mercoledì 3 giugno 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/87: la realtà può essere bianca come la luce e le stelle risplendere di luce nera




Il tempo cambia di continuo, caldo – freddo, sole – nuvole, vento – calma di vento.

È già giugno ma, a tratti sembra marzo o aprile, le giornate continuano ad allungarsi ma se il cielo si copre, ecco che le belle, lunghe, serate estive restano solo un ricordo di anni lontani.

Non sempre il tempo qui sull’Altipiano è lo stesso che nella città non più silenziosa.
L’unica cosa uguale è la mia estrema sensibilità a ogni minima variazione di temperatura, umidità e pressione. È sempre stato così anche quando ero bambina, forse è proprio dalla mia meteoropatia che nasce la mia ossessione poetica per le nuvole, il cielo, la pioggia e il vento. Mi diverto a scavare alla ricerca di significati e misteri che, probabilmente, non esistono.

Guardare il cielo per intuire se ci saranno pioggia o sole il giorno successivo, leggere il moto delle nuvole e il volo degli uccelli per capire il momento buono per iniziare la vendemmia, studiare le fasi lunari per decidere la semina, seguire il vento per stabilire la rotta, sono tutte azioni millenarie che noi umani facciamo a prescindere dall’uso attuale e personale odierno.

Il cielo lo guardiamo anche per leggere le stelle e come il vento serve a tracciare un percorso, le stelle si muovono con noi e sopra di noi, ci ricordano quanto siamo piccoli nell’immensità dell’universo e quanto è bello lo sgomento che proviamo sotto un cielo notturno e stellato.

Ho deciso di andare alla nuova casa in costruzione per sapere se qualcuno è tornato a lavorarci. Esco in compagnia dei lupi, intelligenti e curiosi, che mi trotterellano accanto.

Il cielo è diventato scuro all’improvviso, entriamo e nella seggiola con il leggio trovo la sacerdotessa che sta leggendo il taccuino rilegato in marocchino rosso come ho fatto io ieri.

Ti aspettavo – mi dice – mi chiedevo se saresti tornata subito o dopo qualche giorno. Io ci ero passata già domenica scorsa e non ho visto né l’architetto, né il costruttore. Anche se, immagino, che potrebbero essere la stessa persona. Hai notato sul soffitto le tracce per una decorazione? Sembrano stelle, in formazione binaria, chi ha fatto il disegno conosce l’astronomia, oltre che l’architettura.

Mi manca il respiro, perché nel mio libro c’è una poesia dedicata alle stelle binarie.


Le allieve del cielo

Due a due, in fila ordinata
stanno le allieve del cielo,
segnano il confine nei muri,
aprono il silenzio alle cose, ma
mai, mai sapranno e diranno
come il vento confonde le ombre
e impedisce a ciò che è fuori
di insinuare una certezza a chi
conosce solo l’incerto confine
tra la deriva della luce e il cielo
alla fine della notte. Camminano
le stelle e noi impariamo a
tenere ferma la luce nella
notte più vera.


Anche la sacerdotessa si stupisce di questa coincidenza, ma forse, entrambe dovremmo iniziare ad accettare queste coincidenze che cesellano le nostre vite sia qui sull’Altipiano che nella città non più silenziosa.

Vedi, le stelle binarie – continua la sacerdotessa – si muovono intorno a un centro di gravità comune. Anche noi qui siamo coppie di stelle binarie che spesso si scambiano di posto. Anche i lupi, i tuoi amici lupi, sono come una stella binaria, sembrano due ma in realtà sono uno.

Dopo avere lasciato cadere nell’aria la sua osservazione, mi porge il taccuino che riporta una poesia in più rispetto a ieri.


Se guardi una stella devi cercare
la sua gemella nell’oscurità. Anche
quando crediamo che la stella sia
solitaria e che il suo splendore
appartenga a una costellazione,
dobbiamo ricordare che l’altra
stella gravita nel buio e risplende
della luce oscura che i nostri
occhi umani non sanno vedere.
Per questo, a volte, le stelle
lasciano il cielo e si rifugiano
tra le cose umane, un soffitto,
un quadro, uno schizzo su un
foglio di carta, gli occhi dei
due innamorati, una fontana
che disseta il giardino dove
gli amanti passeggeranno
insieme, un libro che insieme
leggeranno. La luce delle stelle
non si spegne mai per davvero.



Guarda – mi dice ancora la sacerdotessa – anche sulle colonne della trifora proseguono le tracce per le stelle.

Mentre ci avviciniamo a guardare tornano i lupi che erano usciti a gironzolare. La lupa ha in bocca una borsa di cuoio di fattura antica che deposita ai nostri piedi. La apro con cura e lentezza e vedo subito il luccichio del contenuto: sono stelline dorate che serviranno a decorare una parte del soffitto. Vorrei uscire subito a cercare la stanza dove sono custodite le altre che serviranno a completare il mosaico.

Questo è un lavoro che resterà mia cara sacerdotessa – le dico – una di quelle cose meravigliose che non esistono se nella mente del creatore e poi diventano vere e reali.
Ascolta questa poesia che ho portato con me.


La luce bianca in tutti i colori


Dipende dal punto di osservazione:
nessuno può leggere un foglio
e il suo rovescio, nessuno
contemplare le stelle e l’unica
stella che ci illumina
nello stesso spazio o tempo.
E la trama fitta del cosmo
non è comprensibile senza
conoscere il peso di un muone,
certo la scienza ci dà il telaio
e i fili, ma del tessitore è
l’abilità finale: il disegno
è nella sua mente e la rivelazione
nell’occhio. Egli sa che
la realtà può essere bianca
come la luce che fonde
in sé tutti i colori.
Quando li separa, uno alla
volta, cadono i veli del reale.


Ci sorridiamo e ci avviamo verso casa. Lasceremo in pace l’architetto che così tanto conosce delle stelle. I lupi corrono verso il loro rifugio notturno. Sulla soglia di casa il poeta e il guerriero conversano con passione, ma le loro voci si perdono nel vento. Anche loro sono una stella binaria oggi, come lo sono la narratrice e la sacerdotessa, e una delle due sono io.

È meglio regalare le parole agli elementi e aspettare che il grande vasaio ci doni una scintilla nuova.

Così nascono le storie in questa terra misteriosa.



La prima e la terza poesia sono tratte dalla mia raccolta Scrivere il vento. La seconda poesia è inedita ed è stata scritta per questa Cronaca/87.








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