lunedì 27 aprile 2020

Cronache dall'anno senza Carnevale/50: la notte è ancora troppo poco notte


Sto nella casa ai piedi delle Montagne della Nebbia, sto e attizzo il fuoco. 

Dall'altro lato del camino i lupi sonnecchiano, la luna è invisibile, forse la notte non ha ancora abbastanza richiami per loro.

Ma la notte è piena di richiami per me, lo era prima ancora dell’inizio di questa clausura o quarantena. Ho sempre scritto e studiato di notte, anche quando da ragazzina avevo il pomeriggio libero da impegni scolastici. Soprattutto leggevo e poi dopo le 17 iniziavo a studiare. Ma il vero impegno iniziava dopo cena, in qualunque stagione.

La notte è sempre stata la dimensione dello studio e poi della scrittura.

Inizio questa tessitura della nuova Cronaca con una citazione dalla lettera di Franz Kafka a Felice del 14-15 gennaio 1913:

«Perciò quando si scrive non si può mai essere abbastanza soli, quando si scrive non si può avere mai abbastanza silenzio intorno, la notte è ancora troppo poco notte».

Non si è mai abbastanza soli, non c’è mai abbastanza silenzio intorno, queste sono verità che chiunque scriva conosce molto bene, e sono condizioni di vita che creano distanza tra chi scrive e chi gli vive accanto anche se è a sua volta uno scrittore.

La notte arriva silenziosa e le ore precedenti alla silenziosa pratica della scrittura somigliano sempre a quelle descritte da Virginia Woolf:

«Vorrei che tu vedessi la mia stanza in questo istante, una cupa sera invernale: i miei amati libri col dorso di pelle, così belli, ritti sugli scaffali, un bel fuoco, la luce elettrica, un'enorme massa di manoscritti, lettere, bozze, penne e inchiostri sul pavimento e un po' dappertutto. Fra una settimana ci sarà abbastanza disordine per uno sgombero generale, poi ricomincerò da capo, e poco alla volta ritornerò a una gioiosa frenesia di carta».

Si scrive sempre per un “tu”, per un “altro” reale o immaginario, anche per l’”altro” di Rimbaud, “Je est un autre”, un “altro” che è in noi, che siamo noi, ma non soltanto.

Questa esperienza dell’altro per cui scriviamo, dell’altro che si svela, ha molte attinenze con la scoperta dell’altro nelle fasi iniziali dell’amore. 

Così come scopriamo la notte e ci riveliamo attraverso la scrittura, così l’amore si svela in un silenzio che si riempie solo della voce di chi amiamo, di una notte che sarà felice perché già immaginiamo come sarà trascorrerla con la creatura su cui amore e desiderio si concentrano.

Anche se non tutta l’umanità si dedica alla scrittura, la maggior parte di noi si rivolge ai poeti quando sente l’amore sgorgare da una profondità dell’essere che prima non ci era dato conoscere.

Questo hanno in comune la scrittura e l’amato o amata: ci consentono di svelarci, di rivelarci, di scoprire il mondo, di costruire un mondo dove poter vivere insieme a chi amiamo.

Nell'amore e nella scrittura cerchiamo una pienezza dell’essere che possa trascendere la dimensione materiale e quotidiana della vita.

Amare e scrivere ci portano in un altrove dove dimentichiamo da dove siamo partiti e spesso anche dove stiamo andando.

La sillaba di una parola d’amore, di una poesia, possono arrivare alla creatura amata con la stessa potenza di un bacio o di una carezza.

È singolare questa dimensione della scrittura e dell’amore che, almeno in una fase iniziale, sembra possano fare a meno del corpo. Ma si può fare a meno del corpo? No, come è ovvio, il mondo e la sua esperienza sono un tutt'uno con il nostro corpo, con il nostro vissuto, con i nostri desideri.

Scriviamo per afferrare la bellezza del mondo, per trattenerla e poi lasciarla andare perché, come l’amore, non possiamo farla prigioniera.
L’amore è la prima esperienza di libertà che facciamo.

Quando impariamo a camminare ci sono mani amorevoli che ci sorreggono e poi ci lasciano andare se barcolliamo, così come accade quando impariamo ad andare in bicicletta, una mano ci sostiene, ci spinge, ci lascia andare. Se cadiamo saranno le mani amorevoli della madre o del padre a raccoglierci.

Nelle relazioni d’amore la libertà si manifesta nell'essersi scelti, nell'avere sentito quelle affinità elettive che ci guidano verso una persona e verso di lei soltanto.

Così avviene nella scrittura, perché si scrive sempre per qualcuno, noto, immaginato o sconosciuto.

Tu lettore, "Hypocrite lecteur, mon semblable, mon frère!" sei l’oggetto del mio amore e del mio desiderio.

Per questo scrivo di notte e ti cerco a ogni alba, perché gli amanti sanno, come lo sanno i lupi, che l’amore necessita di devozione e pazienza, non solo della furia del desiderio che sa soltanto invocare le stelle sue compagne e si placa solo quando i corpi si intrecciano.

Ma l’anima e il cuore, lo spirito e la memoria, il desiderio e l’immaginazione, tutto quello di cui siamo intessuti, tutto quello che l’argilla primordiale è diventata, sono i pazienti scriba, sono Penelope che disfa ogni notte ciò che il giorno ha imposto al telaio, sono i contadini che arano il campo e aspettano il tempo della semina. Il raccolto crescerà nel suo tempo dovuto e la pioggia avrà impregnato la terra e il sole l’avrà asciugata.

Così una nuova poesia ti avrà raggiunto nel cuore della luce, nel cuore delle ombre, nel chiarore rosato di un’alba nuova, nella violenza del sole che evoca i demoni meridiani e poi cerca la propria pace in quei pomeriggi azzurri dove soffia sempre questa brezza leggera.

Come un soffio è l’amore, come un soffio ogni poesia.

Il congedo di questa sera è una poesia breve e diretta che Carmen Yáñez scrisse per Luis Sepúlveda negli anni Novanta del Novecento. La traduzione di Roberta Bovaia fa parte del volume Paesaggio di luna fredda.

A volte la poesia e l’amore, la scrittura e il desiderio percorrono lo stesso cammino, sono un’unica cosa.

A tu per tu

I nostri universi
si potrebbero toccare.

Invece scelgo la tua bocca
come punto di riferimento
per incendiare il mio mondo
a poco a poco.

Altrimenti
esploderemmo.


Frente a frente

Nuestros universos
se podrían tocar.

En cambio elijo tu boca
como punto de referencia
para encender mi mundo
poco a poco.

de otro modo
estallaríamos.

1 commento:

Unknown ha detto...

Il testo poetico che hai "postato"oggi avvolge e conforta. Grazie Elena