venerdì 23 ottobre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/229: eppure tutte le strade hanno una radura alla fine

 


Tempo fermo e bloccato in un’eterna ripetizione, ne scrive anche Melania Mazzucco su Repubblica odierna. La poetica delle città nude e vuote di notte si alterna ai conteggi del disastro economico. I numeri assoluti fanno paura, quelli relativi ci dicono che sono ancora gli anziani a essere falcidiati dalla pandemia. Quello che si evince dalle dichiarazioni di opinionisti ed esperti, così come accadeva in marzo, è quasi uno stupore davanti alla cruda realtà della morte. Forse perché davvero, sempre noi famigerati baby-boomers, ci eravamo destinati a una vita eterna già in questa vita. Credo che si debba, come società e come singoli individui, riflettere sul significato di queste morti e sul senso che vogliamo dare alla nostra vita, al nostro stare mondo.

Perché è vero che tutte le strade hanno una radura alla fine. È vero che la strada potremo comprenderla solo dopo averla percorsa e che la radura che ci attende è diversa per ciascuno di noi. E non importa a quale svolta della strada siamo giunti, importano il passo e l’andatura che avremo d’ora in poi. Importano la pietas e l’empatia che sapremo esprimere gli uni nei confronti degli altri. Perché siamo tutti spaventati, in maniera eguale e diversa allo stesso tempo, perché tutti abbiamo bisogno di consolare e di essere consolati.

Come sempre cerco le mie consolazioni non solo con coloro che amo, ma anche nei libri e nella poesia in particolare. Così poi ne scrivo anche di poesie e scriverle è anche una forma di terapia e di consolazione.

Cosa resterà di questi giorni? A chi interesserà in futuro di questo anno senza Carnevale che rischia di essere solo il capostipite di anni altrettanto, se non peggio, oscuri?

Non lo so, non ho risposte, per questo scrivo poesie e auspico che possano consolarvi e farvi più profondo il respiro.

 

Una figura che avanza nella notte

 

Ora che i boschi sono spogli e

la rondine non scrive il cielo,

ora posso avvicinarmi ai tronchi

antichi e carezzare il muschio

che chiama il grande Nord.

 

Non sento la rotazione della

terra mentre cingo un tronco

tra le braccia. Che ne sai – tu

mi dice, ho visto molte più

albe dei tuoi occhi e i sogni

non bastano a colmare la tua

ignoranza.

 

Sorrido e non rispondo, non

può l’albero sapere che esco

presto perché nessuno possa

dire che il mattino non si è

visto, questo è il compito

che mi ha dato la sorte:

accendere il giorno nei

lampadari della notte.

 

 

Mi sono scelta un altro compito, uno di quelli che sostiene il mondo e il tempo, giorno dopo giorno. Ho scritto una poesia e mi fermo spesso a rileggere i versi di Emily Dickinson di cui questa Cronaca è impregnata e intessuta, a partire dal titolo sino al verso in corsivo nella mia poesia.

Oggi è venerdì 23 ottobre dell’anno senza Carnevale, il fuoco è accesso, i gatti sonnecchiano qui nella Casa delle Parole, è arrivata l’ora di preparare il tè.


Nessun commento: