mercoledì 6 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/759. Una rosa perché piova. Al termine d’innumerevoli anni è il tuo augurio

 



Ha piovuto per un paio di giorni, un sollievo temporaneo per la città e la terra, per i nostri sfibrati polmoni. Ma non è bastato sentire il ristoro delle gocce per avere la certezza di una riprese, di aria pulita e alberi vigorosi. Potrei offrire al cielo una rosa, ma ho come il sospetto che il cielo non sappia cosa farsene della mia rosa, perché le rose gli appartengono già tutte. Dall’alto le scruta, le accarezza, delega al vento ogni tenerezza e alle nuvole il privilegio di rosseggiare grazie al colore delle rose, un suggerimento che diventa visibile verso il tramonto, quando il tramonta gareggia con le rose che fioriranno a maggio. Ma il cielo è ancora più ansioso di noi e si porta avanti. Tinge a memoria la bellezza di ogni rosa e non sa che così, prepara il colore delle future rose. Anche la pioggia si prepara all’incontro, cerca una coerenza tra tutte le sfumature del bianco e la trasparenza delle gocce. Perché quando diciamo pioggia stiamo abbracciando ogni singola goccia, così come quando diciamo rosa stiamo abbracciando ogni singolo petalo e ogni sfumatura di colore e ogni sfumatura impalpabile del profumo.

 

Quando la poesia è una rosa non ancora sbocciata

 

Come la pioggia è

acqua trasparente, così

la rosa è profumo prima

ancora che bellezza. Ma

cosa accade quando una

rosa incontra la pioggia?

Tutto sfolgora nell’istante,

la luce ci rapisce e ci

conduce in quell’altrove

dove dimora la poesia,

una rosa non ancora

sbocciata, un verso solo

pensato, un silenzio chiuso

nella sua stessa origine,

e la sillaba rossa e intensa

dell’ultima parola.

 

 

Ecco che questo mercoledì 6 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra si chiude con questi miei versi inediti e con la Cronaca 759 che respira il profumo della nostra, rapito dalla sua bellezza. Il titolo proviene da altri versi di René Char.

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