martedì 7 aprile 2020

Cronache dall'anno senza Carnevale/30: una scritta ancora leggibile


Nel lato notturno della vita è il regno dei sogni che ci fa sudditi e ci incanta. Sudditi e non cittadini perché non siamo noi a scegliere come entrare e come stare in quella dimensione dove i tempi sono un unico tempo e vivi e morti coabitano senza suscitare timore.

Ogni notte entriamo in punta di piedi nel regno vasto e misterioso di cui siamo anche architetti e demiurghi e possiamo al contempo stupirci e dare per scontato che nostra nonna ci venga incontro con il nostro gioco preferito, che nostro padre abbia ancora baffi e capelli neri, che nella stessa casa possiamo vedere il giorno da un lato e la notte dall’altro, come mi ha raccontato una mia amica qualche tempo fa.

Al di là delle nostre credenze psicoanalitiche o religiose, la dimensione del sogno accede a un altrove trascendente dove è più facile sentire la presenza di Dio.

Il sogno ha qualcosa di sacro di fronte a cui noi arretriamo muti e rispettosi, come ci accade a volte di fronte alla grande poesia, letteratura o arte in generale.

Non siamo diversi dalle generazioni precedenti quando affidiamo ai sogni la visione del futuro o la spiegazione plausibile di un evento passato.

Credere al potere dei sogni è affidarsi a un mare quieto e al vento leggero che lo sovrasta, consapevoli che la tempesta potrebbe infuriare in qualunque momento e il cielo farsi nero e implacabile.

Sono grata al mondo notturno, ma non meno reale di quello diurno, che mi ha portato questa notte a visitare la nuova casa di mia madre che, tutta orgogliosa, mi diceva che lì saremmo state al sicuro. Da quando lei è morta non è trascorso giorno in cui io non abbia pianto e alle lacrime per lei, per l’atroce mancanza che sento e che si è sommata a quella per mio padre, si sono aggiunte le lacrime per quanto sta accadendo al mondo. Credo che anche il cuore più duro ed esposto alle tragedie della vita, non sia rimasto indifferente a questa stasi dove ci siamo fermati tutti insieme, noi che lavoriamo in casa e tutti quelli che sono costretti a lavorare fuori, abbiamo già letto e ascoltato decine di testimonianze a questo proposito.

Mi chiedo come saranno i sogni dei miei contemporanei in attesa, con l’angoscia della caduta in gola o con lo slancio di un volo imprevisto che ci salva dallo schianto.

Non so cosa ne sarà di noi e della nostra civiltà, non so cosa penseranno di noi le generazioni future, i sogni sono premonitori in alcuni casi, prestiamoci attenzione, come quando ci capita di sognare qualcuno che conoscevamo in passato e che abbiamo perso di vista e poi, il giorno dopo, lo incontriamo per strada come se fosse la cosa più normale del mondo.

Questa sera mi congedo con una mia poesia che è ispirata a un sogno di una decade fa.


Una scritta ancora leggibile

Quando entravi nella stanza
buio a buio si inseguiva
poi un vago chiarore, una
luminescenza che non dava
forma alcuna agli oggetti
dell’uso quotidiano, immemori
e abbandonati in attesa della
vita che solo le tue mani
gli daranno. Così sono entrata
e ho strappato la vecchia tappezzeria
ho lacerato il velo del reale
ho infranto il vetro del visibile.
Tu sapevi che un giorno lo avrei fatto.
Sotto il muro è nudo e secco,
vi sono tracce di figure, le impronte
di alcune dita e la scritta ancora
leggibile così declinava:


Aloisyius fecit.


Elena Petrassi
Scrivere il vento
prima poesia della sezione
Nuvole senza memoria
Atì editore 2016

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