Tempo fermo
e bloccato in un’eterna ripetizione, ne scrive anche Melania Mazzucco su
Repubblica odierna. La poetica delle città nude e vuote di notte si alterna ai
conteggi del disastro economico. I numeri assoluti fanno paura, quelli relativi
ci dicono che sono ancora gli anziani a essere falcidiati dalla pandemia. Quello
che si evince dalle dichiarazioni di opinionisti ed esperti, così come accadeva
in marzo, è quasi uno stupore davanti alla cruda realtà della morte. Forse perché
davvero, sempre noi famigerati baby-boomers, ci eravamo destinati a una vita
eterna già in questa vita. Credo che si debba, come società e come singoli
individui, riflettere sul significato di queste morti e sul senso che vogliamo
dare alla nostra vita, al nostro stare mondo.
Perché è vero che tutte le strade hanno una radura alla fine. È vero che la strada potremo comprenderla solo dopo averla percorsa e che la radura che ci attende è diversa per ciascuno di noi. E non importa a quale svolta della strada siamo giunti, importano il passo e l’andatura che avremo d’ora in poi. Importano la pietas e l’empatia che sapremo esprimere gli uni nei confronti degli altri. Perché siamo tutti spaventati, in maniera eguale e diversa allo stesso tempo, perché tutti abbiamo bisogno di consolare e di essere consolati.
Come sempre cerco le mie consolazioni non solo con coloro che amo, ma anche nei libri e nella poesia in particolare. Così poi ne scrivo anche di poesie e scriverle è anche una forma di terapia e di consolazione.
Cosa resterà di questi giorni? A chi interesserà in futuro di questo anno senza Carnevale che rischia di essere solo il capostipite di anni altrettanto, se non peggio, oscuri?
Non lo so, non ho risposte, per questo scrivo poesie e auspico che possano consolarvi e farvi più profondo il respiro.
Una figura che avanza nella notte
Ora che i
boschi sono spogli e
la rondine
non scrive il cielo,
ora posso
avvicinarmi ai tronchi
antichi e
carezzare il muschio
che chiama
il grande Nord.
Non sento la
rotazione della
terra mentre
cingo un tronco
tra le
braccia. Che ne sai – tu
mi dice, ho
visto molte più
albe dei
tuoi occhi e i sogni
non bastano
a colmare la tua
ignoranza.
Sorrido e non
rispondo, non
può l’albero
sapere che esco
presto perché
nessuno possa
dire che il mattino non si è
visto, questo è il compito
che mi ha
dato la sorte:
accendere il
giorno nei
lampadari
della notte.
Mi sono
scelta un altro compito, uno di quelli che sostiene il mondo e il tempo, giorno
dopo giorno. Ho scritto una poesia e mi fermo spesso a rileggere i versi di Emily
Dickinson di cui questa Cronaca è impregnata e intessuta, a partire dal titolo
sino al verso in corsivo nella mia poesia.
Oggi è
venerdì 23 ottobre dell’anno senza Carnevale, il fuoco è accesso, i gatti
sonnecchiano qui nella Casa delle Parole, è arrivata l’ora di preparare il tè.
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