giovedì 4 giugno 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/88: l’amore è l’eternità


Sono appena tornata alla Casa delle Parole, il tempo è uggioso, piovoso e freddo come nella città dei gelsomini. Sono andata a cercare un libro che non leggo da decenni ma che questo clima autunnale mi ha evocato. Il clima e le riflessioni sul passare del tempo e sul senso della creazione artistica cercano libri da rileggere.

Non importa che arte pratichiamo, non importa quale sia il lavoro che ci fa mangiare, non importano l’età, il genere, le delusioni, le speranze, gli esiti, i riconoscimenti, i premi, l’ostinazione. Ecco dell’ostinazione vorrei dire qualcosa in più perché chi crea lo fa e continua a farlo a prescindere dal riconoscimento del mondo. Chi scrive, scrive per essere letto, per essere amato. Sylvia Plath nei suoi diari scriveva “La scrittura è la mia sostituta: se non ami me, ama quello che scrivo, amami per questo”. Non è folle pensare di poter essere amati per la propria scrittura? È folle ma accade, l’ostinazione a volte trova un suo esito positivo, non molto spesso. Perché conta più la fortuna del talento, Woody Allen lo racconta molto, molto bene nel suo bellissimo film Match Point.

Così nonostante il mondo e grazie al mondo continuiamo a scrivere, a progettare libri e viaggi, a sognare l’amore, luoghi sconosciuti e incontri scritti nel destino.

Ma il tempo passa, passa e il cuore del tempo presente interroga il cuore del tempo che è stato.


Che cosa sono gli anni

Che cos’è la nostra innocenza,
che cosa la nostra colpa? Tutti
sono nudi, nessuno è salvo. E donde
viene il coraggio: la domanda senza risposta,
l’intrepido dubbio, –
che chiama senza voce, ascolta senza udire –
che nell'avversità, perfino nella morte,
ad altri dà coraggio
e nella sua sconfitta sprona
l’anima a farsi forte? Vede
profondo ed è contento chi
accede alla mortalità
e nella sua prigionia ti leva
sopra se stesso, come
fa il mare dentro una voragine,
che combatte per essere libero
e benché respinto
trova nella sua resa
la sua sopravvivenza.
Così colui che sente fortemente
si comporta. L’uccello stesso,
che è cresciuto cantando, tempra
la sua forma e la innalza. È prigioniero,
ma il suo cantare vigoroso dice:
misera cosa è la soddisfazione,
e come pura e nobile è la gioia.
Questo è mortalità,
questo è eternità.


Non scriviamo solo per il tempo presente, scriviamo per ringraziare chi ci ha preceduto, scriviamo per chi sarà dopo di noi. Scriviamo per chi conosciamo e per chi non conosciamo, scrivere è sempre un atto d’amore. Quanto solide sono le fondamenta di questa Casa delle Parole?

Solide abbastanza per poter reggere tutto l’amore che contiene. Vorrei andare a visitare la Casa delle Stelle – sì le ho dato oggi il nome – per scoprire se il misterioso architetto ha scritto altro nel suo taccuino. Così decido di portargli una poesia e poi di tornare a casa “a fare Montaigne”. Anzi gli porto questo brano di Montaigne, forse gli darà ispirazione per le stanze che saranno, per quella che è solo un’idea al momento ma sarà molto di più nel tempo che verrà.


“A casa mia, mi ritiro un po’ più spesso nella mia biblioteca, da dove comodamente governo il mio andamento domestico. Sono sull’ingresso, e vedo sotto di me il giardino, la corte, il cortile e quasi tutte le parti della casa. Qui sfoglio ora un libro, ora un altro, senz’ordine e senza proposito, come capita: ora medito, ora annoto e detto, passeggiando, queste mie
fantasticherie. Essa è al terzo piano d’una torre. Il primo è la mia cappella, il secondo una camera con gli annessi, dove mi corico spesso, per essere solo. Sopra c’è un grande guardaroba. Era in passato il luogo più inutile della casa. Io passo qui e la maggior parte dei giorni della mia vita e la maggior parte delle ore del giorno. Non ci sto mai la notte. Lì accanto
c’è un gabinetto assai grazioso, dove si può accendere il fuoco nell’inverno, molto ben illuminato. E se non temessi più che la spesa il fastidio, il fastidio che mi distoglie da ogni faccenda, potrei facilmente aggiungere da ogni lato una galleria di cento passi di lunghezza e dodici di larghezza, allo stesso livello, dato che ho trovato tutti i muri tirati su per altro uso
all’altezza che mi occorre. Ogni luogo ritirato richiede un ambulacro. I miei pensieri dormono se li metto a sedere. Il mio spirito non cammina se le gambe non lo fanno muovere. Quelli che studiano senza libro sono tutti in questa condizione. È di forma rotonda con un solo lato dritto, che mi serve per la mia tavola e la mia sedia: e curvandosi viene ad offrirmi, in un colpo d’occhio, tutti i miei libri, schierati su cinque file tutt’intorno. Ha tre finestre di ampia e libera prospettiva, e sedici passi di diametro. D’inverno ci sto meno di continuo: di fatto la mia casa è appollaiata su un’altura, come dice il suo nome, e non c’è stanza più esposta al vento di questa; che mi piace sia un po’ inaccessibile e in disparte, tanto per il frutto dell’esercizio quanto per allontanare da me la gente. Qui è il mio seggio. Io cerco di rendermene esclusivo il dominio, e di sottrarre questo solo cantuccio alla comunità e coniugale e filiale e civile. In ogni altro posto non ho che un’autorità verbale: in sostanza, confusa”.

A domani, qui vi salutano tutti dai lupi alla coppia regale.


Il brano di Montaigne è tratto dai Saggi. Libro III. Capitolo III. Traduzione di Fausta Garavini. Bompiani 2012

La poesia di Marianne Moore è tratta da Le poesie a cura di Lina Angioletti e Gilberto Forti
con due saggi di T.S. Eliot e W.H. Auden. Adelphi 1991


What Are Years


What is our innocence,
what is our guilt? All are
naked, none is safe. And whence
is courage: the unanswered question,
the resolute doubt, —
dumbly calling, deafly listening—that
in misfortune, even death,
encourage others
and in its defeat, stirs
the soul to be strong? He
sees deep and is glad, who
accedes to mortality
and in his imprisonment rises
upon himself as
the sea in a chasm, struggling to be
free and unable to be,
in its surrendering
finds its continuing.
So he who strongly feels,
behaves. The very bird,
grown taller as he sings, steels
his form straight up. Though he is captive,
his mighty singing
says, satisfaction is a lowly
thing, how pure a thing is joy.
This is mortality,
this is eternity.

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