Ero seduta in
riva a un corso d’acqua, il mare non era lontano, sentivo il frangersi delle
onde sulla spiaggia.
Accanto a me
una folla di giunchi si lasciava spettinare e trascinare dall’acqua in
movimento, ma era solo un’illusione ottica, al minimo scarto del vento ecco che
le cime dei rami si sollevavano e tornavano a danzare nell’aria.
Nel sogno
camminavo lungo le rive, incerta se fermarmi o arrivare al mare. Ho sentito
anche le rondini, finalmente, che davvero ieri sera sono arrivate nel mio
cortile a rinnovare i nidi, e anche un gabbiano solitario.
Il chiarore
dell’alba saliva dietro il filo dell’orizzonte, mi sono fermata e ho aspettato.
Ora che sono sveglia,
le immagini del sogno si sono depositate sulla riva della realtà e mi
interrogano.
Quei giunchi
siamo noi fermi nei nostri luoghi, sollecitati dal vento e dalla pioggia loro,
dalla chiusura al mondo noi.
Ma il giunco
sa che il vento non è più forte, che non sarà quell'aria sfrontata ad averla
vinta.
Amelia
Rosselli scriveva in Documento:
La notte era
una splendida canna di giunco
i suoi
provvisori accecamenti erano di giunco
i suoi averi
scappavano dalle mie mani
le sue
filantropie erano di giunco.
Oh potessi
avere la leggerezza della prosa
o di quel
inverno che fu così ben racchiuso
fra i tetti
impiantati: questa strada d'inverno
è come se
qualcuno l'avesse saccheggiata.
Oh potessi
realizzare le rissa degli angioli
indovinati
fra le colonne vertebrate, così
come la
strada precipita senza segno, senso
per un vuoto
putiferio per un mistico
soliloquio.
Anche la mia
notte è stata una splendida canna di giunco, così continuo a cercare nelle
parole dei poeti il senso di quel sogno e del nostro stare.
Anna
Achmatova dice che non visiterà i nostri sogni:
Ma io vi
prevengo che vivo
per l'ultima
volta.
Né come
rondine, né come acero,
né come
giunco, né come stella,
né come acqua
sorgiva,
né come suono
di campane
turberò la
gente
e non
visiterò i sogni altrui
con un gemito
insaziato.
E Federico
Garcia Lorca vede il giunco e la penombra tremare insieme:
Il campo
di ulivi
s'apre e si
chiude
come un
ventaglio.
Sull'oliveto
c'è un cielo
sommerso
e una pioggia
scura
di freddi
astri.
Tremano
giunco e penombra
sulla riva
del fiume.
S'increspa il
vento grigio.
Gli ulivi
sono carichi
di gridi.
Uno stormo
d'uccelli prigionieri
che agitano
lunghissime
code nel
buio.
Saettano le
immagini dei poeti e le loro parole, so soltanto che quei giunchi siamo noi e
in silenzio resistiamo anche se impauriti e soli.
Una rondine
si fa sentire più delle altre e io tengo in me tutte le primavere passate in
cui ho sentito lei e prima ancora i suoi genitori e i genitori dei suoi genitori.
La vita
continua nel profondo di noi, non ha bisogno di essere esibita.
Questa immobilità
forzata ci costringe a guardare all'essenziale, a interrogare i nostri cuori, a
non rimpiangere il passato, ma ad amarlo per quello che è stato e lasciarlo
andare.
Possiamo scegliere
di stare nel presente, nel respiro, nella gioia dell’istante, seguire le
rondini impazzite di luce e anticipare la stagione calda che così tanto
aneliamo.
Possiamo continuare
ad amare, anche nel chiuso delle nostre case.
Questa poesia
l’ho scritta questa mattina al risveglio e anche questo è un dono per il giorno
nuovo:
Come un
giunco è il mio amore,
si piega a
ogni vento, inchina
il capo alla
tempesta, sa che
passeranno,
pioggia e paura.
Ma il mio
giunco d’amore resta
saldo nella
sua posizione, non
teme il tempo
perché anche
il tempo
passa, non teme
il sole e il
ghiaccio, tutto
muta e trascorre,
tutto
passa, ma non
il mio giunco,
non il mio
amore che resta
saldo giorno
dopo giorno,
nel suo
angolo di mondo,
invisibile
agli occhi.
2 commenti:
Mi hai fatto pensare al cantico dei cantici!
Dopo una giornata pesante le tue parole mi hanno fatto spiccare il volo. I poeti che belle creature!
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