giovedì 15 ottobre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/221: la pioggia infiamma quel suono di foglie che ci manca tutto l'inverno

 


Poi arriva la pioggia che scende sul mondo e copre le foglie morte e quelle che ancora resistono sui rami.

Oggi è una tipica giornata d’autunno milanese con poca luce e un grande silenzio. Forse perché stiamo aspettando il grande disastro e stiamo rintanati in casa, chi fa un lavoro che lo consente, e guardiamo fuori dalla finestra.

Sembra di avere sognato tutto, non solo l’estate appena finita, ma proprio tutta la vita di prima. I ricordi sembrano sbiaditi, ma sono davvero ricordi o solo sogni smarriti?

Così decido di contrastare tutto questo grigio intorno con dei fiori addomesticati: un ciclamino rosso e un’orchidea bianca.

L’occhio viene rapito subito da questi colori che sono circondati dal verde intenso delle foglie. La vita immobile e silenziosa delle piante accompagna la mia vita quotidiana, qui nella città silenziosa. Così replico anche nella Casa delle Parole e spedisco fiori a tutti gli abitanti e anche alle tre sorelle e al misterioso architetto.

Vado a camminare in riva al mare, sotto la pioggia battente. Lascio che l’acqua mi impregni i vestiti e i capelli. Guardo le onde piccole e mi rendo conto che anche sotto questa pioggia, la mia invincibile estate interiore continua a fiammeggiare.

Sulla via del ritorno incrocio la volpe fiammeggiante quanto il mio essere. Mi guarda e sembra che mi sorrida. Mi accompagna fino a casa e poi corre incontro al puledro che è ormai un giovane e magnifico cavallo. Dietro di loro appaiono i due lupi che da tanto non vedevo, anche loro sorridono.

Oggi sono indifferente alla pioggia, aspetterò che il sole ritorni, sognerò il cielo azzurro e solcato da nuvole bianche e leggere. Resisterò alla mancanza del rumore delle foglie nel vento.

 

E rileggo una poesia molto amata:

 

Il peso delle arance


Abito orti importanti.

(...) dagli altri dormo male

e la mia stessa vita non mi è vicina.

 

Osip Mandel'štam

 

La mia tazza ha lo stesso colore sabbioso del pane.
La pioggia ha il colore dell'edificio attraverso la strada,
ha strappato dalie rosse
e rovinato un libro appoggiato al davanzale.

La pioggia articola la pelle di tutte le cose,

rosa di mattoni dal fuoco che li ha cotti,
foglie verde lucertola,
le lingue arricciate delle pigne.
È accurato il modo in cui non siamo mai,
tirando fuori il meglio
senza cambiare una sola cosa.
La pioggia che rende umidi i letti,
la nostra stanza una caverna la mattina,
una tenda nel tardo pomeriggio,
infiamma quel suono di foglie che ci manca tutto l'inverno.
 


Ma il rumore di tutte le foglie che sono state, vive nella memoria e anticipa il rumore delle foglie che saranno a primavera.

Questa cronaca 221 è piovosa quanto il cielo, ma la poesia e le prime arance profumano tutta l’aria intorno. Oggi è il quindicesimo giorno del mese di ottobre dell’anno senza Carnevale. La poesia è di Anne Michaels, tratta da Quello che la luce insegna, traduzione e cura di Francesca Romana Paci, Giunti 2000. Di seguito la versione originale.



The Weight of Oranges

My cup’s the same sand colour as bread.
Rain’s the same colour of a building across the street,
its torn red dahlias
and ruined a book propped on the sill.

Rain articulates the skins of everything,
pink of bricks from the fire they baked in,
lizard green leaves,
the wrinkled tongues of pine cones.
It’s accurate the way we never are,
bringing out what’s best
without changing a thing.
Rain that makes beds damp,
our room a cave in the morning,
a tent in late afternoon,
ignites the sound of leaves we miss all winter.


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