Lascio il
silenzio della città impaurita e torno a camminare ai piedi delle Montagne
della Nebbia.
Anche qui la
giornata scorre lenta, avvolta in una luce grigia e le nuvole bianche sono un
collo di pelliccia intorno alle vette quasi invisibili.
I lupi mi corrono incontro festosi, è da tempo che non gioco con loro, troppo presa tra queste Cronache e le poesie.
Pare che anche il giardino mi riconosca e io assecondo le rose tardive e le annuso una a una, raccolgo un melograno maturo, guardo le foglie del fico che sono adagiate a terra e ancora penso a una sciarpa scivolata giù a causa di un colpo di vento.
Mi siedo sulla panchina più remota, da dove posso osservare la Casa delle Parole, ma le luci sono spente e i miei coinquilini sono in giro e non so a che ora torneranno.
I lupi hanno piccole stelle dorate nella pelliccia, segno che sono andati a giocare sino alla Casa delle Stelle, quindi il sapiente guerriero e il misterioso architetto saranno lì a raccontarsi storie epiche, a bere tè e a discutere sulle tinte migliori da utilizzare nelle stanze ancora incompiute.
Guardo verso il bosco e so che c’è una radura dove sbuca un sentiero che non ho ancora percorso in questi mesi, ma è una strada che conosco perché ci sono già stata scrivendo un’altra storia.
“Lara stava nel bosco, lì saremmo andati e lei mi avrebbe aiutato a capire. Il bosco è una buona metafora della scrittura, non è addomesticato ma segna i confini dell’umano, è abitato da creature misteriose come le fate e gli elfi e da creature pericolose come i lupi. Nessuno sa chi incontrerà quando inizia a scrivere. I draghi si manifestano molto più spesso di quanto uno scrittore non sia disposto ad ammettere, le deviazioni del percorso sono molto più frequenti e numerose. C’è sempre la casetta della strega cattiva con il tetto di pan di zenzero, radure dove fermarsi a riposare, un lago nel fondo del quale scintilla Excalibur. Il bosco che attraversammo per arrivare da Lara era fitto e selvaggio, profumava di resina e di foglie cadute. Potevo chiamarti per attirare la tua attenzione e confessare tutto quello che avevo pensato in quei giorni. Mi limitai a lasciare la mano nella tua e a rispondere ai tuoi sorrisi. Non ti chiesi allora, e quindi non saprò mai, a cosa stessi pensando tu. Una volta spinto il cancello di Lara fummo accolti dai due gatti che agivano da sentinelle. Strappata al suo lavoro dai miagolii, la poetessa venne ad aprirci. Volli immaginare me stessa vecchia nella stessa situazione, pronta ad accogliere due giovani amici e ammiratori. Per qualche istante rimasi cieca senza avere più la mano nella tua, non so cosa accadde ma persi i sensi e mi ritrovai per terra. Tu stavi ridendo con Lara, o forse era solo la mia immaginazione? Cosa le stavi dicendo?
- Vedi che alla fine sono riuscito a riportarla da
te?
Tu che riportavi me? Ero io la tessitrice di
ragnatele, la scavatrice delle buche dove farti cadere in trappola. Ero
esausta, richiusi gli occhi e mi lasciai andare al mio destino mentre tu mi
prendevi tra le braccia per portarmi sul divano.
Una vaga luminosità permeava la stanza in cui mi trovavo. Ero sdraiata su un sofà non molto comodo e avevo freddo. La casa di Lara era circondata da alberi alti e frondosi sul lato settentrionale e un’ombra verde avvolgeva tutta l’aria intorno. Ero tornata in quella stanza dopo il mio svenimento così come si torna dal regno dei morti. La luce mi feriva lo sguardo e il loro respiro rubava il mio. Orfeo tornò con quell’angoscia quando lasciò per sempre Euridice alle sue spalle?
Tu e Lara eravate seduti uno di fronte all’altra. Parlavate
in francese fitto fitto e non vi stavate certo preoccupando di me. Osservandovi
in silenzio vidi la vita vissuta di Lara passarmi accanto sul lato sinistro del
mio sguardo”.
La storia di Lara potrebbe essere la prossima storia
che vi racconterò, ma non ora, ma non oggi.
Sono entrata in molti boschi in quest’anno senza Carnevale e un sentiero è tutto segnato dalle Cronache, ma non è l’unico. Ci sono altre storie che devo raccontare e per farlo devo compiere quella magia, la magia di quando si inizia a scrivere e non si sa come e quando l’opera sarà compiuta.
Questa domenica, diciottesimo giorno del mese di ottobre dell’anno senza Carnevale, prosegue impregnata di filosofia e mistica, di storie nuove, di inquietudini nuove e di molte domande.
La Cronaca 224 porta in sé un frammento del mio
secondo romanzo In giornate identiche a
nuvole, Atì editore 2018 e i frammenti di molte altre storie che stanno
nascendo, come i germogli del potus
che emergono dall’acqua.
Nessun commento:
Posta un commento