avere rimpianti, non cullare le disillusioni e scoprire ogni giorno nella poesia che la vita è tenace, che l’amore lo è ancora di più e sa aspettare, tessere e disfare. La poesia vive anche senza le parole dolenti e dolci degli innamorati, la città si popola anche senza desideri, la notte scende e noi viviamo in attesa di una nuova aubade, come il poeta che sa trasformare il tempo lineare e vuoto in un gorgo d’amore che illumina il giorno nuovo. La donna resta il solo mistero e il poeta se ne ammanta e si lascia bruciare.

La donna al sole

È solo che questo calore e movimento sono come
Il calore e il movimento di una donna.

Non è che ci sia un’immagine nell’aria
Né l’inizio o la fine di una forma:

C’è il vuoto. Ma una donna d’oro compatto
Ci brucia col tocco della veste.

E un’abbondanza dissociata d’essere,
Più definita per ciò che è lei -

Perché lei è disincarnata,
E porta l’odore dei campi estivi,

E confessa il taciturno e insieme indifferente,
Invisibile ma chiaro, il solo amore.


The sun rise by John Donne

Busy old fool, unruly sun,

               Why dost thou thus,
Through windows, and through curtains call on us?
Must to thy motions lovers' seasons run?
               Saucy pedantic wretch, go chide
               Late school boys and sour prentices,
         Go tell court huntsmen that the king will ride,
         Call country ants to harvest offices,
Love, all alike, no season knows nor clime,
Nor hours, days, months, which are the rags of time.

               Thy beams, so reverend and strong

               Why shouldst thou think?
I could eclipse and cloud them with a wink,
But that I would not lose her sight so long;
               If her eyes have not blinded thine,
               Look, and tomorrow late, tell me,
         Whether both th' Indias of spice and mine
         Be where thou leftst them, or lie here with me.
Ask for those kings whom thou saw'st yesterday,
And thou shalt hear, All here in one bed lay.

               She's all states, and all princes, I,

               Nothing else is.
Princes do but play us; compared to this,
All honor's mimic, all wealth alchemy.
               Thou, sun, art half as happy as we,
               In that the world's contracted thus.
         Thine age asks ease, and since thy duties be
         To warm the world, that's done in warming us.
Shine here to us, and thou art everywhere;
This bed thy center is, these walls, thy sphere.
“The Woman in Sunshine” by Wallace Stevens

It is only that this warmth and movement are like

The warmth and movement of a woman.

It is not that there is any image in the air

Nor the beginning nor end of a form:

It is empty. But a woman in threadless gold

Burns us with brushings of her dress

And a dissociated abundance of being,

More definite for what she is—

Because she is disembodied,

Bearing the odors of the summer fields,

Confessing the taciturn and yet indifferent,

Invisibly clear, the only love.


The Woman in Sunshine by Wallace Stevens è tradotta da Nadia Fusini per il volume Aurore d’autunno. Adelphi 2014


It is only that this warmth and movement are like

The warmth and movement of a woman.

It is not that there is any image in the air

Nor the beginning nor end of a form:

It is empty. But a woman in threadless gold

Burns us with brushings of her dress

And a dissociated abundance of being,

More definite for what she is—

Because she is disembodied,

Bearing the odors of the summer fields,

Confessing the taciturn and yet indifferent,

Invisibly clear, the only love.





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