Non c’è niente
da fare, l’autunno è davvero e sempre il tempo delle foglie, dei pensieri
malinconici e dei bilanci. Oggi inizio subito con una poesia nuova:
Ballata delle foglie e dei nomi
Ti sento, urli nel vento, cadi
la pioggia
ti ripara dalla pioggia
che cade,
scendi e poi arrivi dove
nessuno è
mai stato. Piccola voce
la tua nel
coro del vento, ma senza
di te, senza
di te l’albero non sarebbe
mai stato
splendente e rigoglioso.
Tu occupavi
lo spazio in fondo al
ramo più
giovane, il ramo che la
tempesta non
riuscirà a strappare.
Si ricorderà
di te nella stagione futura?
Io non lo
so, è la stessa domanda
che attanaglia
noi umani. Chi si
ricorderà di
noi? Chi sognerà la nostra
voce? Io non
lo so, per questo scrivo.
Per lasciare
tracce nelle tavole del tempo.
Perché un
giorno, quando qualcuno
leggerà il
nostro nome, anche a bassa
voce, noi
oscilleremo e risorgeremo
nell’alba di
un nuovo amore.
Coincidono nel mio immaginario l’eternità e l’amore, l’idea di una vita immortale che trascenda, pur senza abbandonarla, questa vita terrena così incerta e imperfetta. Un’idea di eternità dove continueremo a parlare con le persone che amiamo e a fare le cose che ci piacciono. La mia eternità assomiglia molto alla Casa delle Parole, alle terre delle Montagne della Nebbia, al monastero di Colorno dove eternamente vivono i miei scrittori e scrittrici preferiti e continuano a scrivere per arricchire la Biblioteca di Babele.
Scrivere queste Cronache mi lascio l’agio di parlare di qualunque cosa, giorno per giorno, mi abbia colpito. So di avere un paio di dozzine di lettori fedeli con i quali spesso interagisco e che, a volte, coinvolgo nelle storie che scrivo. Qualcuno mi ha chiesto fino a quando continuerò a scrivere dell’anno senza Carnevale. Forse fino a quando ci sarà la pandemia, forse per sempre.
Oggi è il tredicesimo giorno del decimo mese di quest’anno tremendo. La poesia è inedita, scritta per dare luce alle altre parole.
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