Mi è sempre interessata
la contrapposizione tra arte e natura, come quella tra natura e cultura. Grazie
alle mie folli letture antropologiche di gioventù – Claude Levi-Strauss, Marcel
Mauss, Pierre Clastres, Ida Magli, Alfred Kroeber (che era il padre di una delle
mie scrittrici preferite, Ursula K. Le Guin) e molti altri ancora, ho imparato
che sulla terra niente può essere definito come natura e naturale, perché anche
la natura è una costruzione culturale di noi umani. E che, quindi, una netta
separazione è arbitraria.
Così piego alle esigenze della poesia che mi scalpita nella punta delle dita e mi confondo con questo paesaggio cittadino, dove la natura è ornamento e non pietra angolare del nostro sguardo.
Nel freddo che è sceso
sulla città e nei nostri cuori, irrompe un pallido sole ottobrino, che non riscalda
e non rincuora. Ecco, la poesia è pronta per essere scritta:
L’inverno non è una stagione ma uno stato mentale
Non basta il colore
giallo,
non bastano il vago tepore
e
il desiderio di essere
altrove
a fare di questa città la
nostra
prigione. Sono i cuori a
essere
imprigionati prima
ancora dei
corpi. Perché non
abbiamo più
le rondini a darci
ispirazione,
non abbiamo il loro
alfabeto
di voli in picchiata e
le alte
grida di libertà. Non abbiamo
più neanche le foglie
verdi e
le rose tardive in fondo
al
giardino. Basteremo a
noi
stessi, nudi e senza più
scuse?
Mi risponde uno scoiattolo
che
sull’albero di fronte rosicchia
una nocciola selvatica:
il mondo
continua come è sempre
stato e
sempre sarà. Impara da
me e
fai scorta di ciò che
hai bisogno
per attraversare l’inverno
che
non è una stagione, ma
uno stato
mentale.
So di cosa ho bisogno per attraversare la stagione muta e fredda. Cerco la stranezza e la poesia. E dove trovarle meglio che nelle parole di Emily Dickinson?
XV
Ci sono cose che volano —
uccelli - ore - calabroni:
di queste nessuna elegia.
Ci sono cose che restano —
dolore - monti - l'eterno:
nemmeno queste mi riguardano.
Ce ne sono che, ferme, sorgono.
Posso spiegare il cielo?
Quanto è immobile l'indovinello!
Ecco, non possiamo spiegare il cielo ma contemplarlo e
sognare di attraversarlo come solo le rondini sanno fare. O possiamo accarezzarlo
con le nostre ali d’aquila ed essere certi che non cadremo, che il nostro nido
resisterà anche in quest’anno di disgrazia.
Ci sono giorni come questo, dove vengono fatte scelte
epocali, dove relazioni mutano e maturano, dove l’allegria è il secondo nome
dell’amicizia e dove le parole vanno in fila indiana, un po’ silenziose, un po’
titubanti.
Scrivere è una fatica ogni giorno. Una gioia e una fatica e queste Cronache le sento in me come un dovere nei confronti di me stessa e di chi mi sta leggendo con pazienza e passione da 235 giorni. Oggi è il ventinovesimo giorno del mese di ottobre dell’anno senza Carnevale. La poesia L’inverno non è una stagione ma uno stato mentale è mai ed è inedita. Il titolo è tratto da una lettera del 1876 di Emily Dickinson a T.W. Higginson. La poesia è sempre della Dickinson, tradotta da Massimo Bacigalupo, in 51 Poesie, Mondadori 1996.
XIV
SOME things that fly there be,—
Birds, hours, the bumble-bee:
Of these no elegy.
Some
things that stay there be,—
Grief, hills, eternity:
Nor this behooveth me.
There are, that resting, rise.
Can I expound the skies?
How still the riddle lies!
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