giovedì 14 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/767. Pensieri a zonzo sulla guerra e sulla violenza

 


 

Gli oggetti sono la prova che abbiamo vissuto, che in un tempo passato abbiamo compiuto azioni, condiviso il tempo con altre persone, che abbiamo amato e abbiamo sperato nel futuro. Ci penso di continuo mentre seleziono e ripongo oggetti personali che sono appartenuti ai miei genitori - vestiti, cappelli, maglioni – e oggetti di uso comune come piatti, bicchieri e tovaglie. Lavo, asciugo, stiro e ripongo. Poi mi vengono in mente tutti gli esuli dalle guerre, i rifugiati, i sopravvissuti, quelli che non hanno più nulla, che sono ancora rifugiati in fabbriche, scuole e ospedali, in Ucraina e non solo. Ma l’Ucraina è una ferita aperto sul fianco dell’Europa, una terra offesa dalla menzogna e dalla violenza, le migliaia e migliaia di morti, le violenze, la perdita della speranza e le migliaia di giovani soldati russi costretti a diventare assassini, partite per la guerra senza neanche sapere cosa stavano per fare. Mi fermo sulla soglia dei miei ragionamenti, già fatti migliaia di volte sui social da persone ben più competenti di me. Mi fermo sulla soglia con una vecchia fotografia di famiglia in mano e sento quanto anche un piccolo oggetto porti in sé il tempo prezioso che abbiamo vissuto con i nostri cari. Quel che accade oggi in Ucraina in Europa è già successo, è successo con la disgregazione della Jugoslavia, è successo con la Prima e con la Seconda guerra mondiale e credevamo che non sarebbe accaduto mai più. Lo credevamo noi baby boomer, la generazione più fortunata della storia. È difficile trovare una forma nuova in questi tempi nuovi e al contempo vecchissimi. Di veramente nuovo c’è che vediamo immagini della guerra pressoché in diretta. Ma la guerra è vecchia, vecchia come l’umanità. Forse è arrivato il momento di ammettere con noi stessi che la nostra specie si fa la guerra non solo per necessità o per difesa, ma perché fare la guerra agli esseri umani piace. Forse sarebbe meglio ammettere che il male è parte di noi, è la nostra natura profonda e che il bene è una conquista quotidiana. Forse sarebbe meglio ammettere che il male vince comunque: vince se non ci difendiamo, vince se ci difendiamo perché la violenza esploderà in noi. È compito comune dell’umanità imparare a contrastare le nostre pulsioni profonde, a riconoscere tutte le emozioni, anche quelle negative, e a dare loro il giusto nome. Ci sono persone che per istinto, fede o decisione si votano al bene con la stessa forza con cui altre si votano al male, mentre nella massa oscilliamo tra indifferenza, piccole malvagità e piccoli beni quotidiani. Sentire il male che gli altri patiscono, sentirlo nella propria carne è il primo passo per contrastarlo questo male e smettere di farlo. Siamo tutti in balia delle stesse pulsioni e degli stessi istinti, non è un caso che della quindicina di specie di ominidi vissuti sulla terra siamo rimasto soltanto noi, i più efferati, i più violenti, forse i più forti, quelli che comunque si sono affermati nella conquista di risorse alimentari quando eravamo cacciatori raccoglitori e in quelle delle terre quando siamo diventati creature più stanziali, anche se il movimento e la scoperta fanno parte della nostra natura profonda tanto quanto la violenza. Credo che sia arrivato il tempo giusto per rileggere un libro interessantissimo di Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie, un libro che spiega perché l’occidente bianco ha conquistato e dominato il mondo per qualche secolo. E racconta come anche gli altri popoli non bianchi e non occidentali erano, sono stati, popoli guerrieri e violenti. E dopo Diamond ho deciso che leggerò anche il nuovo libro di Federico Rampini Suicidio Occidentale, ne ho già lette alcune parti e credo sia un libro importante. Per oggi è tutto da giovedì 14 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 767, da brava studiosa, è già a capo chino sui libri.

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