lunedì 1 giugno 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/85: la forma dell’acqua e il cielo capovolto


L’acqua non ha forma se non quella degli oggetti che la contengono, del vento che la increspa, degli argini che la guidano, della pioggia che dipende dalle nuvole, della neve che dipende dal gelo, dall'altezza che decide il fragore della cascata, dall'ingegno dei tubi che la fanno zampillare nelle fontane e nelle vasche di ogni Paradiso terrestre e celeste. Ci sono romanzi e film che hanno come titolo proprio La forma dell’acqua e, davvero, l’acqua è una metafora perfetta della resilienza di noi umani.

Abbiamo sopportato il confinamento causa Covid-19 adattandoci a ogni fase: chiudiamo, apriamo, resistiamo, cantiamo, ceniamo in video-call, lavoriamo in smart working mentre i bambini e i ragazzi fanno lezione grazie alla didattica a distanza e le insegnanti italiane – che sono l’82% del corpo docente, come ci ricorda un articolo di Marco Rossi-Doria su Repubblica odierna – con le mamme, soprattutto le mamme pare, ma auspico anche molti padri,  hanno tenuto in piedi il sistema scolastico italiano.

E poi ci disperiamo, non usciamo, non cantiamo più, non sogniamo, non ridiamo, non leggiamo, non scriviamo. O, come ricorda lo scrittore Paolo Di Paolo ancora su Repubblica, contribuiamo all'immenso diario collettivo che dai blog già sta finendo in stampa in libri che storicizzano la cronaca e la consegnano alla posterità.

Anche io ho iniziato a scrivere queste Cronache come testimonianza diretta di quanto andava accadendo e ho voluto ripercorrere le cose preziose che ho traghettato nella nuova era: poesie e poeti, scrittori, i miei studi, le persone importanti della mia vita, i paesaggi, le nuvole, il vento, il mare, la pioggia, gli alberi, l’amicizia e l’amore. Il tono delle Cronache si è fatto via via più intimo e immaginativo, una vena fiabesca ha prevalso sulle mie passioni sociologiche e psicologiche.

È uno sforzo enorme tenere insieme tutte queste anime, tutti questi moti del cuore che giorno dopo giorno mi danno l’energia per continuare a scrivere. E non ho finito, perché l’anima antropologica mi fa vagare per la città alla ricerca di segni e simboli per decifrare la nuova era non post Covid-19 ma con Covid-19 che circola in mezzo a noi, invisibile e pericoloso, ma pare un po’ meno di prima.

Così ho fatto una passeggiata nel tardo pomeriggio e ho notato che le mascherine sono diventate come tatuaggi rimovibili dai visi dei passanti, che vengono portate soprattutto sotto il naso, sotto il mento, sulla fronte. Le mascherine rendono difficile la comunicazione, deviano il senso delle parole e i sorrisi mancati non riescono a essere recuperati neanche da occhi strizzati e benevolenti, soprattutto se nascosti dagli occhiali.

Sono scesi in piazza facinorosi stupidi che cercano lo scontro, neanche il caso del premier britannico Boris J. li ha messi in guardia. Non si fermano davanti al numero impressionante degli scomparsi, cercano scappatoie e denaro facile. Negli USA stanno messi peggio, le rivolte post assassinio di George Floyd e le sue ultime parole "I can't breathe" hanno spinto in piazza una folla inferocita e disperata.

Le “sacrosante” vacanze e i passaporti sanitari, i confini invalicabili tra i vicini, le liti tra i soliti politici, gli accordi sottobanco che alcuni stanno cercando di fare per far esplodere la tenuta del Governo, la grande incertezza della ripresa economica, la nuova configurazione della scuola, l’organizzazione del lavoro definitivamente mutata grazie al digitale, tutto quanto sta accadendo intorno a noi mi fa pensare che l’umanità non sia cambiata. 

In fin dei conti come poteva farlo se dopo la Grande Guerra e l’epidemia di influenza spagnola del 1918/1919 c’è stata la Seconda Guerra Mondiale? Noi dimentichiamo con molta facilità, se così non fosse il dolore ci renderebbe impossibile vivere. Proprio per questo, però, la memoria è un dovere civico collettivo, non solo individuale. Per questo commemoriamo le vittime dell’Olocausto il 27 gennaio, la Liberazione dal nazi-fascismo il 25 aprile, la nascita della Repubblica italiana il 2 giugno, il giorno dei morti il 2 novembre. 

Le commemorazioni sono anche le pietre con cui abbiamo costruito le mura della nostra casa comune, le fondamenta della democrazia e sono forse addirittura le pietre angolari della nostra memoria collettiva.

Le poesie che avevo scelto per questa nuova Cronaca se ne sono andate a chiacchierare con le foglie ondeggianti dell’albero bellissimo, in attesa che io finisca di divagare nelle mie stesse parole.

Così ne scelgo una, diversa, che evochi l’acqua e il suo mistero.


Il silenzio è blu e argento

Come diventa strano il cielo
quando cade nell'acqua,
niente più uccelli a solcare
le nuvole, ora ci sono solo
pesci d’argento che girano
lenti e poche alghe sul fondo,
ci sono ombre dove le nuvole
planano e il suono del vento
nel cielo capovolto è solo
silenzio e il blu è il silenzio,
è lo stesso sopra e sotto, perché
quando il mare cade nel cielo,
beve tutto quell'azzurro e
trasforma le nuvole in giardini
sommersi e scrive con pochi
segni di luce, il confine sottile
che circonda l’orizzonte, quello
che il nostro occhio crede sia
vero e invece è solo un lembo
celeste del mantello di un
Dio sconosciuto.


Questa poesia fa parte della raccolta Un’estate invincibile. Atì editore 2019.


P.S. la narratrice e il poeta, il re e la regina, la sacerdotessa e il guerriero, con i lupi, le aquile, le tigri, il puledro e la volpe vi salutano dalla brughiera ai piedi delle Montagne della Nebbia. Domani ritornano.

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