mercoledì 24 giugno 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/108: accendere il fuoco, cercare una promessa


Scelgo il fuoco oggi, scelgo il fuoco domestico che arde nel camino, che ci riscalda e cuoce il nostro cibo.

Com’è dolce il profumo della legna che si consuma, com’è invitante l’aroma del cibo.

Fuoco che consumi, legna che ardi, sottrai aria al mondo per dare calore.

Fuoco signore del mondo, materia primigenia, luce inesauribile.

Prometeo ruba il fuoco agli dèi per darlo agli umani, Efesto lavora la materia incandescente sotto terra.

Il fuoco ci permette di manipolare la materia, il primo segnale della nostra sfida a qualunque Dio.

Dovremmo affiancare la Fenice mattina dopo mattina e rinascere dalle nostre stesse ceneri nel nostro fuoco che non si estingue mai.

Il fuoco marchia gli animi incandescenti, declina la passione e l’ardore.

Se il fuoco è azione, il calore ne è la conseguenza.

Ma la causa? Non quella reale, qual è la causa metaforica?

Il fuoco nasce dallo scaturire di due scintille, due anime che si incontrano e vogliono diventare una, “vivere ardendo e non sentire il male” scriveva Gaspara Stampa:

CCVIII
Per un nuovo amore.

     Amor m’ha fatto tal ch’io vivo in foco,
qual nova salamandra al mondo, e quale
l’altro di lei non men stranio animale,
che vive e spira nel medesmo loco.
     Le mie delizie son tutte e ’l mio gioco
viver ardendo e non sentire il male,
e non curar ch’ei che m’induce a tale
abbia di me pietà molto né poco.
     A pena era anche estinto il primo ardore,
che accese l’altro Amore, a quel ch’io sento
fin qui per prova, piú vivo e maggiore.
     Ed io d’arder amando non mi pento,
pur che chi m’ha di novo tolto il core
resti de l’arder mio pago e contento.


Bruciati nella stessa fiamma gli amanti sfidano l’immortalità degli dèi e si fanno dèi essi stessi.

Il tremore dell’essere, la felicità assoluta sono prerogative non umane che l’amore rende accessibili.

A questa dimensione prima duale e poi fusionale dell’amore-passione, si contrappone l’immagine solitaria del poeta e dello studioso che, di notte, seduto al suo tavolo contempla la fiamma di una candela e dalle sue oscillazioni trova ispirazione e nuove domande.


Nella ferita tra terra e cielo


Accenderemo ancora il fuoco
cercando la promessa, una nuova
rivelazione. Fumo si alzerà
nell’aria e l’aria abbandonerà
il cielo perché infine avrà
capito che l’orizzonte non è
il segno dell’unione ma la
cicatrice di quella separazione
eterna dove gli opposti si cercano
e combattono e dove l’aria non
respira, l’acqua non si trattiene
nella ferita tra terra e cielo.


Capisci cosa sto cercando? – chiedo al misterioso architetto – Sto cercando un punto nuovo, una nuova visione: la fiamma d’amore che arde inesauribile e la solitudine della candela allo stesso tempo-

Lui non mi risponde, si avvicina al focolare e accende una candela rossa che riporta al tavolo.

- Siamo in due, adesso, a guardare questa stessa fiamma, ogni solitudine può accogliere l’amore e farsi bruciare, almeno un po’. Ogni amore può rispettare la solitudine e bruciare quel tanto che basta.

Nella fiamma della candela distinguo le sagome di due innamorati, cerco di coglierne i volti, ma il vento è più veloce e mi ruba l’immagine.

La candela è spenta, mi guardo intorno e l’amore mi circonda in questa Casa delle Parole.

Scelgo la mia candela e vado al focolare, cerco la mia visione, cerco il mio amore. Ma la scrittrice mi ricorda che:

C’è fra di noi qualcosa che è meglio dell’amore: è una complicità.


Questa Cronaca 108 è stata scritta in compagnia di Marguerite Yourcenar (sua è l’ultima citazione tratta dal libro Fuochi); Gaston Bachelard e la sua Psicoanalisi del fuoco; Gaspara Stampa e le sue Rime. La poesia è mia ed è tratta dalla raccolta Scrivere il vento, Atì Editore 2016





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