L’acqua
non ha forma se non quella degli oggetti che la contengono, del vento che la
increspa, degli argini che la guidano, della pioggia che dipende dalle nuvole,
della neve che dipende dal gelo, dall'altezza che decide il fragore della
cascata, dall'ingegno dei tubi che la fanno zampillare nelle fontane e nelle vasche
di ogni Paradiso terrestre e celeste. Ci sono romanzi e film che hanno come
titolo proprio La forma dell’acqua e,
davvero, l’acqua è una metafora perfetta della resilienza di noi umani.
Abbiamo
sopportato il confinamento causa Covid-19 adattandoci a ogni fase: chiudiamo,
apriamo, resistiamo, cantiamo, ceniamo in video-call, lavoriamo in smart
working mentre i bambini e i ragazzi fanno lezione grazie alla didattica a
distanza e le insegnanti italiane – che sono l’82% del corpo docente, come ci
ricorda un articolo di Marco Rossi-Doria su Repubblica odierna – con le mamme,
soprattutto le mamme pare, ma auspico anche molti padri, hanno tenuto in piedi il sistema scolastico
italiano.
E poi
ci disperiamo, non usciamo, non cantiamo più, non sogniamo, non ridiamo, non
leggiamo, non scriviamo. O, come ricorda lo scrittore Paolo Di Paolo ancora su
Repubblica, contribuiamo all'immenso diario collettivo che dai blog già sta
finendo in stampa in libri che storicizzano la cronaca e la consegnano alla
posterità.
Anche io
ho iniziato a scrivere queste Cronache come testimonianza diretta di quanto
andava accadendo e ho voluto ripercorrere le cose preziose che ho traghettato
nella nuova era: poesie e poeti, scrittori, i miei studi, le persone importanti
della mia vita, i paesaggi, le nuvole, il vento, il mare, la pioggia, gli
alberi, l’amicizia e l’amore. Il tono delle Cronache si è fatto via via più
intimo e immaginativo, una vena fiabesca ha prevalso sulle mie passioni sociologiche
e psicologiche.
È uno
sforzo enorme tenere insieme tutte queste anime, tutti questi moti del cuore
che giorno dopo giorno mi danno l’energia per continuare a scrivere. E non ho
finito, perché l’anima antropologica mi fa vagare per la città alla ricerca di
segni e simboli per decifrare la nuova era non post Covid-19 ma con Covid-19
che circola in mezzo a noi, invisibile e pericoloso, ma pare un po’ meno di
prima.
Così ho
fatto una passeggiata nel tardo pomeriggio e ho notato che le mascherine sono
diventate come tatuaggi rimovibili dai visi dei passanti, che vengono portate soprattutto
sotto il naso, sotto il mento, sulla fronte. Le mascherine rendono difficile la
comunicazione, deviano il senso delle parole e i sorrisi mancati non riescono a
essere recuperati neanche da occhi strizzati e benevolenti, soprattutto se
nascosti dagli occhiali.
Sono scesi
in piazza facinorosi stupidi che cercano lo scontro, neanche il caso del
premier britannico Boris J. li ha messi in guardia. Non si fermano davanti al
numero impressionante degli scomparsi, cercano scappatoie e denaro facile. Negli
USA stanno messi peggio, le rivolte post assassinio di George Floyd e le sue
ultime parole "I
can't breathe" hanno spinto in piazza una folla inferocita e disperata.
Le “sacrosante”
vacanze e i passaporti sanitari, i confini invalicabili tra i vicini, le liti
tra i soliti politici, gli accordi sottobanco che alcuni stanno cercando di
fare per far esplodere la tenuta del Governo, la grande incertezza della
ripresa economica, la nuova configurazione della scuola, l’organizzazione del
lavoro definitivamente mutata grazie al digitale, tutto quanto sta accadendo
intorno a noi mi fa pensare che l’umanità non sia cambiata.
In fin dei conti
come poteva farlo se dopo la Grande Guerra e l’epidemia di influenza spagnola
del 1918/1919 c’è stata la Seconda Guerra Mondiale? Noi dimentichiamo con molta
facilità, se così non fosse il dolore ci renderebbe impossibile vivere. Proprio
per questo, però, la memoria è un dovere civico collettivo, non solo individuale. Per questo
commemoriamo le vittime dell’Olocausto il 27 gennaio, la Liberazione dal
nazi-fascismo il 25 aprile, la nascita della Repubblica italiana il 2 giugno,
il giorno dei morti il 2 novembre.
Le commemorazioni sono anche le pietre con
cui abbiamo costruito le mura della nostra casa comune, le fondamenta della
democrazia e sono forse addirittura le pietre angolari della nostra memoria
collettiva.
Le poesie
che avevo scelto per questa nuova Cronaca se ne sono andate a chiacchierare con
le foglie ondeggianti dell’albero bellissimo, in attesa che io finisca di
divagare nelle mie stesse parole.
Così ne
scelgo una, diversa, che evochi l’acqua e il suo mistero.
Il silenzio è blu e argento
Come
diventa strano il cielo
quando
cade nell'acqua,
niente
più uccelli a solcare
le
nuvole, ora ci sono solo
pesci
d’argento che girano
lenti e
poche alghe sul fondo,
ci sono
ombre dove le nuvole
planano
e il suono del vento
nel
cielo capovolto è solo
silenzio
e il blu è il silenzio,
è lo
stesso sopra e sotto, perché
quando
il mare cade nel cielo,
beve
tutto quell'azzurro e
trasforma
le nuvole in giardini
sommersi
e scrive con pochi
segni
di luce, il confine sottile
che
circonda l’orizzonte, quello
che il
nostro occhio crede sia
vero e
invece è solo un lembo
celeste
del mantello di un
Dio
sconosciuto.
Questa poesia
fa parte della raccolta Un’estate
invincibile. Atì editore 2019.
P.S. la narratrice e il poeta, il re e la regina, la sacerdotessa e il guerriero, con i lupi, le aquile, le tigri, il puledro e la volpe vi salutano dalla brughiera ai piedi delle Montagne della Nebbia. Domani ritornano.
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