È lunedì e di lunedì il mondo tace, la dolcezza del fine settimana è solo un ricordo, bisogna ricominciare a stare nella vita quotidiana, anche se la vita quotidiana è imbrigliata nella pandemia che diminuisce, ma non abbastanza, e nella guerra. Non è facile imparare a stare in questo mondo che non ci assomiglia, che non vorremmo fosse così com’è e che vorremmo diverso. Ma quanto possiamo davvero fare, se non porgere la nostra testimonianza? Oltre ai gesti di solidarietà possibile con la raccolta di denaro, abiti, cibo, medicine e coperte, non sono poi molte le azioni che possono fare la differenza. Possiamo però essere gentili con il nostro prossimo, con le persone a noi più vicine, possiamo donarci il bene quotidiano, sorriderci, accettare la fatica e continuare a sperare. In una fase storica come quella che stiamo vivendo è solo la speranza che può dare linfa al nostro vivere.
Conversazione con un
albero e le sue foglie
Mi fermo sotto l’acero,
proprio quello che di
solito ammiro dalla
finestra. È sempre
lo stesso albero e
ogni giorno è diverso.
Le foglie sono più aperte,
il loro verde ancor più
brillante. Chiedo all’albero:
“Chi ti guarderà con questi
occhi amorosi quando io
non ci sarò più?”.
Sento una risposta che
le foglie si passano l’un
l’altra: “Quelli che leggeranno,
ci vedranno ancora tenere e
appena sbocciate come siamo.
Perché la poesia è un traghetto
del tempo presente nel futuro.
In un tempo che è un otto
rovesciato e che ritorna sempre
nel tempo in cui è partito”.
Avranno ragione le foglie?
Resisterà al tempo il mio albero?
Accarezzo il tronco, proprio
dove la corteccia tiene l’impronta
della mia mano e come un gatto,
l’albero risponde e rabbrividisce.
“Tornerò domani – gli dico – tornerò
e sarò nuova anch’io!”.
Oggi è lunedì 18 aprile del terzo anno senza Carnevale e
del primo anno di guerra e questa Cronaca si dondola ancora sul ramo più basso,
anche se la notte è già scesa.
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