Il
tempo cambia di continuo, caldo – freddo, sole – nuvole, vento – calma di
vento.
È già
giugno ma, a tratti sembra marzo o aprile, le giornate continuano ad allungarsi
ma se il cielo si copre, ecco che le belle, lunghe, serate estive restano solo
un ricordo di anni lontani.
Non
sempre il tempo qui sull’Altipiano è lo stesso che nella città non più
silenziosa.
L’unica
cosa uguale è la mia estrema sensibilità a ogni minima variazione di
temperatura, umidità e pressione. È sempre stato così anche quando ero bambina,
forse è proprio dalla mia meteoropatia che nasce la mia ossessione poetica per
le nuvole, il cielo, la pioggia e il vento. Mi diverto a scavare alla ricerca
di significati e misteri che, probabilmente, non esistono.
Guardare
il cielo per intuire se ci saranno pioggia o sole il giorno successivo, leggere
il moto delle nuvole e il volo degli uccelli per capire il momento buono per
iniziare la vendemmia, studiare le fasi lunari per decidere la semina, seguire
il vento per stabilire la rotta, sono tutte azioni millenarie che noi umani
facciamo a prescindere dall’uso attuale e personale odierno.
Il cielo
lo guardiamo anche per leggere le stelle e come il vento serve a tracciare un
percorso, le stelle si muovono con noi e sopra di noi, ci ricordano quanto
siamo piccoli nell’immensità dell’universo e quanto è bello lo sgomento che
proviamo sotto un cielo notturno e stellato.
Ho deciso
di andare alla nuova casa in costruzione per sapere se qualcuno è tornato a
lavorarci. Esco in compagnia dei lupi, intelligenti e curiosi, che mi
trotterellano accanto.
Il cielo
è diventato scuro all’improvviso, entriamo e nella seggiola con il leggio trovo
la sacerdotessa che sta leggendo il taccuino rilegato in marocchino rosso come
ho fatto io ieri.
Ti aspettavo
– mi dice – mi chiedevo se saresti tornata subito o dopo qualche giorno. Io ci
ero passata già domenica scorsa e non ho visto né l’architetto, né il
costruttore. Anche se, immagino, che potrebbero essere la stessa persona. Hai notato
sul soffitto le tracce per una decorazione? Sembrano stelle, in formazione
binaria, chi ha fatto il disegno conosce l’astronomia, oltre che l’architettura.
Mi manca
il respiro, perché nel mio libro c’è una poesia dedicata alle stelle binarie.
Le allieve del cielo
Due a
due, in fila ordinata
stanno
le allieve del cielo,
segnano
il confine nei muri,
aprono
il silenzio alle cose, ma
mai,
mai sapranno e diranno
come il
vento confonde le ombre
e
impedisce a ciò che è fuori
di
insinuare una certezza a chi
conosce
solo l’incerto confine
tra la
deriva della luce e il cielo
alla
fine della notte. Camminano
le
stelle e noi impariamo a
tenere
ferma la luce nella
notte
più vera.
Anche la
sacerdotessa si stupisce di questa coincidenza, ma forse, entrambe dovremmo
iniziare ad accettare queste coincidenze che cesellano le nostre vite sia qui
sull’Altipiano che nella città non più silenziosa.
Vedi,
le stelle binarie – continua la sacerdotessa – si muovono intorno a un centro
di gravità comune. Anche noi qui siamo coppie di stelle binarie che spesso si
scambiano di posto. Anche i lupi, i tuoi amici lupi, sono come una stella
binaria, sembrano due ma in realtà sono uno.
Dopo avere
lasciato cadere nell’aria la sua osservazione, mi porge il taccuino che riporta
una poesia in più rispetto a ieri.
Se guardi
una stella devi cercare
la sua gemella
nell’oscurità. Anche
quando
crediamo che la stella sia
solitaria
e che il suo splendore
appartenga
a una costellazione,
dobbiamo
ricordare che l’altra
stella
gravita nel buio e risplende
della
luce oscura che i nostri
occhi
umani non sanno vedere.
Per
questo, a volte, le stelle
lasciano
il cielo e si rifugiano
tra le
cose umane, un soffitto,
un
quadro, uno schizzo su un
foglio
di carta, gli occhi dei
due
innamorati, una fontana
che disseta
il giardino dove
gli
amanti passeggeranno
insieme,
un libro che insieme
leggeranno.
La luce delle stelle
non si
spegne mai per davvero.
Guarda –
mi dice ancora la sacerdotessa – anche sulle colonne della trifora proseguono
le tracce per le stelle.
Mentre ci
avviciniamo a guardare tornano i lupi che erano usciti a gironzolare. La lupa
ha in bocca una borsa di cuoio di fattura antica che deposita ai nostri piedi. La
apro con cura e lentezza e vedo subito il luccichio del contenuto: sono stelline
dorate che serviranno a decorare una parte del soffitto. Vorrei uscire subito a
cercare la stanza dove sono custodite le altre che serviranno a completare il
mosaico.
Questo è
un lavoro che resterà mia cara sacerdotessa – le dico – una di quelle cose
meravigliose che non esistono se nella mente del creatore e poi diventano vere
e reali.
Ascolta
questa poesia che ho portato con me.
La luce bianca in tutti i colori
Dipende
dal punto di osservazione:
nessuno
può leggere un foglio
e il
suo rovescio, nessuno
contemplare
le stelle e l’unica
stella
che ci illumina
nello
stesso spazio o tempo.
E la
trama fitta del cosmo
non è
comprensibile senza
conoscere
il peso di un muone,
certo
la scienza ci dà il telaio
e i
fili, ma del tessitore è
l’abilità
finale: il disegno
è nella
sua mente e la rivelazione
nell’occhio.
Egli sa che
la
realtà può essere bianca
come la
luce che fonde
in sé
tutti i colori.
Quando
li separa, uno alla
volta,
cadono i veli del reale.
Ci sorridiamo
e ci avviamo verso casa. Lasceremo in pace l’architetto che così tanto conosce
delle stelle. I lupi corrono verso il loro rifugio notturno. Sulla soglia di
casa il poeta e il guerriero conversano con passione, ma le loro voci si
perdono nel vento. Anche loro sono una stella binaria oggi, come lo sono la narratrice
e la sacerdotessa, e una delle due sono io.
È meglio
regalare le parole agli elementi e aspettare che il grande vasaio ci doni una
scintilla nuova.
Così nascono
le storie in questa terra misteriosa.
La
prima e la terza poesia sono tratte dalla mia raccolta Scrivere il vento. La seconda poesia è inedita ed è stata scritta
per questa Cronaca/87.
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