giovedì 29 ottobre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/235: la natura è una casa stregata - ma l'Arte è una casa che tenta di essere stregata

 


Mi è sempre interessata la contrapposizione tra arte e natura, come quella tra natura e cultura. Grazie alle mie folli letture antropologiche di gioventù – Claude Levi-Strauss, Marcel Mauss, Pierre Clastres, Ida Magli, Alfred Kroeber (che era il padre di una delle mie scrittrici preferite, Ursula K. Le Guin) e molti altri ancora, ho imparato che sulla terra niente può essere definito come natura e naturale, perché anche la natura è una costruzione culturale di noi umani. E che, quindi, una netta separazione è arbitraria.

Così piego alle esigenze della poesia che mi scalpita nella punta delle dita e mi confondo con questo paesaggio cittadino, dove la natura è ornamento e non pietra angolare del nostro sguardo.

Nel freddo che è sceso sulla città e nei nostri cuori, irrompe un pallido sole ottobrino, che non riscalda e non rincuora. Ecco, la poesia è pronta per essere scritta:

 

L’inverno non è una stagione ma uno stato mentale

 

Non basta il colore giallo,

non bastano il vago tepore e

il desiderio di essere altrove

a fare di questa città la nostra

prigione. Sono i cuori a essere

imprigionati prima ancora dei

corpi. Perché non abbiamo più

le rondini a darci ispirazione,

non abbiamo il loro alfabeto

di voli in picchiata e le alte

grida di libertà. Non abbiamo

più neanche le foglie verdi e

le rose tardive in fondo al

giardino. Basteremo a noi

stessi, nudi e senza più scuse?

Mi risponde uno scoiattolo che

sull’albero di fronte rosicchia

una nocciola selvatica: il mondo

continua come è sempre stato e

sempre sarà. Impara da me e

fai scorta di ciò che hai bisogno

per attraversare l’inverno che

non è una stagione, ma uno stato

mentale.

 

So di cosa ho bisogno per attraversare la stagione muta e fredda. Cerco la stranezza e la poesia. E dove trovarle meglio che nelle parole di Emily Dickinson?

 

XV

Ci sono cose che volano —

uccelli - ore - calabroni:
di queste nessuna elegia.

Ci sono cose che restano —
dolore - monti - l'eterno:
nemmeno queste mi riguardano.

Ce ne sono che, ferme, sorgono.

Posso spiegare il cielo?
Quanto è immobile l'indovinello!

 

 

Ecco, non possiamo spiegare il cielo ma contemplarlo e sognare di attraversarlo come solo le rondini sanno fare. O possiamo accarezzarlo con le nostre ali d’aquila ed essere certi che non cadremo, che il nostro nido resisterà anche in quest’anno di disgrazia.

Ci sono giorni come questo, dove vengono fatte scelte epocali, dove relazioni mutano e maturano, dove l’allegria è il secondo nome dell’amicizia e dove le parole vanno in fila indiana, un po’ silenziose, un po’ titubanti.

Scrivere è una fatica ogni giorno. Una gioia e una fatica e queste Cronache le sento in me come un dovere nei confronti di me stessa e di chi mi sta leggendo con pazienza e passione da 235 giorni. Oggi è il ventinovesimo giorno del mese di ottobre dell’anno senza Carnevale. La poesia L’inverno non è una stagione ma uno stato mentale è mai ed è inedita. Il titolo è tratto da una lettera del 1876 di Emily Dickinson a T.W. Higginson. La poesia è sempre della Dickinson, tradotta da Massimo Bacigalupo, in 51 Poesie, Mondadori 1996.



XIV

SOME things that fly there be,—
Birds, hours, the bumble-bee:
Of these no elegy.
  
Some things that stay there be,—
Grief, hills, eternity:         
Nor this behooveth me.
  
There are, that resting, rise.
Can I expound the skies?
How still the riddle lies!


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