sabato 17 ottobre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/223: la pazienza delle cose comuni e la generosità di una finestra

La finestra è aperta, c’è il sole pallido e autunnale, durerà ancora poche ore. Latrati di cani in lontananza, odore di castagne arrostite, un refolo di vento.

Queste sono le ore di questo pomeriggio, precedute da quelle quiete del mattino, voci dei bambini davanti alla scuola, qualche auto in più, i cani nei giardini accanto alla biblioteca. Poi una breve passeggiata, la colazione in pasticceria, la spesa all’Esselunga. Un’altra passeggiata per il quartiere, la posta, il colorificio.

La vita quotidiana nella sua compostezza, tutti con la mascherina, tanti anziani soli, tanta gente che parla da sola. Nella mascherina il respiro si diffonde su tutto il viso, è pesante, umido, insopportabile. Non ho mai smesso di portare la mascherina all’aperto e continuerò a farlo. Non potendo prevedere cosa accadrà preferisco esagerare e rassegnarmi a questa bardatura.

Quel che sta accadendo nel mondo non ci dà alcuna certezza, si naviga a vista. I contagi aumentano in maniera esponenziale giorno dopo giorno e dobbiamo sperare che il virus non muti e diventi ancor più letale.

Viviamo ogni giorno in uno spazio ristretto, mancano l’aria, le idee e la compagnia. Ma almeno ci sono i libri, mi dico. Così leggo per la seconda volta le vicende edimburghesi della filosofa Isabel Dalhousie nata dalla penna di Alexander McCall Smith. Lascio che il profumo del tè invada la cucina insieme a quello di un pan di spagna appena sfornato, chiudo gli occhi e respiro, libera.

Inizio a sfogliare i quaderni delle citazioni a cercare qualche consolazione ed ecco quella giusta per oggi.

 

La pazienza delle cose comuni

È una specie d’amore vero?
Come la tazza contiene il tè,
Come la sedia si regge gagliarda sulle quattro gambe,
Come il pavimento riceve la suola delle scarpe.
O le dita dei piedi. Come la pianta dei piedi conosce
dove si trova.
Stavo pensando alla pazienza
delle cose comuni, come i vestiti
che aspettano rispettosamente negli armadi.
E il sapone che si scioglie quietamente sui piatti,
E gli asciugamani che assorbono l’umidità
dalla pelle della schiena.
E l’amorevole ripetizione delle stelle.
E cosa, infine, è più generoso di una finestra?

 

Ecco, ora posso chiudere la finestra e rivolgermi alla casa, al suo calore, alla sua normale bellezza adorna di libri.

Questa Cronaca molto pigra è già acciambellata davanti al fuoco insieme alle poesie di Bartolo Cattafi che mi accingo a rileggere. Oggi è il diciassettesimo giorno del decimo mese dell’anno senza Carnevale. La poesia è di Pat Schneider, tradotta e pubblicata sul suo blog da Nicoletta Cinotti (che ringrazio), di seguito la versione originale.

 

The Patience of Ordinary Things

It is a kind of love, is it not?
How the cup holds the tea,
How the chair stands sturdy and foursquare,
How the floor receives the bottoms of shoes
Or toes. How soles of feet know
Where they’re supposed to be.
I’ve been thinking about the patience
Of ordinary things, how clothes
Wait respectfully in closets
And soap dries quietly in the dish,
And towels drink the wet
From the skin of the back.
And the lovely repetition of stairs.
And what is more generous than a window?

 

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