domenica 5 aprile 2020

Cronache dall'anno senza Carnevale/28: nuotatori celesti, naufraghi dei cieli


Il fulmine dormiva accanto al camino spento, la terra aveva preso posto nel giardino, le nuvole si rincorrevano sulle cime degli alberi, le piogge zampillavano nella fontana.

Caterina non era stanca del suo lungo volo, era stupita di essere arrivata, soprattutto perché il sogno e l’immaginazione si erano adagiati sulla realtà e non vi erano crepe tra il desiderio solo immaginato e quello che stava provando. Lui si avvicinò, lui ha un nome segreto che non possiamo pronunciare ad alta voce, lui si avvicinò e la prese tra le braccia. Le ali splendenti si ripiegarono al suo tocco e anche gli occhi di lei diventarono, per un istante, verdi come le acque della fontana di Vaucluse.

Ogni dono contiene il suo reciproco, ogni dono è uno scambio amoroso, così lui dovette togliere il maglione perché la schiena fremeva come un puledro impazzito, e quando lo tolse sentì le giovani ali che lei gli aveva trasmesso dispiegarsi e risplendere nella luce.

Vieni, gli disse Caterina vestita di promesse, vieni con me. Per non spaventarlo lo fece scendere in giardino, lo portò in una piccola radura cinta di rose in fiore e con un solo colpo di reni si slanciò verso il cielo. Lui non ebbe tempo di decidere, vide solo la casa diventare piccola, poi piccolissima, poi svanire e solo il vapore acqueo avvolgeva le cose e i loro corpi volanti, calati nella vita dell’aria. Le stelle rimanevano lontane, non erano la meta di quel volo celeste, il mondo umano era la loro àncora, il tempo non era un abisso pieno di date, ma una nuvola di incertezza e di possibilità non ancora scritte, quel volo umano non si sarebbe infranto nel volo di Icaro, perché era simile agli dèi chi sapeva lasciar crescere quelle ali intessute d’amore e di immaginazione.

Videro dal settimo cielo il pianeta farsi simile a un’arancia blu e azzurra, respiravano quella luce che le stelle scagliavano contro noi tutti e ne fecero parole umane per poter narrare il ritorno.

Perché dire solo il viaggio di andata risveglia la curiosità per quanto accadrà al di fuori di noi, ma è solo con il viaggio di ritorno che potremo misurare le dimensioni del cambiamento.

Piano si lasciarono portare dai venti ascensionali e poi si tuffarono verso le acque profondissime del Mare Mediterraneo. La spiaggia era deserta, le onde piatte, il sole non era ancora giunto al suo zenit e prima che ciò accadesse, sapevano di dover ritornare. Le ali di lui stavano crescendo e avrebbe già potuto volare da solo, ma perché non farlo ancora abbracciati?

Si slanciarono verso i venti che li avrebbero condotti a casa, si abbandonarono all'aria come ci si abbandona al mare, immobili, invincibili, con il viso rivolto al sole.
La casa li stava chiamando, non c’erano rotte da impostare o stelle da seguire, bastava lasciarsi andare al vento, bastava affidarsi al volo. Tutto sarebbe accaduto nell'ordine desiderato, ogni sosta un naufragio e una scoperta, il lungo viaggio era appena iniziato.

Cosa siamo in fondo noi, ogni volta che sospiriamo verso un cielo magnifico che le vicende terrestri ci precludono?

Nuotatori celesti, naufraghi dei cieli.

(anche il titolo di questa Cronaca è un verso di Pedro Salinas)

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