L’albero
fissava il cielo con le sue mille e mille foglie che erano occhi, che erano
mani.
Con le
sue mani foglie l’albero accarezzava l’aria, solleticava il vento, l’albero
rideva, contento.
L’albero
accoglieva tra i rami folti un nido di passeri e i molti cinguettii
solleticavano le sue foglie che erano orecchie.
Il
profumo della pioggia che si stacca dalle nuvole, l’albero lo usmava con le sue
mille e mille foglie.
Il
suono della pioggia che cadeva raddoppiava il piacere dell’albero incantato.
Sempre le mille e mille foglie gli trasmettevano il dolce suono.
Solo un
senso le foglie non potevano agire direttamente. Il sapore della terra, il
ferro, l’erba, l’acqua piovana.
Erano
le radici che assaggiavano ogni materia. Era un lavoro lento, perché la terra
custodiva il sapore del vento e quello delle nuvole.
E nel
buio del sottosuolo ogni aroma si trasformava nella linfa che arrivava su, su,
lassù sino alla foglia più in alto, la vedetta che per prima sapeva quale
nuvola si sarebbe offerta per lasciar cadere al suolo le sue gocce di pioggia.
Un albero
è un universo compiuto che tende i suoi rami negli altri universi.
Un albero
ama tutti gli elementi perché non li teme.
L’acqua
lo disseta, l’aria lo accarezza, la terra lo nutre e il fuoco, allora? Il fuoco
distrugge.
Così sembra
se ci fermiamo agli effetti immediati dell’opera scintillante del fuoco che
danza con l’aria che lo alimenta. Terra e acqua possono fermarlo. Ma l’albero
non chiede a nessun altro elemento di mutare la propria natura in favore della
sua.
Se il
fuoco arriva e né l’acqua né l’uomo possono fermarlo, l’albero fa fuggire le creature
del cielo che vivono tra i rami e quelle della terra che strisciano sulla
corteccia.
Poi si
abbandona alla fame del fuoco e diventa tizzone ardente e dopo ancora cenere
spenta.
Le radici
profonde hanno memoria del verde delle foglie, del legno forte dei rami e dell’irruenza
del fuoco. A volte le radici iniziano a tessere e nuovi germogli sbucano dal
profondo e le generazioni future avranno un nuovo bosco e non solo il suo racconto.
Gli alberi
e gli umani hanno una storia millenaria di reciproca dipendenza.
Un albero
sa sempre quando sta arrivando la sua ultima ora in quella forma.
Patisce
il taglio dell’ascia, grida sotto la pialla, ma si piega.
Vedi questa
libreria che ho costruito con le mie mani?
Avevo due
frassini nel giardino della mia vecchia casa. Ho deciso di lasciarne uno a custodire
il luogo e l’altro l’ho portato con me tagliato nelle assi che ho lavorato,
piallato, levigato, inchiodato e incastrato.
In questi
scaffali arriveranno libri dalle mie vite passate. Qui, nella Casa delle
Stelle, resterà tutto ciò che ha dato un senso alla mia vita. E ora puoi
scriverla questa storia di libri, oceani e stelle.
L’architetto
finisce di raccontarmi la sua storia e me le regala. Così la trascrivo e ogni
tanto alzo lo sguardo e lo vedo, mentre il mosaico si allarga e illumina la
stanza.
Questo nuovo
giorno sembra uguale al vecchio, piove ancora e tira vento. Non c’è più traccia
dei mesi di giugno luminosi della mia giovinezza.
Fai quel
che puoi con il tempo che hai – mi dice l’architetto senza voltarsi. Anche lui
mi legge nel pensiero come fa la sacerdotessa.
Non mi
pongo altre domande. Sorrido e giro pagina. Quante cose ancora da leggere e
scrivere sugli alberi, veri sovrani del mondo.
Poesia degli alberi nei secoli e nel
cielo
Non è
la terra l’amante del cielo,
e il
cielo non è l’amante della terra.
Sono gli
alberi che amano nel
tempo,
sono gli alberi che portano
il
canto da un lato all’altro del
mondo e
tutto intorno l’aria si
rallegra
e scivola tra le foglie,
mentre
la pioggia appesa alle
tue ciglia,
nasconde le lacrime
che
gioia e inaspettato hanno
creato
proprio per te.
Questa poesie inedita l’ho scritta per questa Cronaca 95
Questa poesie inedita l’ho scritta per questa Cronaca 95
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