mercoledì 10 giugno 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/94: bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto


Sono tornata alla Casa delle Sorelle sulla spiaggia, in veranda c’è solo il ragazzo che sta leggendo un libro che conosco.

  
"Pensiero meridiano è quel pensiero che si inizia a sentir dentro laddove inizia il mare, quando la riva interrompe gli integrismi della terra (in primis quello dell'economia e dello sviluppo), quando si scopre che il confine non è un luogo dove il mondo finisce, ma quello dove i diversi si toccano e la partita del rapporto con l'altro diventa difficile e vera. Il pensiero meridiano infatti è nato proprio nel Mediterraneo, sulle coste della Grecia, con l'apertura della cultura greca ai discorsi in contrasto, ai dissoi logoi".

(…)

Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perché andare a piedi è sfogliare il libro e invece correre è guardarne solo la copertina. Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l'anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada.
Bisogna imparare a star da sé e aspettare in silenzio, ogni tanto essere felici di avere in tasca soltanto le mani. Andare lenti è incontrare cani senza travolgerli, è dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, è trovare una panchina, è portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando son forti scoppiano e vanno a confondersi al cielo. È suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volontà, ma il pensiero necessario, quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo."

Questo libro è sempre stato una grande fonte di ispirazione per me, il ragazzo mi mostra, senza parlare, i brani che ha sottolineato e che, a mia volta, copio per portarli in questa Cronaca.

Quando ho finito, mi fa cenno di entrare in casa e io lo seguo senza chiedere nulla.

Le tre sorelle sono intente a scrivere ognuna sotto una diversa finestra e non fanno cenno di voltarsi e salutare. Forse, anche per questo motivo, non mi accorgo che nell’ampio sofà davanti al camino spento, c’è un uomo dagli abiti di foggia orientale che ha in mano quel taccuino rosso.

- Buongiorno cara narratrice, bene arrivata! È lui a salutarmi per primo e io non posso fare altro che rispondere.

- Buongiorno architetto o come devo chiamarla?

- Architetto va bene, qui nessuno usa i nomi della terra di là. Vedo che ti piace proprio intrufolarti nelle case altrui. Ho giusto finito di copiare una poesia per te e stavo per tornare nella mia nuova casa, nella “tua” Casa delle Stelle, ma visto che sei qui puoi leggere davanti a me…

- Se è proprio necessario…

Mi porge il taccuino già aperto e io leggo la poesia che ha scelto per me.



Mattutino


Non solamente il sole ma la terra
stessa splende, fuoco bianco
che balza dalle montagne vistose
e la strada piatta
tremolante di primo mattino: è questo
solo per noi, per provocare
una risposta, o sei anche tu commosso, incapace
di controllarti
in presenza della terra? … Mi vergogno
di quello che pensavo tu fossi,
distante da noi, considerandoci
un esperimento: è
cosa amara essere
l’animale sostituibile,
cosa amara. Caro amico,
caro compagno tremante, cosa
ti sorprende di più in quel che provi,
il bagliore della terra o il tuo stesso piacere?
Per me, sempre
il piacere è la sorpresa.


- Non so perché tu abbia deciso di comunicare con me attraverso la poesia, ma sono molto curioso e vorrei scoprirlo. Accompagnami a casa, così ci diciamo.

Usciamo insieme, la giornata è ancora splendida.

Camminiamo allo stesso passo, vedo in lontananza i lupi che corrono e giocano, le aquile che custodiscono il cielo e le tigri alla foce del fiume.

Il re con la regina sta passeggiando nel Giardino delle Rose, il poeta li osserva poco distante.

La sacerdotessa e il sapiente guerriero stanno osservando con il solito cannocchiale uno spicchio di cielo in cui si intravede la luna calante.

Ogni cosa è al suo posto qui, ai piedi delle Montagne della Nebbia.

Cammino con l’architetto, con il suo stesso passo, respiro la sua stessa aria, sto bene.

La gioia mi sorprende dopo poche decine di passi. C’è qualcosa in questa giornata che fa presagire una svolta, una nuova forma del pensiero.

Con quale poesia potrò rispondere alla sua poesia? Perché le sorelle non si sono nemmeno girate a salutare?

Domani tornerò nella loro casa, qualcosa, di sicuro accadrà.



Mattutino è una poesia di Louise Glück, tratta dalla raccolta L’iris selvatico (Giano 2003)


Matins

Not the sun merely but the earth
itself shines, white fire
leaping from the showy mountains
and the flat road
shimmering in early morning: is this
for us only, to induce
response, or are you
stirred also, helpless
to control yourself
in earth’s presence – I am ashamed
at what I thought you were,
distant from us, regarding us
as an experiment: it is
a bitter thing to be
the disposable animal,
a bitter thing. Dear friend,
dear trembling partner, what
surprises you most in what you feel,
earth’s radiance or your own delight?
For me, always
the delight is the surprise.


La prima citazione è un frammento da un libro imperdibile: Il pensiero meridiano di Franco Cassano. Laterza editore 1996

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