Entrare
nella nuova stagione a piccoli passi, ascoltare ogni minima variazione nello
sciabordio delle onde, accettare che il fiore ceda lo spazio a un frutto,
accettare la luce che svela, la notte che chiama gli amanti.
Siamo smarriti
di fronte a questo tempo lento dell’estate, al cielo sfavillante, alla semina
giunta all’esito desiderato.
I campi
di grano maturo riparano la terra dallo sguardo indagatore del sole, i girasoli,
invece, sono la sua corte fedele che ne segue ogni minimo movimento.
Sul ciliegio
i frutti sanguinano sino alle nostre mani, nell’orto rosseggiano i pomodori e
il basilico inebria anche l’aria.
I cespugli
di lavanda attirano api e farfalle, quanto potremo resistere al dolce richiamo
dei suoi fiori?
È una
giornata gloriosa, qui nel nostro mondo, nessuno ha voglia di restare in casa,
solo le aquile reali non lasciano il nido, mentre i lupi pigri dormono all’ombra
delle querce e le tigri giocano sulle rive del fiume.
Il puledro
è cresciuto e galoppa inseguito dalla giovane volpe, la sacerdotessa e il
sapiente guerriero proseguono con le loro esplorazioni, lei raccoglie erbe e le
classifica, lui le ha costruito un erbario dove conservarle. Non tutte queste
erbe sono piante officinali, lei sceglie quelle con le foglie più definite e i
fiori più belli che pressa tra due fogli di pergamena per farli essiccare. Immagino
che il prossimo inverno avremo di che imparare da questa loro passione estiva.
Il misterioso
architetto mi ha portato un’altra poesia del suo amico chirurgo e poeta. La copio
nel mio quaderno e poi la leggo ad alta voce cercando di superare il tono alto
di rondini e cicale:
viviamo
con l’istinto di andare
portatori
di immagini al giardino di pietre
il
vasto dominio diffuso, arioso.
respiri
azzurrati, violenze calcaree
un’enorme
distesa di vite ammutolite
scricchiolii
verdi nelle dita di gesso
è
quello che resta della corsa degli anni.
passo dopo
passo imparammo ad ascoltare
da
qualche parte lo schianto del gelsomino
Sì, è
proprio vero, negli anni abbiamo imparato ad ascoltare lo schianto del
gelsomino. L’altro giorno ho raccolto gli ultimi due fiori e li ho incollati
nel mio quaderno. Non ho avuto intenzioni tassonomiche con questo mio gesto,
solo mi piace ricordare che anche in quest’anno feroce ho visto il gelsomino
fiorire e resistere alla pioggia sino a questo ultimi giorni di giugno.
Di tutto
quello che ci accade intorno possiamo scegliere cosa tenere? Dipende, la regina
e il re sono intenti a completare la loro torre, non andranno a viverci
stabilmente, ma dicono che bisogna essere pronti a ricevere gli ambasciatori
degli altri regni. Io fatico a immaginare chi potrebbe avere voglia di venire
in questo regno immaginato di stelle e di parole, ma assecondo anche questi
miei compagni e suggerisco loro di chiedere al misterioso architetto consigli
sulle decorazioni e sui mobili.
Di questa
giornata luminosa e felice ho molta da tenere con me, molto da lasciar andare. Tutte
le ore dimenticate sono l’ombra di quel che abbiamo vissuto. Noi non le vediamo
più, ma le ombre abitano in noi, molto più di quanto non faccia la luce.
Ad alta
voce dico al giorno quel che rimarrà con me:
Le parole che sono nomi
Scelgo
nel vento quali parole tenere:
estate,
prima, mare, onde, sabbia, acqua,
pioggia.
E la
pioggia che raccolgo nell’incavo
delle
mani, non basta a dissetarmi, non c’è
sete
che plachi, è la pioggia che scioglie il
colore
della tela, quella lasciata in giardino.
Così è
la memoria, acqua tiepida e ombre
sfumate,
il verde che divora gli articoli e
i nomi,
il buio che chiama il vento e solo
io
rispondo.
Così, ecco che anche
questo ventidue giugno dell’anno senza Carnevale, diventa come un fiore scelto
per l’erbario. Ne terremo il colore, ma non il profumo, potremo sfiorare ancora
la consistenza ma non più sentire la linfa che scorre nel gambo e nelle foglie,
né pensare che i petali sembrano proprio lembi di seta che gioca col vento.
La
fotografia di copertina è una pagina dell’erbario di Emily Dickinson,
conservato presso la Houghton Library della Harvard University.
La mia
poesia è tratta dal mio ultimo libro Un’estate
invincibile, Atì Editore 2019
La poesia
di Lorand Gaspar è tratta da Conoscenza
della luce, a cura di Maria Luisa Vezzali
Donzelli 2006.
Nous vivions dans la fraîcheur d’aller
porteurs d’images au jardin des pierres
le
vaste empire répandu, éventé.
Ce qui
reste au large d’années
souffles bleuis, violences calcaires
énorme pays de vies muettes
craquements verts dans les doigts de craie
peu à peu nous apprîmes à écouter
quelque
part la chute du jasmin –
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