lunedì 22 giugno 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/106: da qualche parte imparammo ad ascoltare lo schianto del gelsomino


Entrare nella nuova stagione a piccoli passi, ascoltare ogni minima variazione nello sciabordio delle onde, accettare che il fiore ceda lo spazio a un frutto, accettare la luce che svela, la notte che chiama gli amanti.

Siamo smarriti di fronte a questo tempo lento dell’estate, al cielo sfavillante, alla semina giunta all’esito desiderato.

I campi di grano maturo riparano la terra dallo sguardo indagatore del sole, i girasoli, invece, sono la sua corte fedele che ne segue ogni minimo movimento.

Sul ciliegio i frutti sanguinano sino alle nostre mani, nell’orto rosseggiano i pomodori e il basilico inebria anche l’aria.

I cespugli di lavanda attirano api e farfalle, quanto potremo resistere al dolce richiamo dei suoi fiori?

È una giornata gloriosa, qui nel nostro mondo, nessuno ha voglia di restare in casa, solo le aquile reali non lasciano il nido, mentre i lupi pigri dormono all’ombra delle querce e le tigri giocano sulle rive del fiume.

Il puledro è cresciuto e galoppa inseguito dalla giovane volpe, la sacerdotessa e il sapiente guerriero proseguono con le loro esplorazioni, lei raccoglie erbe e le classifica, lui le ha costruito un erbario dove conservarle. Non tutte queste erbe sono piante officinali, lei sceglie quelle con le foglie più definite e i fiori più belli che pressa tra due fogli di pergamena per farli essiccare. Immagino che il prossimo inverno avremo di che imparare da questa loro passione estiva.

Il misterioso architetto mi ha portato un’altra poesia del suo amico chirurgo e poeta. La copio nel mio quaderno e poi la leggo ad alta voce cercando di superare il tono alto di rondini e cicale:

viviamo con l’istinto di andare
portatori di immagini al giardino di pietre
il vasto dominio diffuso, arioso.
respiri azzurrati, violenze calcaree
un’enorme distesa di vite ammutolite
scricchiolii verdi nelle dita di gesso
è quello che resta della corsa degli anni.
passo dopo passo imparammo ad ascoltare
da qualche parte lo schianto del gelsomino



Sì, è proprio vero, negli anni abbiamo imparato ad ascoltare lo schianto del gelsomino. L’altro giorno ho raccolto gli ultimi due fiori e li ho incollati nel mio quaderno. Non ho avuto intenzioni tassonomiche con questo mio gesto, solo mi piace ricordare che anche in quest’anno feroce ho visto il gelsomino fiorire e resistere alla pioggia sino a questo ultimi giorni di giugno.

Di tutto quello che ci accade intorno possiamo scegliere cosa tenere? Dipende, la regina e il re sono intenti a completare la loro torre, non andranno a viverci stabilmente, ma dicono che bisogna essere pronti a ricevere gli ambasciatori degli altri regni. Io fatico a immaginare chi potrebbe avere voglia di venire in questo regno immaginato di stelle e di parole, ma assecondo anche questi miei compagni e suggerisco loro di chiedere al misterioso architetto consigli sulle decorazioni e sui mobili.

Di questa giornata luminosa e felice ho molta da tenere con me, molto da lasciar andare. Tutte le ore dimenticate sono l’ombra di quel che abbiamo vissuto. Noi non le vediamo più, ma le ombre abitano in noi, molto più di quanto non faccia la luce.

Ad alta voce dico al giorno quel che rimarrà con me:


Le parole che sono nomi

Scelgo nel vento quali parole tenere:
estate, prima, mare, onde, sabbia, acqua,
pioggia.
E la pioggia che raccolgo nell’incavo
delle mani, non basta a dissetarmi, non c’è
sete che plachi, è la pioggia che scioglie il
colore della tela, quella lasciata in giardino.
Così è la memoria, acqua tiepida e ombre
sfumate, il verde che divora gli articoli e
i nomi, il buio che chiama il vento e solo
io rispondo.


Così, ecco che anche questo ventidue giugno dell’anno senza Carnevale, diventa come un fiore scelto per l’erbario. Ne terremo il colore, ma non il profumo, potremo sfiorare ancora la consistenza ma non più sentire la linfa che scorre nel gambo e nelle foglie, né pensare che i petali sembrano proprio lembi di seta che gioca col vento.



La fotografia di copertina è una pagina dell’erbario di Emily Dickinson, conservato presso la Houghton Library della Harvard University.
La mia poesia è tratta dal mio ultimo libro Un’estate invincibile, Atì Editore 2019
La poesia di Lorand Gaspar è tratta da Conoscenza della luce, a cura di Maria Luisa Vezzali
Donzelli 2006.


Nous vivions dans la fraîcheur d’aller
porteurs d’images au jardin des pierres
le vaste empire répandu, éventé.
Ce qui reste au large d’années
souffles bleuis, violences calcaires
énorme pays de vies muettes
craquements verts dans les doigts de craie
peu à peu nous apprîmes à écouter
quelque part la chute du jasmin –

Nessun commento: