Scelgo il fuoco oggi,
scelgo il fuoco domestico che arde nel camino, che ci riscalda e cuoce il
nostro cibo.
Com’è dolce il profumo
della legna che si consuma, com’è invitante l’aroma del cibo.
Fuoco che consumi, legna
che ardi, sottrai aria al mondo per dare calore.
Fuoco signore del mondo,
materia primigenia, luce inesauribile.
Prometeo ruba il fuoco
agli dèi per darlo agli umani, Efesto lavora la materia incandescente sotto terra.
Il fuoco ci permette di
manipolare la materia, il primo segnale della nostra sfida a qualunque Dio.
Dovremmo affiancare la
Fenice mattina dopo mattina e rinascere dalle nostre stesse ceneri nel nostro
fuoco che non si estingue mai.
Il fuoco marchia gli
animi incandescenti, declina la passione e l’ardore.
Se il fuoco è azione, il
calore ne è la conseguenza.
Ma la causa? Non quella
reale, qual è la causa metaforica?
Il fuoco nasce dallo
scaturire di due scintille, due anime che si incontrano e vogliono diventare
una, “vivere ardendo e non sentire il male” scriveva Gaspara Stampa:
CCVIII
Per
un nuovo amore.
Amor m’ha fatto tal ch’io vivo in foco,
qual nova salamandra al
mondo, e quale
l’altro di lei non men
stranio animale,
che vive e spira nel
medesmo loco.
Le mie delizie son tutte e ’l mio gioco
viver ardendo e non
sentire il male,
e non curar ch’ei che
m’induce a tale
abbia di me pietà molto
né poco.
A pena era anche estinto il primo ardore,
che accese l’altro
Amore, a quel ch’io sento
fin qui per prova, piú
vivo e maggiore.
Ed io d’arder amando non mi pento,
pur che chi m’ha di novo
tolto il core
resti de l’arder mio
pago e contento.
Bruciati nella stessa
fiamma gli amanti sfidano l’immortalità degli dèi e si fanno dèi essi stessi.
Il tremore dell’essere,
la felicità assoluta sono prerogative non umane che l’amore rende accessibili.
A questa dimensione prima
duale e poi fusionale dell’amore-passione, si contrappone l’immagine solitaria
del poeta e dello studioso che, di notte, seduto al suo tavolo contempla la
fiamma di una candela e dalle sue oscillazioni trova ispirazione e nuove domande.
Nella
ferita tra terra e cielo
Accenderemo ancora il
fuoco
cercando la promessa,
una nuova
rivelazione. Fumo si
alzerà
nell’aria e l’aria
abbandonerà
il cielo perché infine
avrà
capito che l’orizzonte
non è
il segno dell’unione ma
la
cicatrice di quella
separazione
eterna dove gli opposti
si cercano
e combattono e dove
l’aria non
respira, l’acqua non si
trattiene
nella ferita tra terra e
cielo.
Capisci cosa sto
cercando? – chiedo al misterioso architetto – Sto cercando un punto nuovo, una
nuova visione: la fiamma d’amore che arde inesauribile e la solitudine della
candela allo stesso tempo-
Lui non mi risponde, si
avvicina al focolare e accende una candela rossa che riporta al tavolo.
- Siamo in due, adesso,
a guardare questa stessa fiamma, ogni solitudine può accogliere l’amore e farsi
bruciare, almeno un po’. Ogni amore può rispettare la solitudine e bruciare quel
tanto che basta.
Nella fiamma della
candela distinguo le sagome di due innamorati, cerco di coglierne i volti, ma
il vento è più veloce e mi ruba l’immagine.
La candela è spenta, mi
guardo intorno e l’amore mi circonda in questa Casa delle Parole.
Scelgo la mia candela e
vado al focolare, cerco la mia visione, cerco il mio amore. Ma la scrittrice mi
ricorda che:
C’è fra di noi qualcosa
che è meglio dell’amore: è una complicità.
Questa Cronaca 108 è
stata scritta in compagnia di Marguerite Yourcenar (sua è l’ultima citazione
tratta dal libro Fuochi); Gaston
Bachelard e la sua Psicoanalisi del
fuoco; Gaspara Stampa e le sue Rime. La
poesia è mia ed è tratta dalla raccolta Scrivere
il vento, Atì Editore 2016
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